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san felice

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

Gabriele Pasca
di Gabriele Pasca
09 aprile 2025 | 09:30

Porta un numero. Una sigla catastale, una coordinata disegnata sul crinale sud-occidentale di Montalcino. Nessun riferimento a storie familiari, nessuna evocazione mitologica. Il vino prende il nome da un pezzo di terra. Lo fa come fanno le cose che esistono, con semplicità.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

I vigneti di Campogiovanni

Campogiovanni, il versante che respira

Campogiovanni si colloca in una zona geologicamente più recente rispetto alla dorsale settentrionale. Le marne calcaree si alternano con strati sabbiosi, il drenaggio si mostra più regolare, la componente limo-sabbiosa garantisce un equilibrio tra struttura e tensione. L’altitudine si assesta intorno ai 300 metri. La ventilazione attraversa i filari con costanza. L’umidità si disperde con rapidità. La vite respira.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

I vigneti di Campogiovanni

San Felice arriva in questo angolo di Montalcino nel 1984. La tenuta comprende una ventina di ettari vitati, con un impianto a cordone speronato. Le viti, quasi esclusivamente Sangiovese grosso, mostrano un adattamento strutturale al versante. I grappoli risultano compatti, con bucce spesse, acini irregolari, maturazioni tendenzialmente più lente rispetto al versante nord-orientale.

Il Brunello Campogiovanni viene vinificato con metodo lineare. La fermentazione si svolge in acciaio, la macerazione si prolunga per circa tre settimane. L’affinamento prosegue per trenta mesi in botti grandi da 30 e 50 ettolitri. A seguire, un periodo di dodici mesi in bottiglia. Il vino mantiene una tessitura compatta.

La particella 327: un dettaglio che insiste

All’interno di questo disegno si inserisce una particella. La 327. Una microzona che, per diverse vendemmie consecutive, ha espresso caratteristiche costanti e ben riconoscibili. In ogni vendemmia, le uve raccolte da quell’area si sono fatte notare per tensione aromatica più diretta, maggiore equilibrio tra parte zuccherina e parte fenolica, struttura più ordinata.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

Leonardo Bellaccini

Leonardo Bellaccini, l’anima tecnica e romantica di San Felice, ha scelto di osservarla. Poi di vinificarla a parte. Infine di imbottigliarla con la sua esatta identità. P#327 è una deviazione agronomica. La vigna prende parola. Nessuna narrazione, nessuna retorica. Solo un codice. Un punto sulla mappa.

L’annata 2020 segna l’inizio della bottiglia

Il primo millesimo coincide con l’annata 2020. Dopo un inverno mite e un germogliamento anticipato, una primavera fresca ha rallentato lo sviluppo. Le rese risultano più contenute. Le piogge di maggio hanno garantito riserve idriche sufficienti. L’estate, calda ma stabile, ha favorito una maturazione regolare. I grappoli hanno raggiunto la piena maturità con una qualità fenolica eccellente. La vendemmia si è svolta tra la seconda e la terza settimana di settembre. Le uve della particella 327 hanno mostrato fin dall’inizio un profilo espressivo distinto.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

Il Brunello Campogiovanni P#327

Nel calice, il P#327 si mostra con colore rubino limpido, bordo sottile, concentrazione moderata. Il naso si apre in progressione. Frutta rossa, radice, corteccia. Il tempo sviluppa note di lavanda, ginepro, alloro. Il sorso percorre una linea netta. Tannino calibrato, struttura compatta, acidità chiara. La lunghezza si organizza in un’architettura sobria, priva di espansione aromatica. Tutto si concentra in una forma essenziale.

Una traiettoria definita dal dato agricolo

Il vino si distacca per costruzione interna. Nessuna variazione tecnica rispetto all’annata classica. Stessa estrazione, stesso legno, stesso protocollo. La differenza risiede esclusivamente nel comportamento della vigna. La materia si dispone con maggiore ordine. Ogni elemento si colloca nel punto giusto. Il risultato appare come una sintesi. Tutto si risolve in una frase più breve, più esatta.

Una microzona che diventa metodo

Campogiovanni P#327 apre una finestra. Permette di osservare cosa accade quando si isola un dettaglio. La vigna smette di essere eccezione per diventare un centro. Il vino che ne deriva regge il confronto con la selezione Il Quercione. P#327 si muove su un’altra traiettoria. Meno materica, più modulata. Le due etichette coesistono e si completano.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

Il Quercione di Campogiovanni

Un’etichetta che arriva nel catalogo con il peso di un’osservazione lunga, precisa, testarda. Il vino prende forma dopo anni in cui la parcella ha espresso un’identità stabile, stagione dopo stagione, raccolto dopo raccolto. La costanza agronomica diventa criterio di pubblicazione. Non c’è progetto, senza verifiche. Non c’è bottiglia, senza attendibilità.

La forma è una conseguenza

La decisione di imbottigliare nasce da un processo che privilegia la durata. La continuità delle risposte agronomiche ha guidato tutte le decisioni seguenti. Il numero in etichetta fissa un punto nel paesaggio. Tutti gli elementi di questo vino derivano da un principio semplice: restituire solo ciò che è stato confermato nel tempo.

l Brunello nella sua traiettoria più nitida

P#327 ha un’identità già compiuta, priva di sbavature, lontana da soluzioni forzate. La vigna ha offerto, per diverse stagioni consecutive, una qualità costante, un profilo nitido, una struttura bilanciata. Il vino che ne deriva accompagna con naturalezza il gesto tecnico e mostra una tenuta gustativa solida, continua.

P#327, la particella che ha dato vita al nuovo Brunello di Campogiovanni

I vini di Campogiovanni

Il Brunello contemporaneo è spesso attraversato da scelte muscolari o deviazioni stilistiche. Questa bottiglia, invece, introduce una traiettoria alternativa, fondata su precisione e disciplina. La concentrazione resta sotto controllo, il frutto mantiene un profilo netto, il tannino accompagna in maniera garbata. Il vino segue un’idea ferma, costruita sulla costanza del dato agricolo e sull’affinamento di un’intuizione, più che sulla ricerca di un’espressione inedita.

L’intensità espressiva cresce nel tempo e mantiene precisione anche dopo ore nel calice. La coerenza del sorso, la pulizia aromatica e la progressione lineare definiscono un profilo riconoscibile. Tutti i componenti si dispongono con misura. Il risultato appare essenziale, mai ridotto. Compatto, mai contratto. Chi assaggia ritrova una misura che consolida una posizione. Il vino regge la distanza. Non serve altro.

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