Un piatto di pasta fa “casa”. Chi può dire di no? La nostra storia di italiani è talmente collegata a questo prodotto che è diventato il simbolo del Made in Italy nel mondo per eccellenza. Addirittura, per risalire al primo pastificio dobbiamo viaggiare indietro nel tempo fino a quasi il 200 a.C. nell’Antica Roma, dove Marco Gavio Apicio, considerato uno dei padri della cultura gastronomica, diede la prima testimonianza della pasta nel suo De Re Coquinaria. In epoca medievale nacque poi il concetto moderno di pasta come oggi lo conosciamo: la cottura in acqua e i formati corti e lavorati fecero esplodere e divulgare i primi empori di produzione e di rivendita. I pastifici proliferarono da nord a sud (in Sicilia si diffuse la cultura della pasta lunga a lenta essiccazione), mentre nel centro-nord Italia, per la presenza d’imponenti allevamenti di animali da cortile e di caseifici, si affermò la cultura della pasta all’uovo e ripiena.

I pastifici, manuali fino all’arrivo della prima meccanizzazione del toscano Buitoni nel 1827, diventarono poi nei secoli una vera e propria manifestazione di identità del territorio di cui facevano parte: la pasta al ferretto tipica dei luoghi dove la lavorazione a maglia era un must; la ripiena e all’uovo dove abbondava la cultura contadina e di auto sussistenza con il concetto della “corte” come modello di economia sociale; la lunga per poter ancora meglio essere mangiata con le mani nelle zone più povere... Sì, perché pochi sanno che la pasta divenne “cibo per ricchi” solo in epoca recente, mentre prima era consumata con le mani agli angoli delle strade, venduta da ambulanti che inondavano i rioni con pentoloni fumanti. Perché arrivò solo in un secondo momento sulla tavola delle famiglie più abbienti? Non per una questione di costo, ma per la diffidenza a mangiare un cibo poco facile da gestire con le mani, senza l’invenzione di uno strumento fondamentale: la forchetta.
Dopo la scoperta delle Americhe e con la conseguente apertura dei mercati verso il Nuovo Mondo, venne introdotto un elemento che risultò essere il perfetto abbinamento: il pomodoro. Questo connubio fece diventare la pasta un prodotto iconico nel mondo.
Ecosostenibilità, valorizzazione del territorio, tutela della filiera
La cultura della pasta si è diffusa così tanto che oggi la differenza fra pastificio e pastificio non è nella ricetta o nella qualità delle materie prime (caratteristica che dovrebbe essere scontata, anche se non esiste ancora ad oggi vero un disciplinare che regolamenta le connotazioni della pasta made in Italy), ma nella ricerca di valori di ecosostenibilità ambientale, di valorizzazione territoriale e di tutela della filiera. Questi tre valori emergono in due esempi di realtà ecosostenibili nel sud Italia, che hanno fatto di quest’Arte una ragione di vita.

Mastro Sapore, solo i migliori grani duri di Puglia
In Puglia, uno dei migliori territori per la coltivazione del grano del Paese, abbiamo conosciuto Mastro Sapore. È un’azienda focalizzata sulla valorizzazione territoriale ed è diventata un esempio virtuoso. «Innamorarci della pasta è stata l’esperienza più bella che potesse capitarci», dice la nuova generazione a capo dell’azienda. «Alla sua produzione, rigorosamente artigianale, dedichiamo tutto il nostro tempo. E ce ne mettiamo tanto per farla così buona! Selezioniamo scrupolosamente solo i migliori grani duri di Puglia. Impastiamo la semola purissima con acqua fresca, la trafiliamo al bronzo e, infine, aspettiamo il tempo che ci vuole per essiccarla dolcemente».
Molino Lorusso, essiccazione lenta per preservare il sapore autentico
In Calabria invece Molino Lorusso, realtà a conduzione familiare, porta al centro della produzione alcuni principi, come ci spiega il titolare Bonaventura: «Il raggiungimento della qualità non è mai un punto di arrivo, ma un percorso in continua evoluzione. Il percorso inizia da un’accurata selezione delle materie prime, che privilegia sempre il km zero, raggiungendo il duplice scopo di valorizzare le realtà locali. Viene prodotto un solo formato di pasta alla volta. L’essiccazione, estremamente dolce, permette di far evaporare lentamente l’acqua senza bruciare la pasta, in modo da preservare il sapore autentico della semola e di non avere una produzione intensiva che potrebbe impattare sull’ambiente».

La fortuna di potere giorno per giorno visitare il Paese e conoscere la sua storia, attraverso aziende che esprimono valori gastrosofici importanti come quelle sopra citate, è una bellezza che non arriverà mai a saturarci del tutto gli occhi e il cuore, spingendoci a ricercare ogni giorno nuovi produttori e Maestri artigiani che rincorrono il sogno di un mondo più sostenibile alimentato dal proprio lavoro quotidiano. In Carboidrati We Trust!
