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In Friuli il primo mais Ogm Il sì del Consiglio di Stato

Sarà il maiscoltore friulano Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l'associazione di imprenditori agricoli che si batte per l'introduzione delle biotecnologie e per la libera scelta degli agricoltori, il primo a poter seminare mais Ogm in Italia. Disapprovazione degli ambientalisti

29 gennaio 2010 | 16:01
In Friuli il primo mais Ogm Il sì del Consiglio di Stato
In Friuli il primo mais Ogm Il sì del Consiglio di Stato

In Friuli il primo mais Ogm Il sì del Consiglio di Stato

Sarà il maiscoltore friulano Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l'associazione di imprenditori agricoli che si batte per l'introduzione delle biotecnologie e per la libera scelta degli agricoltori, il primo a poter seminare mais Ogm in Italia. Disapprovazione degli ambientalisti

29 gennaio 2010 | 16:01
 



Sarà il maiscoltore friulano Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra, l'associazione di imprenditori agricoli che si batte per l'introduzione delle biotecnologie e per la libera scelta degli agricoltori, il primo a poter seminare mais Ogm in Italia. Il Consiglio di Stato, al quale l'agricoltore aveva fatto ricorso perché fosse riconosciuto il suo diritto a scegliere cosa seminare in forza della normativa comunitaria gli ha dato ragione.

La sentenza numero 183 del 19 gennaio 2010 stabilisce che il ministero delle Politiche agricole è tenuto a rilasciare l'autorizzazione alla semina di varietà iscritte al catalogo comune e ha fissato un termine di 90 giorni per il rilascio dell'autorizzazione.

Duilio Campagnolo«La sentenza è inequivocabile: seminare Ogm è un diritto degli agricoltori e le linee guida sulla coesistenza non sono e non potranno essere un ostacolo all'innovazione - afferma Duilio Campagnolo (nella foto a destra), presidente di Futuragra -. Gli agricoltori hanno deciso e andranno avanti. Le associazioni di categoria facciano adesso la loro parte».

«La decisione del Consiglio di Stato costituisce una novità di tutto rilievo - commenta il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni (nella foto a sinistra) -. Adesso l'Amministrazione ha novanta giorni per dare una risposta alle migliaia di agricoltori che vogliono sapere se è possibile o meno utilizzare anche in Italia le moderne biotecnologie di cui tutto il mondo, ma anche altri Paesi europei, usufruiscono». Si sblocca così l'impasse che caratterizza la vicenda nel nostro Paese. Sono anni, infatti, che non si provvede Federico Vecchionia disciplinare la materia rinviando il problema. L'episodio più recente è lo stop alle "linee guida" in materia di coesistenza che stavano per essere approvate dalla Conferenza Stato Regioni. In Italia non si possono utilizzare, né per la coltivazione né per la sperimentazione quelle varietà transgeniche che hanno già ottenuto l'autorizzazione da parte delle istituzioni comunitarie per la parte che attiene agli aspetti sanitari ed ambientali.

«Il paradosso italiano - prosegue Vecchioni - è che, mentre si importano e si utilizzano notevoli quantità di derivati di mais e soia transgenici, ai nostri produttori si impedisce da anni di accedere a tali innovazioni. Con un ostracismo ideologico che richiama quel "no al nucleare" che tanto è costato negli ultimi anni al sistema Paese. Intanto il contatore delle perdite dei maiscoltori continua a girare e anche la ricerca scientifica italiana rimane al palo».

In sintesi la sentenza chiarisce - continua Futurama - che: le regioni non possono avere interesse contrario all'applicazione del diritto comunitario vigente in materia e non intervengono in alcun modo nel procedimento di autorizzazione che è di competenza esclusivamente statale. Il diritto comunitario riconosce il diritto alla scelta della modalità di coltivazione e 'l'iscrizione di una determinata varietà di semente transgenica nel catalogo comune ha efficacia in tutti i Paesi membri; le varietà di mais geneticamente modificate per le quali è stata richiesta l'autorizzazione alla messa a coltura sono già iscritte nel catalogo comune europeo, e dunque non vi sono ostacoli di carattere sanitario o ambientale che ai sensi dell'art. 23, direttiva 18/2001, giustifichino un intervento precauzionale dello Stato membro in termini di divieto o di limitazione della coltivazione; non si può ritenere che in attesa dei piani di coesistenza regionali, venga meno l'obbligo di istruzione e conclusione dei procedimenti autorizzatori disciplinati, con disposizioni specifiche non toccate, neppure indirettamente, dalla declaratoria di incostituzionalità, da fonti legislative (e regolamentari) diverse dal d.l. n. 279/2004. Sono annullati tutti gli atti impugnati: a) il provvedimento di diniego opposto a Dalla Libera, b) la Circolare del 31/03/2006 (nota come circolare Alemanno che subordinava la coltivazione di mais Ogm in Italia all'adozione dei piani di coesistenza regionali). Si ordina al ministero di concludere il procedimento autorizzatorio conformemente ai principi dettati nella sentenza, cioè dare l'autorizzazione alla semina, nel termine di 90 giorni dalla notifica della sentenza o dalla comunicazione. Se il Ministero non dovesse concludere il procedimento autorizzatorio e negasse di nuovo l'autorizzazione è possibile esperire un ricorso per l'ottemperanza e chiedere la nomina di un commissario ad acta.

«Nella Conferenza Stato Regioni il documento sulla coesistenza tra agricoltura convenzionale, biologica e transgenica è stato ritirato qualche giorno fa - ha dichiarato Simona Capogna, dell'Esecutivo nazionale Verdi ambiente e società (Vas) -. Ma contemporaneamente, si pronunciava il Consiglio di Stato e in base alla sua decisione sembra che gli Ogm abbiano avuto il via libera alla coltivazione in Italia, addirittura anche senza i piani di coesistenza».

«Ora - ha aggiunto la Capogna- le questioni che si aprono sono numerose. Ad esempio: cosa intendono coltivare gli agricoltori pro-Ogm? L'unico prodotto transgenico autorizzato per la coltivazione in Europa è il mais MON810 della Monsanto, la cui pericolosità per l'ambiente e per l'uomo non è più un mistero per nessuno. Non solo studi scientifici indipendenti lo hanno dimostrato, ma ben sei Paesi dell'Ue, Francia, Austria, Ungheria, Germania, Grecia e Lussemburgo lo hanno bandito dal proprio territorio invocando la clausola di salvaguardia. I legali dell'associazione ambientalista stanno valutando in queste ore la possibilità di impugnare la sentenza presso la Cassazione a sezioni riunite».


Zaia: Continueremo a difendere cittadini e agricoltori
Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato sugli Ogm, chiarendo che il procedimento in questione è connesso a un iter normato dal decreto legislativo 212/2001, che stabilisce il previo parere di una Commissione tecnica la quale, non avendo a disposizione le prescrizioni tecniche sulle modalità di coltivazione delle colture Ogm ancora in corso di definizione, difficilmente esprimerà un parere favorevole. è previsto inoltre un successivo provvedimento amministrativo a firma del ministro delle Politiche agricole, di quello della Salute e di quello dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Luca ZaiaIl ministro delle Politiche agricole Luca Zaia (nella foto a destra) ha commentato che «la sentenza scritta dal Consiglio di Stato, certamente seguendo il dettato delle leggi e dei codici, contravviene in modo palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni italiane. Primi fra questi, quegli agricoltori, ancora una volta la stragrande maggioranza, che non vogliono Ogm nei loro campi, consapevoli, innanzitutto, che è il valore identitario delle loro produzioni ad essere messo a repentaglio, la fertilità del loro futuro».

«Ci si chiede in particolare - ha aggiunto - come sia possibile la coltivazione di Organismi geneticamente modificati se non in presenza di un piano di coesistenza, piano che può essere realizzato soltanto in accordo con le Regioni. A proposito della volontà dei cittadini, vale la pena di ricordare un mondo scientifico ancora diviso sulla natura degli Ogm; un consumo che divide la popolazione in abbienti che hanno la possibilità di alimentarsi con cibi biologici e certificati e di classi socialmente disagiate che devono adattarsi al cibo geneticamente modificato; un mondo agricolo che viene privato del valore dei semi, che inevitabilmente finiranno nelle mani delle multinazionali. Mi par di notare inoltre che gli stessi Stati Uniti, un tempo ammaliati dal fascino delle coltivazioni Ogm, con l'amministrazione Obama, stiano valutando i benefici delle biodiversità.

«A quanti esultano ogni volta che si accenna agli Ogm - ha aggiunto Zaia - dico di guardarsi intorno, di guardare proprio all'Europa. L'Italia, con Francia e Germania in prima linea, è in buona compagnia. E voglio aggiungere che per il Mon810, il mais Ogm in questione, l'autorizzazione alla coltivazione comunitaria è scaduta e non è stata ancora rinnovata, poiché l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sta valutando le ricadute ambientali della coltivazione con un monitoraggio attento ed esami approfonditi».

«Gli Ogm non sono la risposta ad un mercato dove i nostri cibi si confrontano con quelli venduti a prezzi irrisori perché prodotti da Paesi che pagano i loro braccianti due euro al giorno, come avviene in India, o cinque euro al giorno, come accade in Cina. La risposta a questi problemi è una seria politica che imponga tracciabilità ed etichettatura dei prodotti agroalimentari. Ciò detto - ha concluso Zaia - è ovvio che porteremo in tutte le istanze possibili questo punto di vista affinché venga compreso da quell'autorità giuridico-legislativa che ha la responsabilità di rendere concreta la volontà generale, piuttosto che di applicare, ignara delle conseguenze, codici e pandette».


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