La lotta al caporalato ha vissuto oggi un importante tappa: Coldiretti infatti ha firmato un patto di filiera contro l'increscioso fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura assieme al ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, al ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Stefano Patuanelli, e al presidente del Consiglio Nazionale di Anci, Enzo Bianco.
Svolta nella lotta al caporalato
Lavoro su tutta la filiera
«Un importante impegno dei rappresentanti del Governo per consolidare, ampliare e rafforzare i contratti di filiera anche mediante il ricorso alle risorse rese disponibili dalla programmazione complementare al Pnrr», ha affermato Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. L’accordo, sottoscritto al Viminale, a Roma, prevede l’istituzione di una Consulta, composta dai rappresentanti dei tre ministeri, dell’associazione nazionale dei Comuni italiani, dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti, dell’Osservatorio Placido Rizzotto promosso dalla Flai-Cgil, della Fondazione Fai-Cisl studi e ricerche e dalla Fondazione Argentina Altobelli promossa dalla Uila-Uil.
Il paradosso del pomodoro
Occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta pure dalle pratiche sleali commerciali e dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità. Il risultato impressionante è che, ad esempio, quando si acquista una passata al supermercato si paga più per la confezione che per il pomodoro contenuto. In una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.
Un paradosso che è favorito dalla concorrenza sleale delle importazioni low cost dall’estero con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia, dal pomodoro cinese al riso asiatico, dall’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche, che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso anche grazie ad agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. «Un cambiamento importante è stato ottenuto nell’ambito della riforma della Politica Agricola Europea con l’avvio del dibattito sulle restrizioni alle importazioni extracomunitarie di prodotti che non garantiscono gli standard europei», ha concluso il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel ricordare «i passi in avanti sul tema della condizionalità sociale e dei diritti dei lavoratori sostenuto dalla Coldiretti».