Per la Negroni Week, accanto alla versione classica, i bartender rivisitano il celebre cocktail
Secondo gli esperti di mixology, quella del Negroni è una ricetta altamente modificabile, in base ai gusti del cliente. Riccardo Marinelli, consulente del bar della Terrazza Les Étoiles “è il drink più venduto al mondo negli ultimi anni”
Fino al 18 settembre torna l’appuntamento con la Negroni Week, una celebrazione a livello internazionale di uno dei più famosi drink al mondo. In occasione di questa iniziativa, i bartender sono chiamati a proporre accanto alla versione più classica, una rivisitazione del celebre cocktail, appositamente creata per festeggiarne il successo. Gianluca Storchi, bar manager globetrotter di Giulia Restaurant e a Riccardo Marinelli e Valerio Visentin, rispettivamente consulente e barmanager della Terrazza Les Étoiles, all’hotel Atlante Star di Roma ci raccontano storie, aneddoti, ricette e reinterpretazioni del celebre cocktail.
Un'icona per eccellenza
L’origine del Negroni è particolarmente affascinante perché una storia italiana al 100%. «Il Negroni è il drink più venduto al mondo negli ultimi anni – spiega Riccardo Marinelli, consulente del bar della Terrazza Les Étoiles, presso l’hotel Atlante Star di Roma – e rappresenta l’icona italiana per eccellenza». Marinelli spiega la ricetta originale: «La sua struttura permette, con soli tre ingredienti, di accorpare gli elementi strong e balsamici del gin, quelli amari dati dal Campari e le note agrumate e dolci del Vermouth all’italiana, o Vermouth Rosso, che è noto a livello internazionale anche come Sweet Vermouth, Italian Vermouth o appunto Red Vermouth». Il Negroni rappresenta l’evoluzione del bere miscelato, nato come una delle prime bevande italiane a vedere l’incontro di diversi elementi. «Basti pensare che è nato prima il MiTo ovvero Milano/Torino – racconta Marinelli - creato con Campari e Vermouth. Milano è appunto la città identificativa del bitter Campari e Torino del Vermouth, e il cocktail MiTo metteva insieme queste due componenti sia per nome che per ingredienti. In una prima evoluzione di questo drink è stata aggiunta la soda e da questa trasformazione è nato l’Americano. Serve un ulteriore passaggio per scoprire come è poi nato il Negroni». La storia racconta che fu il conte Camillo Negroni a portare in Italia, per l’esattezza a Firenze, il gin da Londra. Apprezzandone il gusto, chiese al suo bartender di fiducia, Fosco Scarselli, di aggiungerlo all’Americano. Con l’aggiunta del gin al cocktail nacque un modo nuovo di bere l’Americano, alla maniera del conte Negroni, che di fatto diede il nome al nuovo drink.
Una ricetta altamente modificabile, in base ai gusti del cliente
Secondo gli esperti di mixology, quella del Negroni è una ricetta altamente modificabile, in base ai gusti del cliente. Se qualcuno lo preferisce più morbido, basta variare le grammature in favore del Vermouth; se invece si desidera un Negroni più amaro, servirà alzare la quantità di bitter e abbassare quella di Vermouth; poi c’è chi preferisce una versione più strong, che vede emergere il gin sugli altri ingredienti.
Sconfinare e giocare con versioni sempre nuove
Infatti, il Negroni si sottopone sia a modifiche semplici e lineari, come quelle appena descritte, che a variazioni che prevedono l’utilizzo di altri elementi, permettendo ai bartender di sconfinare e giocare con versioni sempre nuove. E in occasione della Negroni Week vengono proposte da diversi locali della Capitale come Giulia Restaurant e Les Etoiles.
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Alberto Lupini
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