Più libertà di tappo per i produttori del Soave che potranno ora scegliere oltre al tradizionale tappo in sughero anche la capsula a vite a vestizione lunga tipo Stelvin ed il tappo di vetro. L’ha stabilito il 18 dicembre a Roma il Comitato nazionale tutela vini che ha così accolto la richiesta del Consorzio di tutela del Soave. Il Soave è la prima denominazione italiana che adegua il proprio disciplinare al nuovo decreto ministeriale che rivede e semplifica le norme che riguardano il confezionamento dei vini Doc.
La vocazione all'internazionalizzazione del Soave – l’85% del prodotto viene venduto all'estero in oltre settanta paesi – aveva spinto i produttori verso queste chiusure innovative già dal 2005, ma solo per il Soave senza specificazioni aggiuntive.
I mercati più sensibili ed esigenti rispetto a questi aspetti sono da sempre quelli del Nord Europa ai quali, negli ultimi anni si sono aggiunte piazze storiche come la Germania e l’Inghilterra, sulla spinta dei produttori del nuovo mondo meno legati alla tradizione.
Si tratta dunque di una scelta commerciale per presidiare meglio mercati che rimangono strategici per il Soave ma anche una importante scelta tecnica per un vino bianco caratterizzato da freschezza e fragranza con profumi ed aromi molto delicati.
L'intensa attività di sperimentazione fatta dal Consorzio in sinergia con i produttori fin dai primi anni del 2000 ha consentito di dimostrare come queste chiusure garantiscano una maggiore longevità al vino evitando in parallelo ogni “sentore di tappo".
Rimandata al 2013 invece la possibilità di utilizzo del tappo a vite per il Soave Superiore Docg senza le menzioni tradizionali. In questo caso i produttori devono attendere un’ulteriore imminente modifica del decreto sul confezionamento dei vini Doc.
Parte adesso una fase nuova per il Soave in quanto in merito alle chiusure era da sempre forte il dibattito tra produttori tradizionalisti ed innovatori. Oggi il percorso di maturazione, stimolato da un mercato in veloce evoluzione, ha di fatto convinto tutti sulla bontà di questa scelta.
«È evidente - sottolinea Arturo Stocchetti, presidente del Consorzio del Soave - che si tratta di un approccio culturale nuovo. L’evoluzione sempre più veloce dei gusti e del mercato impone alle denominazioni più attente sul fronte dell’internazionalizzazione una flessibilità produttiva importante per crescere sulle piazze emergenti e consolidarsi su quelle storiche. I nuovi consumatori, non essendo legati alla trappola della tradizione, riescono più facilmente a superare le barriere mentali che legano il concetto di vino di qualità al tappo in sughero. Oggi, grazie a norme meno rigide e a produttori lungimiranti il Soave Doc e il Soave Docg potranno competere maggiormente su mercati considerati strategici».