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Caos buoni pasto, bar e ristoranti vogliono bloccare il servizio

Dopo il lockdown e lo smart working i lavoratori sono tornati a sedersi ai tavoli, ma ora le imprese chiedono di rivedere un sistema oneroso a causa dell'elevato costo delle commissioni

 
16 maggio 2022 | 18:14

Caos buoni pasto, bar e ristoranti vogliono bloccare il servizio

Dopo il lockdown e lo smart working i lavoratori sono tornati a sedersi ai tavoli, ma ora le imprese chiedono di rivedere un sistema oneroso a causa dell'elevato costo delle commissioni

16 maggio 2022 | 18:14
 

La pandemia ha allentato le sue maglie e l’Italia sta cercando di tornare alla normalità, così come le sue attività. Ma la ripartenza per bar e ristoranti stenta a decollare a causa di una serie di criticità. Una di queste è legata ai buoni pasto. I lavoratori finora sono rimasti alla larga da bar e ristoranti a causa dello smart working, anche se la situazione ora sta progressivamente cambiando. Ma ora le imprese del settore, attraverso le associazioni di categoria, stanno protestando. Vorrebbero infatti rivedere il sistema delle commissioni che finisce per pesare eccessivamente sui bilanci delle aziende.

Ed è proprio per questo motivo che martedì 17 maggio alle 11 a Roma è stata organizzata una conferenza stampa  che vedrà la partecipazione di tutte le principali associazioni di categoria delle imprese della ristorazione e della distribuzione commerciale - Ancd Conad, Coop, Fiepet Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e FipeConfocmmercio, la Federazione italiana pubblici esercenti.

Anche per questo motivo abbiamo chiesto direttamente il parere ad alcuni ristoratori di Milano.

Caos buoni pasto, bar e ristoranti vogliono bloccare il servizio

Milano si riscopre motore della crescita economica

A Milano ripartono gli eventi promozionali, dalle lande dello smart working tornano sui loro passi (ma solo in parte) i lavoratori dipendenti, si ricomincia a udire per strada qualche idioma straniero e l’edilizia, grazie agli incentivi, si riscopre motore della crescita.   In questo clima strano di incertezze post-Covid e di preoccupazioni per la guerra alle porte si può parlare di dati confortanti,  proprio come quelli della congiuntura industriale per il primo trimestre 2022, presentati in questi giorni dal Servizio Studi della Camera di commercio di Milano, Monza-Brianza, Lodi. Il quadro delinea nel primo trimestre 2022 un aumento congiunturale rispetto al quarto trimestre 2021 della produzione industriale e del fatturato milanese (+1,7% e +4,3% destagionalizzato).

La crescita del fatturato lombardo è +1,7% destagionalizzato. Se si considera la crescita netta del fatturato, sempre raffrontata al primo trimestre 2021, l’aumento è di 19,1% sia a livello regionale che locale. In relazione al portafoglio ordini, si registra un livello superiore a quello relativo al primo trimestre 2021 (+19,1% in un anno), con performance migliore rispetto alla manifattura lombarda (+16,8%). I mercati interni milanesi hanno ripreso la crescita in modo più incisivo (+19,4%) rispetto alla componente estera (+18,5%).

La “zavorra” dei buoni pasto

Se però passiamo dall’industria al settore del commercio-servizi, a fronte dei segnali positivi già citati si ha la netta impressione che i bar e i ristoranti riemersi dalla recente crisi facciano fatica a stare a galla.  Tra i tanti, il problema delle commissioni richieste per l’utilizzo dei buoni pasto in pausa pranzo sembra essere ai primi posti, nei bilanci degli esercenti. La questione dei  buoni pasto è annosa e ricorrente, visto che appare e dispare ciclicamente, e in forme svariate, a intaccare la solidità dei conti delle imprese e dei consumatori. E già, perchè una volta è il supermercato a opporsi alla vendita contro tickets; altre volte è il legislatore ad agire sulla leva fiscale, variando i limiti d’imponibilità; ma si potrebbe citare anche l’introduzione del tetto massimo di corresponsione per i dipendenti pubblici.

In tempi di aumento generalizzato dei costi fissi (riscaldamento e raffrescamento, elettricità, affitti, trasporti ed altro), baristi e ristoratori lamentano che le commissioni richieste dalle società di emissione dei buoni pasto pesano sempre di più; è difficile fare una media, ma non è raro trovare percentuali che sfiorano il 20% del totale fatturato.  A tali livelli si arriva inserendo nel calcolo, oltre a quanto trattenuto sul singolo buono, anche il canone per il pos e un costo fisso per ciascuna transazione. A ciò si aggiunga che gli incassi restituiti dagli emittenti sono ritardati, dai 30 giorni in su, cosa che introduce ulteriori fattori di criticità. Basta disdire il contratto con l’emittente, si potrebbe obiettare, ma la concorrenza è tale da trasformare una scelta del genere in un rischio serissimo: basti pensare che, in aree specifiche della metropoli, la quota di fatturato ottenuta attraverso i tickets può arrivare al 70%. Questi i termini della questione, a livello macroeconomico: non ci resta che chiedere conferme o smentite ai milanesi che il post-crisi lo stanno vivendo sulla propria pelle, siano essi ristoratori, baristi, cuochi o camerieri.

Caos buoni pasto, bar e ristoranti vogliono bloccare il servizio

Buoni pasto: la parola ai ristoratori

Proprio di fronte al Teatro Dal Verme, a pochi metri dalla centralissima piazza Cairoli, andiamo a informarci da uno che la pausa-pranzo dovrebbe saperla gestire a perfezione, vista la posizione del suo locale, Gianni Monopoli, titolare del ristorante “Caffè degli Artisti” .

Sono aumentate le commisisoni?
Se la domanda è relativa all’aumento delle commissioni, nel mio caso  la risposta secca è no, non sono cresciute. Ma ciò non toglie che restino comunque troppo alte. Considerati tutti i costi che un esercizio come il Caffè degli artisti deve sopportare, a fine anno siamo vicini al 20%.

Ma non ci sono emittenti che presentino richieste più contenute?
Certo, ma guarda caso i clienti che beneficiano dei loro buoni pasto sono quattro gatti. Ne consegue che per arrivare alla cifra minima redimibile, poniamo il caso siano quattrocento euro, devo aspettare tre mesi. Tornando al discorso aumenti, le ribadisco che faccio il ristoratore da trent’anni e la curva dei costi accessori, come quelli di cui stiamo parlando, non l’ho mai vista in discesa. Solo un rialzo costante e continuo.

Quali le possibili soluzioni?
Bella domanda: quella più drastica, ossia rinunciare ai buoni pasto, può significare dare un’altra mazzata e compromettere il fatturato dell’orario di pranzo. È però vero che in questo momento è più difficile fare stime e previsioni, perchè lo smart working incide ancora parecchio e i nostri clienti di mezzogiorno sono in massima parte lavoratori. Prima della pandemia i numeri presentavano una certa regolarità, ora viviamo alla giornata: un giorno si incassa cento, quello  dopo trenta. In queste precarie condizioni, è chiaro che le commissioni  di cui stiamo parlando costituiscono un peso enorme.

A duecento metri dal Caffè degli artisti, sul percorso che da piazza Cairoli porta a piazza Affari, sede della Borsa italiana, troviamo la trattoria “La Colonna”, altro locale per cui la pausa pranzo è parte essenziale del giro d’affari. A Francesco Cosentino, titolare de “La Colonna”, chiediamo se sia ancora conveniente accettare i buoni pasto, qui in centro a Milano.

Stiamo facendo delle valutazioni proprio in questi giorni, perchè la situazione è quasi insostenibile.  Anche a causa degli aumenti di tutti gli altri costi: è chiaro che poi tutto si scarica sul bilancio finale, e ci rendiamo conto che non abbiamo più margini di guadagno. Prima della pandemia le entrate erano molto più consistenti, ora siamo in una situazione per cui tutto è aumentato e i fatturati diminuiti: di conseguenza le società emittenti non possono continuare a chiedere quello che chiedevano prima.

Ci sono suoi colleghi, qui a Milano, che hanno minacciato di disdire i contratti sui buoni pasto e offrire una serie di sconti per attrarre nuovi  clienti: è una strategia che può funzionare?
Bisogna almeno provarci. Anche perché se da domani non accetto più ticket sicuramente vedrò meno clientela, ma sopporterò meno costi per materie prime e personale.  Potrei, insomma, dopo due anni di sofferenza in cui i ristoratori sono stati abbandonati da tutti, essere costretto a fare delle scelte radicali, magari riducendo il personale. È un’ ipotesi che devo prendere in considerazione, tenendo presente che il volume d’affari dei buoni pasto nel mio caso pesa almeno il 30% sul totale.

Una bella fetta di clienti che se ne va, insomma?
Non lo so, questo è da vedere. Perché se io faccio uno sconto consistente, diciamo il 10%, a chi paga in contanti o con le carte,  magari il cliente si fidelizza più facilmente.  Si crea un’App che gestisce questa scontistica e si incoraggia chi ci ha visitato una volta a ritornare: ed è anche importante che i clienti capiscano perché questo tipo di costi non è più gestibile, e che noi esercenti non stiamo facendo una campagna di protesta contro di loro … Noi dobbiamo semplicemente sopravvivere facendo quadrare i conti, non essendo enti di beneficenza.”

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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