L'olio extravergine “vero” deve passare dalle cultivar e dai territori

Il 2023 dell'olivicoltura italiana: sfide, riflessioni e strategie per valorizzare l'olio extravergine. Dalla crisi alle proposte di miglioramento, un'analisi del settore e consigli per produttori e consumatori . Come educare il consumatore alla ricerca dell'eccellenza e promuovere il turismo dell'agricoltura attraverso un packaging accattivante che sappia comunicare la qualità del prodotto

23 febbraio 2024 | 08:30
di Fausto Borella

Terminata la campagna olivicola in tutta Italia, (anche se in alcune zone della Calabria, ancora si frange), possiamo tirare le somme di come è andata questa annata 2023. Le parole più frequenti sulla bocca di tutti sono state: crisi, siccità, abbondanti piogge, mosca olearia, rialzo dei prezzi dell'olio e dei fornitori. 

È ovvio che piangersi addosso non serve a molto, ma pensando che un litro di olio Evo “vero” e di qualità coltivato da una delle 619 mila aziende agricole site in Italia, costa almeno 10/12 € al litro, capiamo che nell'economia dell'olio si sta attuando una rivoluzione.

Dal momento che non si può ancora definire l'olio extravergine, di serie A o di serie B, e che nello scaffale del supermercato o nella gastronomia, troviamo oli con una fascia di prezzo che oscilla tra i 5 e i 10 € al litro, corre l'obbligo di trovare una soluzione, per salvaguardare quegli eroi che tentano da anni di produrre un grande olio di eccellenza, sperando di essere compresi dal pubblico e soprattutto acquistati ad un prezzo più che dignitoso.

Olio extravergine d'oliva: una sfida di qualità. Come educare il consumatore alla ricerca dell'eccellenza?

Secondo i dati Ismea, ogni italiano consuma più di 8 litri di extravergine l'anno, ma abbiamo prodotto nel 2023 circa 290 mila tonnellate e ne abbiamo esportate 360 mila. Se consumiamo circa 500 mila tonnellate di olio Evo, vuol dire che almeno due bottiglie su tre sono di origine comunitaria e quindi provenienti da Spagna o Grecia. Sapendo che anche questi Stati sanno fare grandi oli, ma a noi arrivano a prezzi ridicoli, significa che non ci arriva né la prima né la seconda scelta.

Al di là di essere, il nostro, l'eterno Paese dei “Tafazi”, che hanno bisogno sempre di darsi delle sonore bastonate sulle parti basse del corpo, com'è possibile che il commensale al ristorante quando assaggia l'olio in tavola o il consumatore quando acquista un olio da pochi euro, non si accorga che sta utilizzando per condire un grasso inutile, probabilmente difettoso e che va a rovinare completamente il piatto e non aiuta la nostra salute?

Questa domanda ce la stiamo ponendo da lustri e le abbiamo provate di tutti i colori per avvicinare il cliente e educarlo all'olio buono di eccellenza. Si parla sempre più delle monocultivar sparse in tutta Italia, ad oggi sono oltre 500 e gratificano e rendono uniche le nostre terre, dal Trentino alla Sicilia. Se si pensa che in Spagna con solo 3 cultivar producono il 90% dell'olio esportato in tutto il mondo, si può capire, quale giacimento gastronomico abbiamo noi italiani, che ancora non sappiamo ben sfruttare. Cosa ci manca per diventare i migliori, e che cosa possiamo fare per attrarre i nostri connazionali e convincerli a spendere di più, gratificando il lavoro serio dei nostri contadini?

Valorizzare l'olio extravergine d'oliva: comunicare la qualità con un packaging accattivante

Vorrei dare dei consigli a tutte e due le parti in causa: al produttore consiglierei di sviluppare ancora di più la parte di abbellimento della bottiglia in vendita e la facesse comunicare maggiormente; attraverso il o i nomi delle varietà in etichetta, scrivendo la data di produzione e magari inserendo un QR code dove si può riportare il consumatore a un video aziendale, una pagina dei social o direttamente al sito web. Questo fa si che colui che prende in mano la bottiglia e non la può assaggiare, si fidelizzi maggiormente e la compri, per così dire a scatola chiusa.

Se è vero, come è vero, che oltre il 60% degli olivicoltori ha meno di un ettaro in produzione, questa può diventare una grande forza e un vanto da mostrare a chiunque. Ce lo hanno insegnato i francesi in Borgogna; appezzamenti vitivinicoli con pochissimi ettari, che diventavano bottiglie di vino preziosissime, da vendere agli appassionati a cifre molto alte. È vero, il vino si beve e inebria, l'olio si espelle, ed è questo il grande divario che l'extravergine non riesce a colmare, ma nessun paese al mondo ha la morfologia, le diversità biotipiche e il sorriso, che abbiamo noi italiani. Ecco che il turismo dell'agricoltura (non chiamiamo solo oleoturismo perché sarebe troppo riduttivo) potrà davvero rinascere e porterà tanti italiani curiosi a conoscere le bellezze del luogo e le bontà dell'azienda.

Valorizzare l'olio extravergine d'oliva: più tempo nella scelta d'acquisto e incontro con gli olivicoltori

Al consumatore vorrei consigliare di impiegare più tempo nella scelta d'acquisto di una o più bottiglie di olio extravergine di estrema qualità, che finiranno nel proprio corpo. Per creare un prodotto con almeno 300 mg/Kg di Biofenoli totali, cioè Polifenoli e Tocoferoli (vitamina E), il produttore deve lavorare tutto l'anno affinchè l'oliva sia sana e trasformata perfettamente. Gli altri oli da poco prezzo, non hanno sufficienti biofenoli e non esaltano il piatto.

Una volta guardato il sito, compresa la fatica che ci sta dietro la creazione di una bottiglia di olio, viaggiate tanto e andate a trovare queste persone, ascoltate i loro dialetti e sedetevi con loro ad assaggiare i risultati che dà la terra. Solo così non avremo più problemi a spendere anche 15 € per mezzo litro di olio di eccellenza, perché sapremo dare il giusto valore alle cose vere e buone. Ma prima dobbiamo allenarci a saper riconoscere la differenza tra un olio difettoso e un olio profumatissimo.

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Alberto Lupini


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