L'intervista a Planeta: «Il vino è cultura. Il futuro? Nell'enoturismo»

Alessio Planeta, imprenditore vinicolo siciliano, riflette sul futuro del vino italiano, sottolineando l’importanza del legame con territorio, paesaggio e cultura e punta sull'enoturismo, considerato un asset fondamentale . Per attrarre i giovani, il mondo del vino deve puntare su enoturismo e narrazione, superando approcci troppo tecnici o modaioli

16 novembre 2024 | 05:00
di Giambattista Marchetto

Vino e territorio, vino e paesaggio, vino e cultura. Sono questi i legami forti che possono continuare a dare valore - secondo Alessio Planeta - all’esperienza enoica, soprattutto in Italia. E mentre i giovani sembrano meno attratti dal vino, l’imprenditore siciliano (amministratore delegato di un gruppo familiare da 21 milioni di fatturato) richiama l’attenzione sui valori, smorzando le polemiche e riportando al centro l’unicità del rapporto con il territorio e le persone.

Planeta, il vino come esperienza

Planeta, se guardiamo lo scenario nel mondo del vino, quanto è cambiato negli ultimi 20 anni?
Il vino - secondo me - deve esser sempre più legato a un concetto di turismo, di visita, di racconto di un territorio. Trovo fondamentale per un'azienda oggi aprire i propri spazi e cercare di raccontare, creare una sorta di legame. Anche se poi ognuno deve farsi anche ambasciatore e andare all'estero per stare sul mercato.

 

Si parla di crisi della domanda e la “colpa” viene attribuita ai giovani che non si approcciano al vino con la stessa passione di padri e nonni. È davvero così?
È chiaro che le nuove generazioni probabilmente non hanno l'approccio al vino di chi ha iniziato negli anni '80 o '90, ma per un fatto proprio della società italiana, più agricola in quegli anni e meno oggi. Da questo punto di vista, è vero che c'è un approccio diverso, ma parlare di colpa mi pare sbagliato.

Quali colpe hanno i produttori?
Le “colpe” dei produttori, se ci sono, sono state quelle probabilmente di avere reso il racconto del vino un pochettino ripetitivo e forse per certi aspetti un po' troppo tecnico. Forse abbiamo un po' annoiato il consumatore.

In cosa il mondo del vino è rimasto indietro?
Il mondo del vino non è rimasto indietro. Ricordiamoci piuttosto che, avendo avuto un periodo di crescita esponenziale inarrestabile, ha probabilmente tardato a reagire a una società che si modifica molto velocemente. Ricordiamoci che noi facciamo un prodotto che ha alle spalle un vissuto decisamente tradizionale e antico.

Planeta, cosa rende un vino di successo

Qual è l’identikit di un vino contemporaneo e di un vino capace di stare sul mercato?
Un vino contemporaneo direi che è un vino in ascolto anche di ciò che il mercato dice, ma senza esagerare. Perché ovviamente il vino è il racconto di un territorio, ha delle regole e quindi da questo punto di vista non bisogna eccedere nell’inseguire mode. Ricordiamoci però che il prodotto vino ha tempi di produzione e quindi di evoluzione del proprio profilo che sono molto lunghi.

Vini “naturali“, ragione o sentimento? Moda o sostanza?
Secondo me, dei vini naturali contro i vini convenzionali si è detto di tutto e di più. E forse anche lì si è persa una buona occasione per i consumatori. Trovo apparentemente stucchevole oggi la discussione ferma sul nulla. Credo sempre più che il vino vince quando è capace di raccontare una storia che prima di tutto è territoriale, poi anche spesso personale. Abbiamo un'agricoltura assolutamente perfetta, il mondo del vino deve essere il modello di sviluppo di tante cose. L'agricoltura deve essere un modello, ha i mezzi per farlo, quindi continuare a discutere se il vino sia naturale o non naturale, puzzoso o non puzzoso, mi sembra una cosa di una noia mortale. Voglio sapere invece come fai agricoltura, voglio sapere cosa fai nel vino. Ovviamente oggi vince un'enologia assolutamente non interventista, un'enologia di accompagnamento dell'uva al vino finito, ma ovviamente non di omologazione del gusto. Però non dobbiamo neanche arroccarci dietro discorsi assurdi… se uno utilizza i lieviti, è una scelta del tutto tecnica, è come se uno chef decidesse di utilizzare un tipo di tipo di sale piuttosto che un altro. Questo secondo me è stato un errore, si sono messe in discussione gli aspetti anche tecnici che sono assolutamente nelle mani di chi fa il vino, che ha come obiettivo di creare il collegamento ideale tra territorio e racconto del territorio e bicchiere.

Qualcuno ha detto che per immaginare il vino del futuro servono meno enologi e più filosofi … cosa ne pensa?
È vero che, mentre prima l'enologo era quasi un guru, oggi c'è una diffusione della conoscenza con molta più facilità. Forse però vale più per l’approccio al racconto del vino. Oggi la vera differenza tra un'azienda e l'altra lo fa la capacità di raccontare il proprio lavoro, raccontarlo in maniera empatica, raccontarlo in maniera professionale, raccontarlo con tutto ciò che si muove attorno al mondo del vino.

Planeta, quale futuro per il vino

Come si innesta la capacità di visione nel lavoro di un winemaker? Come si superano le lezioni prestabilite e le formule valide per ogni vitigno, terroir, cantina?
Il lavoro del winemaker, per me, deve nascere da una profonda conoscenza del proprio luogo, dei propri diversi luoghi, per fare vini capaci di guardare a quello che quei luoghi hanno prodotto nel passato. Rispetto ai modelli, io ho sempre lavorato osservando un produttore o un'etichetta che mi avevano raccontato bene un luogo. E poi c’è ovviamente un percorso di conoscenza del proprio vigneto, che si fa soltanto attraverso le ripetute vinificazioni anno dopo anno e attraverso un confronto continuo con le esperienze del passato. Ovviamente non esistono protocolli di lavoro, ma esistono forse delle esperienze che si fanno e che poi vengono trasformate in protocolli che si adattano ogni anno al clima, all'interpretazione dell'annata, che è forse una delle cose più difficili del nostro mestiere. Ciò che hai fatto un anno, l'anno dopo non vale più e quindi devi essere rapido a interpretare.

Il gruppo Planeta ha scelto di investire molto sull’enoturismo, è l’orizzonte futuro di accesso al vino?
Rispetto all'investimento nel turismo, io mi ripeto: è un asset fondamentale per chi fa il vino, perché secondo me è lì che oggi si fa la differenza. Se ci pensate, la differenza tra un vino e l'altro è appunto legata ai luoghi, all’incontro con le persone. Io direi che oggi le cantine sono dei luoghi straordinariamente ricchi di pace, di bellezza, di armonia come pochi altri e quindi è fondamentale che siano perfettamente adeguati a ricevere persone. L'enoturismo è in grandissima crescita nel nostro territorio e in tutta Italia, è un pezzo fondamentale della visita del nostro paese. Ovviamente noi come Planeta ci abbiamo creduto, l'abbiamo trasformato in un lavoro professionale e quindi per noi è fondamentale proprio per la costruzione del brand.

 

Vino e canali di distribuzione, cosa è cambiato? Esistono processi di disintermediazione che scalfiscono le strategie consuete?
Secondo me non ci sono stati dei grandissimi cambiamenti perché non mi sembra che ancora si possa disintermediare così tanto il rapporto con la distribuzione. Sono mondi lenti a cambiare, nei quali il servizio è importante. Ricordiamoci che è un mondo dove c'è un'infinita offerta perché sono tantissimi i produttori, ma sono convinto che cambierà a breve perché credo che questa crisi dei consumi avrà un effetto sulla selezione delle aziende. E renderà meno attraente l'idea di far nascere una nuova azienda. Prima era un continuo sentire storie nuove, prima nella nostra generazione negli anni '90, poi con l'ondata dei vini naturali chiunque si buttava in questo mondo. Oggi vedo una platea più scoraggiata e quindi ci sarà meno ricambio di aziende. E poi credo che il vigneto Italia avrà un ridimensionamento.

Planeta, il vino tra lusso e cultura

Perché tutti i produttori vorrebbero fare fine wine?
Questa è una domanda un po' retorica… perché li vendi a prezzi più alti e quindi guadagni di più, questo penso sia il motivo. Poi va detto che l'Italia ha avuto una grandissima timidezza rispetto ai fine wine. Noi siamo stati dietro la Francia e oggi finalmente abbiamo recuperato, ma ancora siamo lontani sia nel prezzo medio che nel totale fatturato del segmento dei vini premium. Forse siamo stati troppo timidi nel passato, ma oggi - soprattutto da alcune zone vinicole importanti come il Piemonte o la Toscana - alcuni vini italiani straordinari iniziano a veder riconosciuto il loro valore.

 

Come legge oggi l’esperienza culturale del vino? E come dovrebbe cambiare la narrazione?
L’esperienza culturale del vino credo sia un aspetto fondamentale. Il vino apre le porte forse dei luoghi più belli di questo paese: dalle colline al mare, dall'Etna alle colline toscane. Paesaggi di una bellezza straordinaria che rappresentano veramente la storia del nostro paese. Alle volte mi chiedo se la gente si renda conto di come il vino incide nel paesaggio italiano, nella bellezza anche quasi nella sopravvivenza di tutto un mondo, per l'armonia e bellezza dei luoghi.

Se il vino non è più un alimento, è un lusso?
Lusso forse è una parola grossa, direi piuttosto che è un piacere. E direi anche che forse l'Homo sapiens è sapiens pure perché si concede un bicchiere di vino ogni tanto.

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Alberto Lupini


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