Ingredienti
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Zucchero 225 g
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Farina 225 g
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Uova 6 n
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Busta di vanillina 1 n
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Sale qb
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Burro qb
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Grand Marnier qb
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Panna fresca 400 g
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Crema pasticcera 350 g
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Zucchero semolato qb
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Zucchero a velo qb
Mimosa non è solo il nome del fiore simbolo della festa della donna, e i nostri pasticcieri, gli artisti del dessert, lo sanno bene. La mimosa è una torta che nasce alla fine degli anni 50, probabilmente nell’entroterra laziale, tra la Capitale e Rieti, ricreata ad arte proprio per ricostruire, nell’immaginazione della collettività, attraverso un dolce semplice ma dal gusto incredibile, e aperto anche a possibilità di varianti, i colori di fiori che invadono le strade delle nostre campagne e che ci ricordano che la primavera non è poi tanto lontana.
Preparazione
1) Montate le uova con lo zucchero ottenendo una spuma gonfia. Incorporatevi delicatamente la farina e la vanillina, setacciandole.
2) Trasferite l'impasto in uno stampo a cerniera (ø cm 28), imburrato e infarinato, poi infornatelo a 180 °C per 25-30 minuti. Sfornate la torta e lasciatela raffreddare su una gratella.
3) Rifilatela a forma di calotta. Dividetela in tre dischi e spennellateli con il Grand Marnier.
1) Unite alla crema 200 g di panna montata; con essa farcite i due strati della torta ricomponendola.
2) Spennellatela anche all'esterno con il liquore, spalmatevi sopra la crema rimanente e poi gli altri 200 g di panna, montata con g 20 di zucchero semolato.
3) Cospargete la superficie con i ritagli di pan di Spagna, in finissime briciole, e passate la torta in frigo. Servitela con zucchero a velo.
Si potrebbe definire un dolce al quadrato, la torta mimosa, laddove storicamente la ricetta prevede due basi di pan di spagna, uno classico a fare da base e uno “a pioggia” che riveste la base superiore della torta. Il cuore richiama a pieno una tradizione della nostra pasticceria figlia però della scuola francese, doverosamente va detto: eccola allora la nostra chantilly, che abbiamo ribattezzato in diplomatica, che altro non è che una crema pasticcera fatta raffreddare e gonfiata dalla forza della panna aggiunta poco per volta (a differenza di quella che non è altro che panna e zucchero a velo nella scuola transalpina).
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