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Ristoranti e alberghi, il Covid ha fatto saltare quasi 400mila opportunità di lavoro

Secondo il XX Rapporto annuale dell'Inps, ristorazione e servizi di alloggio sono stati i più penalizzati dalla pandemia. Chiusure e riaperture a singhiozzo hanno allontanato gli stagionali e ora c'è penuria di personale

di Nicola Grolla
 
12 luglio 2021 | 18:40

Ristoranti e alberghi, il Covid ha fatto saltare quasi 400mila opportunità di lavoro

Secondo il XX Rapporto annuale dell'Inps, ristorazione e servizi di alloggio sono stati i più penalizzati dalla pandemia. Chiusure e riaperture a singhiozzo hanno allontanato gli stagionali e ora c'è penuria di personale

di Nicola Grolla
12 luglio 2021 | 18:40
 

Calo del fabbisogno di manodopera e notevole espansione degli strumenti di sostegno al reddito. Questo, in pillole, il risultato del XX Rapporto annuale dell’Inps che restituisce la fotografia del mondo del lavoro nell’ultimo anno segnato dalla pandemia. Negli ultimi 365 giorni, il numero degli occupati è calato del -2,8% ma il peso dei vari ammortizzatori sociali si è poi abbattuto sulle casse dello Stato e delle imprese (che hanno dovuto assorbire un calo del -7,7% delle ore lavorate).

Ristorazione e servizi di alloggio i settori più penalizzati a livello lavorativo secondo il XX Rapporto annuale Inps Al ristorante o in albergo non manca il lavoro, ma i lavoratori

Ristorazione e servizi di alloggio i settori più penalizzati a livello lavorativo secondo il XX Rapporto annuale Inps

 

Lavoro dipendente e indipendente, la differenza l'ha fatta il blocco dei licenziamenti

Andando più nello specifico, se il lavoro dipendente prima della pandemia aveva recuperato i livelli del 2007 in termini di occupati (+3,5%) ma non in termini di ore lavorate (-1,7%), con la pandemia si registra una riduzione degli occupati (-2,1%) e delle ore lavorate (-6,9%). Per il lavoro indipendente gli indici si presentano tutti negativi: tra il quarto trimestre 2019 e il primo trimestre 2021 la contrazione per gli occupati è pari a -5,1% e per le ore lavorate -9,8%. D’altronde, per quest’ultima categoria non valeva il blocco del licenziamento che, a conti fatti, ha salvato 330mila posti di lavoro. Numero destinato a cambiare a seguito dello sblocco deciso dal Governo per alcuni determinati settori.

 

 

Ristorazione e accoglienza, i settori in cui si è contratta di più la domanda di lavoro

Ma cosa ne è stato della ristorazione e dell’accoglienza? Se, nel 2019, gli addetti alle attività dei servizi di alloggio e ristorazione erano 238.811, nel 2020 se ne è perso il 4,1%. Percentuale che si abbassa se si tiene conto dei dipendenti sempre presenti in 12 mesi: dai 142mila del 2019 ai 138mila del 2020; lo zoccolo duro dei professionisti dell’Horeca è rimasto al proprio posto. Il tutto a fronte di una domanda di lavoro che prima e dopo il Covid ha registrato un taglio di 290mila unità per la ristorazione e 96.500 circa per gli alloggi. In particolare, è stato il lavoro stagionale a pagare il prezzo più caro: -33,7% di richiesta durante l’ultimo anno a causa della dinamica a fisarmonica che ha portato a aperture, chiusure, aperture che non hanno permesso a imprese e lavoratori di garantire la sicurezza del servizio.

 

Cassa integrazione, arma a doppio taglio

Una prospettiva che, nel frattempo, era aggravata dal ricorso alla Cassa integrazione. L’ammortizzatore sociale, sebbene abbia tutelato chi un lavoro ce l’aveva, ha anche messo in difficoltà le aziende sul fronte produttivo. Soprattutto quelle del canale Horeca che, per propria natura, vivono di stagionalità e picchi di lavoro mensile e/o settimanali. Osservando l’intensità aziendale del ricorso alla Cig, ossia «il rapporto tra le ore indennizzate e le ore totali delle imprese in Cig», ristorazione e alloggio mettono a segno un 38%, superate solo dalle agenzie di viaggio (55%). Questo a dire che l’andamento a singhiozzo della ripresa (strutturale dal 26 aprile in poi) ha impattato duramente sulle capacità di cogliere e capitalizzare quei pochi momenti di tregua concessi dalla pandemia. Non a caso, delle 180mila aziende ad altissima intensità di ricorso alla Cig (oltre l’80% dei dipendenti), circa 47mila rientrano nel settore alloggio-ristorazione.

 

 

Stipendi bassi e sussidi convenienti abbassano l'appeal dell'Horeca

Guardata bene la fotografia scattata dall'Inps, non sorprende più la realtà raccontata dagli operatori del settore. Se, da un lato, la Fipe ha da tempo lanciato l'allarme per la situazione lavorativa dei pubblici esercizi che necessitano di almeno 150mila lavoratori per sostenere la ripresa; dall'altro, la situazione è davvero generalizzata e trasversale. Dalle discoteche al catering, dagli hotel ai bagnini sulle spiagge è tutta una ricerca di personale. Ma da cosa dipende tutto ciò? Due le principali difficoltà: i bassi salari e la concorrenza dei sussidi. Secondo l’Eurostat, il nostro Paese ha perso nel 2020 oltre 39,2 miliardi di salari e stipendi con un calo del 7,47% sul 2019. Distanze siderali rispetto al -1,92% calcolato nell’Eurozona. Il tutto a fronte di un costo del lavoro che è pari al 46% dello stipendio lordo. Non sorprende, quindi, che soprattutto per le professioni meno qualificate i sussidi garantiti dallo Stato (come il reddito di cittadinanza) offrano una soluzione concorrenziale. Dal momento che il 40% dei lavoratori italiani guadagnano in media meno di 10mila euro all’anno netti, i 9mila euro offerti dal reddito di cittadinanza diventano una tentazione. In particolare per quelle attività lavorative di cui hotel, ristoranti e intrattenimento avrebbero bisogno e che in media vengono remunerate circa 9.820 euro all’anno per un totale di 177 giornate lavorative di media. Sempre su questo fronte, a partire dal 23 marzo e fino al 31 dicembre 2021, c’è da tenere conto anche delle modifiche alla Naspi (sussidio di disoccupazione) il cui accesso è consentito anche a chi non ha lavorato per almeno 30 giornate nell’anno precedente (requisito precedentemente indispensabile) e dal quarto mese in poi la diminuzione del 3% dell’importo è sospesa. 


 

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