Caccia in Lombardia: tra caos e stop, i cacciatori chiedono regole chiare

La caccia in Lombardia è nel caos tra sospensioni, delibere e ricorsi. Le associazioni di cacciatori chiedono certezze normative dal governo per evitare il ripetersi di questa situazione

17 settembre 2024 | 12:52
di Renato Andreolassi

Caccia sì, caccia no, caccia forse. «A questo punto, meglio abolirla e non se ne parli più». La provocazione è di Gianni Sberna, un appassionato cacciatore bresciano dopo l'altalena fra pre-aperture, aperture con rinvio, sentenze sospensive del Tar e delibere-ponte della Regione, sull'avvio della stagione venatoria in Lombardia. «Un delirio - sottolinea ancora Sberna - che si ripete ogni anno fra i provvedimenti amministrativi dell'ultima ora e i ricorsi dei Verdi. Da 30 anni pratico l'attività venatoria della caccia alla lepre, spendo alcune migliaia di euro fra licenza, permessi vari, vestiario e cartucce per praticare un'attività che si è ridotta a lumicino e per pochi mesi».

Lombardia: la caccia nel caos tra rinvii e ricorsi

Per la cronaca, dopo la sospensione dell'apertura (su richiesta di alcune associazioni ambientaliste per il mancato rispetto delle norme Ispra) prevista per il 15 settembre, la Lombardia ha adottato una nuova delibera che prevede da mercoledì 18 settembre, la caccia da appostamento fisso al colombaccio, cornacchia grigia e nera, gazza, tordo, bottaccio, sassello, cesena e merlo. Rimangono invariate tutte le altre norme riguardanti la caccia alla lepre, volpe, coniglio selvatico e per l'addestramento dei cani.

«Ora questa situazione non deve più ripetersi - scrive l'associazione di categoria dei migratoristi - la politica romana deve intervenire, con una modifica alla normativa nazionale affinché si diano certezze ai cittadini cacciatori. È impensabile che all'occorrenza si sfrutti il lavoro di queste persone, e poi quando non servono più vengono scaricate da chi avrebbe il compito di valorizzarle». Sostanzioso l'esercito - seppur in netto calo - dei cacciatori in Italia: fra 500 e i 750mila gli appassionati, di cui 62mila in Lombardia, un terzo dei quali, circa 20mila, nel bresciano. Con una sensibile riduzione della selvaggina nostrana anche sulle tavole dei ristoratori.

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