Se arrivati a metà della costa ionica calabrese, ed esattamente in località Ardore Marina nella Locride a circa 90 km da Reggio Calabria, incominciamo a salire verso i monti, ci inoltriamo in piccole strade di campagna costeggiate da alberi di pino marino, leccio, ulivo, fichi d’india che trovano ampi spazi su colline adibite a pascolo.

Caciocavallo di Ciminà
Questi luoghi incantati sono ricchi di storia, mitologia e leggende soprattutto legati ad un monte detto “Tre Pizzi” proprio per la sua particolare conformazione costituita da tre torrioni di roccia granitica (un unico pezzo di roccia a forma di tre dita) che si elevano a 700 metri sul livello del mare. Qui nasce uno dei formaggi più particolari e ricercati sia dai grandi ristoratori che dai singoli consumatori e turisti.
Il Caciocavallo di Ciminà è un formaggio tipico dell’area grecanica della provincia di Reggio Calabria, prodotto tutto l’anno nel versante del basso Ionio reggino dell’Aspromonte, in particolare, la zona di provenienza del latte e la sua trasformazione avviene nell’intero territorio dei comuni di Ciminà e Antonimina, nonché parte del territorio dei comuni di Platì (fraz. Cirella), Ardore (fraz. Bombile, Potito, San Nicola) e Sant’Ilario dello Jonio (fraz. Piccirillo).
Monte Tre Pizzi
Il caciocavallo di Ciminà è un formaggio a pasta filata tradizionale prodotto da latte intero crudo vaccino o misto caprino, la cui forma è allungata a doppia testa del peso di 400-500 g, oppure di forma classica ovoidale del peso massimo di 3 kg. Si pensa che storicamente il nome possa derivare dall’asciugatura a cavalcioni (“
u casu a cavaju”). I paesani che ancora oggi producono il caciocavallo ricordano che la tradizione risale ad almeno tre generazioni fa, ma essendo un prodotto tipico delle famiglie povere di campagna potrebbe risalire anche più in là nel tempo.
Caciocavallo a doppia testa
Il caciocavallo viene prodotto ancora con metodi artigianali, ma oggi la tecnologia permette di rendere questo formaggio ancora più competitivo sul mercato essendo, ormai, diventato una produzione semi industriale.
Caciocavallo nella forma classica ovoidale
Il latte prodotto, previa filtrazione, viene posto in caldaia, portato alla temperatura di 34-38°C e aggiunto il caglio in pasta di capretto e/o agnello o commerciale. Avvenuta la coagulazione, si procede alla rottura della cagliata per mezzo dello spino, con formazione di granuli della dimensione di una nocciola le quali vanno incontro ad un processo di sosta relativo a qualche minuto. Successivamente, si procede alla raccolta manuale della cagliata, dalla quale si elimina il siero in eccesso e si pone ad acidificare.
Lavorazione artigianale
L’acidificazione non ha un tempo predefinito ma dipende dalle condizioni ambientali e climatiche del momento, questo può influenzare il sapore del prodotto. L’acidificazione generalmente avviene in un intervallo di tempo che varia dalle 4 ad un massimo di 48 ore in funzione del peso della “tuma” e delle condizioni climatiche.
Caldaia semi industriale
Quando la tuma ha raggiunto il giusto grado di acidificazione e maturazione, viene sezionata e immersa in acqua alla temperatura di circa 85°C, questo processo precede la fase di filatura. Per comprendere se la tuma ha raggiunto il momento della fase di filatura, si fanno in successione, a brevi intervalli di tempo, degli assaggi, immergendo, dei campioni, in acqua quasi bollente (85°C) per verificare se si allungano in fibre elastiche cioè se avviene la filatura. A questo punto il casaro conferisce la tipica forma allungata a doppia testa o ovoidale al caciocavallo.
Tuma in fase artigianale
L’operazione caratteristica consiste nella formazione di una specie di cordone che viene plasmato fino a raggiungere la forma voluta, mentre la modellazione della forma si ottiene con movimenti energici delle mani, per cui la pasta viene compressa in modo tale da avere la superficie esterna liscia, senza sfilature né pieghe, e la parte interna senza vuoti. La chiusura della pasta si esegue immergendola per un istante nell’acqua bollente, mentre con il pollice e l’indice si completa l’operazione che dà la tipica forma al formaggio. Le forme di caciocavallo così plasmato vengono quindi immerse in un recipiente di acqua fresca per qualche minuto per poi essere passate in un altro recipiente di acqua e sale (la cosiddetta salamoia), dove vengono lasciate riposare il tempo utile affinché il formaggio assorba il sale necessario alla stagionatura. Tolta dalla salamoia, la forma di caciocavallo, legata a coppie, con legacci in giunco o rafia, viene appesa su delle pertiche ad asciugare nel classico sistema “a cavalcioni”.
Tipica forma allungata a doppia testa
La durata minima del periodo di stagionatura varia da uno, tre giorni (dipende dalle condizioni climatiche) a qualche mese a seconda del gusto di stagionatura che si vuole dare. Per la stagionatura ottimale del caciocavallo sono necessari dei locali freschi e ventilati con una temperatura non superiore ai 18°C. Il caciocavallo a due teste si consuma freschissimo, entro pochi giorni dalla produzione, mentre la versione dalla forma classica ovoidale e con una sola testa, resiste a stagionature più lunghe.
Il Caciocavallo di Ciminà presenta una crosta, di colore bianco avorio, di consistenza più o meno dura, rugosa e lucida; la pasta, con occhiatura scarsa, è friabile, scagliosa, di colore bianco-paglierino oppure giallo oro se stagionata a lungo; il sapore è dolce e burroso a media stagionatura, più piccante e salato a stagionatura avanzata. La produzione di questo formaggio avviene tutto l’anno, ma è da marzo a giugno, quando i pascoli sono floridi di essenze mediterranee, che si ottengono i risultati migliori.
Il Caciocavallo di Ciminà è un prodotto “DeCo” istituito dal comune di Ciminà nel 2008. DeCo (denominazione comunale) non è un marchio di qualità, ma la carta d’identità di un prodotto, un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo storico di origine. Il Caciocavallo di Ciminà è stato inserito dal ministero delle Politiche agricole nell’elenco dei Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) della Calabria, e dal 2011 è uno dei Presidi Slow Food della regione.