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Fipe: Sì alle sagre, no alla concorrenza sleale

Sulla guerra tra sagre e ristoratori, partita da brescia con il nome di battaglia della salamina di cui Italia a Tavola ha dato voce sin dall'inizio, ha espresso le sue opinioni anche Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Fipe-Confcommercio, e presidente della federazione toscana

 
06 agosto 2009 | 13:22

Fipe: Sì alle sagre, no alla concorrenza sleale

Sulla guerra tra sagre e ristoratori, partita da brescia con il nome di battaglia della salamina di cui Italia a Tavola ha dato voce sin dall'inizio, ha espresso le sue opinioni anche Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Fipe-Confcommercio, e presidente della federazione toscana

06 agosto 2009 | 13:22
 

Aldo CursanoSulla "guerra" tra sagre e ristoratori, partita da brescia con il nome di "battaglia della salamina" e diffusasi velocemente su tutto il territorio nazionale, di cui Italia a Tavola ha dato voce sin dall'inizio, ha espresso le sue opinioni anche Aldo Cursano, (nella foto), vicepresidente vicario della Fipe-Confcommercio, e presidente della federazione toscana.

«Diciamolo subito: a noi di Fipe Toscana le sagre piacciono, come piacciono alla maggior parte degli italiani». Aldo Cursano, presidente regionale e vicario nazionale della Federazione italiana pubblici esercizi vuole iniziare così il suo commento all'indagine realizzata dall'associazione. è' quasi una provocazione dopo le polemiche degli ultimi giorni sollevate da alcuni ristoratori contro la moltiplicazione delle sagre in Toscana, che nel periodo estivo rischiano di danneggiare i locali aperti tutto l'anno.

«A noi le sagre piacciono e le sosteniamo, come sosteniamo qualsiasi manifestazione autentica del territorio. La sagra come fine, ha infatti la promozione del piccolo centro toscano, la valorizzazione del piatto tipico cucinato con prodotti locali. Questo tipo di sagre ha un valore non solo turistico, ma anche di identità e socializzazione e questa valorizzazione del cibo toscano di qualità serve a tutti, anche ai ristoratori».

Allora qual è il problema?

«Negli ultimi anni le sagre, le feste paesane, le cene in piazza, proliferano, e non certo all'insegna della promozione del territorio, quanto piuttosto di un business fuori dalle regole e dalla concorrenza corretta e leale».

A cosa si riferisce?
«Alle sagre del tortello, del tortellino, della zuppa, del polpo, della fragola, del cocomero, della pesca, del pinolo, dell'antipasto, della gastronomia, dell'ovo sodo (esiste davvero ndr).  Alle incalcolabili feste della birra. Per non parlare dei paradossi come le innumerevoli sagre della ranocchia, o la sagra del pesce e patate in montagna. Alla festa della pizza che, in un comune di provincia, va dal 10 di giugno al 2 di agosto».

Quindi secondo lei qui si fa ristorazione vera e propria senza i vincoli della vera ristorazione?
«Esattamente. Queste feste non vantano alcun legame con la tradizione e - quando non servono a finanziare questo o quel gruppo locale - sono il pretesto per organizzare un tipo di ristorazione che sfugge alle rigide normative, anche fiscali, a cui sono sottoposti per tutto l'anno bar e ristoranti. Le sagre e le feste paesane godono di molte agevolazioni. L'occupazione del suolo pubblico si paga meno, il personale figura come volontario e quindi non viene regolarizzato, l'aspetto fiscale viene facilmente eluso».

Quante sono le sagre sul territorio toscano?
«Purtroppo manca un calendario ufficiale, e così è difficile conoscere il numero esatto degli eventi per cui è ammessa la somministrazione parallela. Dalla nostra indagine risulta che, soprattutto d'estate, più che sagre vere e proprie, proliferano manifestazioni e feste a carattere prevalentemente culinario con intenti puramente commerciali».

«Sulla base dell'indagine effettuata stimiamo circa mille eventi all'anno sul territorio toscano, una media di 3,5 eventi per ciascuno dei 287 comuni della Regione. La maggior parte di queste "feste"  ha luogo nei mesi estivi, con picchi di producono una concorrenza sleale nei confronti dei pubblici esercizi, che devono sostenere ben altri costi: investono in personale qualificato, rispettano le regole di igiene, pagano tasse e contributi. Insomma: applicano correttamente il Codice del commercio".

L'89,8% degli intervistati (soprattutto gestori di ristoranti e bar) ritiene molto rilevante o abbastanza rilevante la presenza della somministrazione parallela.
 
«La perdita media di fatturato è stimata in -26,9%, per un imposto totale che si aggira intorno 43mila euro di perdita. Da questo dato si capisce che quello delle sagre e delle feste è divenuta ormai una vera e propria attività economica che produce ogni giorno entrate importanti ed esentasse. Se consideriamo poi che la maggior parte delle sagre non ormai ha prezzi bassi, e che la somministrazione viene effettuata senza i normali controlli di igiene e sicurezza previsti per i locali aperti tutto l'anno, si apre anche un problema di tutela dei consumatori».

Vietare le sagre?

«Ma no! Come dicevo all'inizio noi vogliamo sostenere le iniziative le sagre effettivamente legate al territorio e che promuovano le sue tipicità. Per fare questo dobbiamo avere il coraggio di distinguerle da tutte quelle che invece hanno solo obiettivi di cassetta e finiscono per snaturare e svilire una importante tradizione toscana. I protagonisti di questa azione di tutela e di garanzia di pieno rispetto delle regole sono gli Enti Locali,  che devono dotarsi di uno specifico regolamento che disciplini per il settore. In altre parole, garantire le stesse regole per tutti è il miglior modo per difendere le nostre tradizioni».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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