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Polesine, un grande palcoscenico naturale ricco di storia e tradizioni gastronomiche

Polesine è un luogo di grande interesse ambientale e naturalistico. Per valorizzare questi luoghi sette comuni del Parco del Delta hanno messo a punto un articolato progetto, che predispone molti itinerari possibili

di Mariella Morosi
 
11 giugno 2014 | 15:37

Polesine, un grande palcoscenico naturale ricco di storia e tradizioni gastronomiche

Polesine è un luogo di grande interesse ambientale e naturalistico. Per valorizzare questi luoghi sette comuni del Parco del Delta hanno messo a punto un articolato progetto, che predispone molti itinerari possibili

di Mariella Morosi
11 giugno 2014 | 15:37
 

Nel protagonismo dei territori, nelle loro specificità e nella capacità che hanno di suscitare emozioni è il futuro del turismo. È il caso del Polesine, nella parte nord del Parco del Delta del Po, una vasta area in provincia di Rovigo, in cui l’acqua si confonde con la terra in una ragnatela di contorni verdi-azzurri. Per valorizzare questi luoghi di grande interesse ambientale e naturalistico e farne conoscere la storia e le tradizioni, sette comuni del Parco del Delta hanno messo a punto un articolato progetto comune destinato a quel segmento turistico emergente definito “slow”.



Capofila dell'iniziativa, finanziata dalla Regione Veneto, è il comune di Porto Tolle, il più vasto del Delta, insieme a Taglio di Po, Melara, Fiesso Umbertiano, Occhiobello, Polesella e Castenuovo Bariano. Patrimonio Unesco come l'area meridionale del Delta, in Emilia Romagna, il Polesine vuole smarcarsi da quelle angoscianti immagini in bianco e nero dell'alluvione del 1951 che sommerse la pianura, a causa della rottura di alcuni argini.

Le acque ora non fanno più paura, disciplinate con bonifiche e tecnologie avanzate e il grande fiume, che nella sua corsa consuma e restituisce terre nel suo impatto con le correnti marine in un continuo divenire, è diventato una preziosa risorsa per l'economia del territorio. Il Polesine è un grande palcoscenico naturale preservato, con una scarsa antropizzazione dovuta anche alla massiccia emigrazione dei tempi difficili. È da percorrere in barca, lungo le vie di navigazione fluviali o interlagunari, a cavallo, in bici o semplicemente a piedi.

È uno strano luogo dove - come si dice - “i pesci nuotano più in alto di dove volano gli uccelli” perché le terre sono di qualche metro sotto il livello del mare, un po' come accade nei Paesi Bassi. Sugli alti argini corrono le strade, le vie di comunicazione tra i canali e le ciclovie, collegando tutti i luoghi di interesse naturalistico, storico o artistico. Il progetto dei sette comuni ha predisposto molti itinerari possibili per una conoscenza completa della frastagliata geografia fluviale che comprende i rami attivi del Delta del grande fiume: il Po di Levante, di Maistra, di Venezia, di Tolle e di Gnocca.



Ne fa parte anche un tratto del Po di Goro che rientra nella tutela della Emilia Romagna con la maggiore estensione di aree umide tutelate, sia fluviali che costiere. Spettacolare la biodiversità: solo l'avifauna comprende 300 specie diverse tra aironi, cormorani, beccacce di mare e il nobile cavaliere d'Italia. Tra le foci del Po di Tolle e quello di Gnocca c'è la Sacca degli Scardovari, ex risaia invasa dall'acqua salmastra.

È come un grande orto di mare dove si allevano cozze, vongole e ostriche ad opera di una comunità di pescatori - o meglio di contadini del mare - che con la pesca hanno vita ad una florida micro-economia. Gli allevamenti possono essere visitati a bordo di piccole barche ed è bello poi approdare nei ristoranti lungo la costa per gustare i frutti mare freschissimi, come avviene nel locale storico Marina 70.

Il pescato - cefali, branzini, alici - entra alla grande nella cucina polesana, insieme alla polenta, agli ortaggi e agli animali da cortile e soprattutto e al riso Igp del Delta del Po. Questa coltura è considerata di salvaguardia eco-ambientale perché in grado di neutralizzare l'eccessiva salinità delle terre emerse ad opera dei depositi trasportati dall'acqua. Dal 2009 questo pregiato riso è Igp, ma anche altri prodotti hanno a certificazione, dall'aglio bianco polesano all'insalata di Lusia fino alla cozza di Scardovari e al radicchio di Chioggia.

Ma ci sono anche il mais biancoperla, salvato dal rischio di estinzione e un tipo di melone dolcissimo. Piatti tipici anche con i frutti della caccia, anche se limitata e rigidamente regolata per proteggere l'avifauna. Quella del Polesine è una cucina di confine, sensibile alle influenze mantovane, ferraresi, padovane e ferraresi ma che, pur inglobando tradizioni altrui, mantiene la sua identità. Già nell'800 una locanda di Rovigo, la Cappa d'Oro, proponeva ai gourmet locali certe tagliatelle alle animelle con la bondiola, salume ferrarese, e Pellegrino Artusi elogiava un saporito riso alla cacciatora gustato in un'osteria di Polesella.

Ancora oggi la Nadia del Belvedere di Mazzetti nei suoi "Ricchi e poveri" unisce i proletari fagioli ai nobili cappelletti emiliani. Parliamo tuttavia di una cucina povera, con pochi frutti del mare e della terra ma che combinati insieme ci fanno chiedere ancora una volta se la cucina, anche la più semplice, sia davvero un'arte. Le ricette del Polesine non sono mai quelle dei libri, ma raccontano cibi e modi alimentari. Stanno nascendo molti agriturismi ricavati da edifici rurali, e quasi dovunque viene offerta la cucina locale.



Ma ci sono anche dimore di charme come la settecentesca villa Cà Zen, dove Lord Byron visse una contrastata storia d'amore con la bella diciottenne Teresa, maritata a un attempato nobiluomo. Imperdibile è la visita al Museo Regionale della Bonifica Cà Vendramin, in un ex impianto idrovoro a vapore, con una ciminiera alta 60 metri. Gigantografie e foto d'epoca raccontano la storia del Polesine, spesso al centro di contese tra grandi dinastie, e soprattutto della potente Serenissima che nel 1604 riuscì a deviare il corso del fiume per evitare l'interramento di Venezia che avrebbe decretato la fine dei commerci.

Gran parte delle terre del Polesine non hanno più di 400 anni, nate proprio per i depositi del fiume, contese per la loro fertilità dalle grandi famiglie venete. Per un viaggio nel gioco e nella fantasia impossibile non visitare a Bergantino, il Museo storico ella giostra e dello spettacolo popolare. Curato da un esperto, Tommaso Zaghini, e da un gruppo di volontari, raccoglie burattini, organetti, pianole e attrezzature i suonatori ambulanti di un tempo perfettamente funzionanti.

Moltissime le chiese, gli oratori e i luoghi di culto da visitare, come la Chiesa del Rosario e l'Oratorio di Polesella e le bellissime Villa Cà Rosetta e Villa Morosini. Il capoluogo, Rovigo, con i suoi edifici d'epoca racconta tutta la sua storia e importanti mostre sono organizzate a Palazzo Roverella. L'ultima, “Ossessione nordica” ha dato un grande contributo alla conoscenza della pittura italiana tra '800 e '900.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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