Stagione olivicola quasi chiusa: come sta davvero l’olio italiano

La stagione olivicola evidenzia non solo le conseguenze della crisi climatica, ma anche la crescita esponenziale della dipendenza italiana dall’estero. Servono idee e soluzioni nuove per il comparto

09 dicembre 2023 | 17:43
di Renato Andreolassi

La stagione olivicola 2023, oramai alle battute finali, evidenzia non solo le conseguenze della crisi climatica, ma anche la crescita esponenziale della dipendenza italiana dall’estero. Secondo i dati di Coldiretti quasi 3 bottiglie su 4 consumate in Italia provengono dall’estero, con un record di importazioni pari a 2,2 miliardi euro nel 2022 e un incremento del 20% circa nei primi sei mesi del 2023: dobbiamo interrogarci sui prodotti che chiamiamo tipici.

Come salvaguardare l’olio italiano?

Se vogliamo salvaguardare il nostro territorio e la sovranità alimentare, dobbiamo lavorare strategicamente per valorizzare le coltivazioni agricole di tipo tradizionale. Colture che producono quantità inferiori, ma hanno dimostrato di essere più resilienti a siccità ed eventi climatici estremi. per circa il 90% sono gestite da aziende agricole familiari. In occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione Mauro Agnoletti, titolare della cattedra Unesco sui paesaggi agricoli all’Università di Firenze, ha commentato i dati evidenziati nei giorni scorsi sulla produzione di olio extravergine d’oliva in Italia. Proponendo una strada alternativa: «Non solo conservare, ma adottare modelli di agricoltura che si sono dimostrati dinamici e in grado di adattarsi a climi mutevoli e ambienti difficili, sostenuti anche a livello mondiale dalla Fao con il programma Giahs (sistemi Importanti del Patrimonio Agricolo Mondiale) e in Italia dal Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico delle Conoscenze e delle Pratiche Agricole Tradizionali- suggerisce Agnoletti - Si tratta di modelli che anche il Commissario Europeo all’Agricoltura ha dichiarato essere quelli a cui bisogna spesso guardare quando si parla di innovazione in agricoltura per rispondere alle crisi climatiche e politiche che sempre più spesso richiederanno di non rimanere esposti alle fluttuazioni legate alle disponibilità e ai costi dei mercati internazionali».

Olio italiano, servono nuove idee per l’olio italiano

Le soluzioni fin qui suggerite ricalcano schemi già visti in passato: piantagione di nuovi oliveti, intensificazione della produzione, irrigazione, meccanizzazione. Soluzioni che hanno dato risultati limitati, se non contraddittori, visto l’abbandono di circa 9 milioni di ettari di aree agricole dal dopoguerra ad oggi, e che dal 1982 sono scomparse 2 aziende agricole su 3. Ricordare la dieta mediterranea, la tradizione storica risalente ai romani e invitare a comprare italiano è sacrosanto. Ma lo è anche ricordare che la qualità non è solo una questione di confini territoriali: il vero valore aggiunto non riproducibile del nostro paese è il paesaggio plasmato dall’uomo nel corso dei secoli attraverso pratiche agricole antiche, che oggi si rivelano anche prezioso strumento per combattere il cambiamento climatico e non esporci eccessivamente alle fluttuazioni del mercato globale.

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Alberto Lupini


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