Caro pasta, è scontro sul grano tra pastai e agricoltori

Da una parte il presidente dei pastai Riccardo Felicetti lamenta la difficoltà nell’acquistare il grano italiano per l’aumento dei prezzi. Dall’altra Coldiretti chiede di pagarne il giusto prezzo agli agricoltori

14 gennaio 2022 | 10:14

Il grano duro italiano, elemento essenziale della pasta, costa meno di quello canadese, eppure è difficile da acquistare in questo periodo di forte aumento dei prezzi sui mercati internazionali. La lacuna è segnalata dal presidente dei Pastai di Unione Italiana Food-Confindustria Riccardo Felicetti , nonché amministratore delegato dell'omonimo pastificio. Ma scoppia la polemica, perché Coldiretti punta invece il dito proprio contro l’industria rea di aver continuato ad acquistare grano sul mercato mondiale senza garantirsi gli approvigionamenti sul territorio nazionale. «Ciò ha portato gli agricoltori italiani a ridurre le superfici coltivate e a cercare mercati alternativi che riconoscono prezzi più equi», ha replicato Coldiretti.

 

 

Un prodotto appetibile

Le difficoltà ad acquistare il grano duro italiano dipende dal fatto che è appetibile. Già da settembre era stato lanciato l'allarme. Secondo quanto riferito da Felicetti anche se la sua quotazione è aumentata del 70% costa ancora meno di quello straniero e viene distratto dal mercato italiano per essere venduto in altre nazioni.

 

La replica di Coldiretti

 Immediata la replica di Coldiretti all'indirizzo del presidente dei pastai italiani. «Per acquistare il grano italiano basta pagare il giusto prezzo agli agricoltori di modo da invogliarli anche ad aumentare la prodizione – ha spiegato l’associazione di categoria - Come riconoscono i pastai,- il grano italiano viene sottopagato a prezzi inferiori di quello estero nonostante sia appetibile e sicuro perché ottenuto senza l’impiego del diserbante glifosato in preraccolta, una modalità consentita invece da Paesi dai quali importano come il Canada». Coldiretti ha poi aggiunto che «Nonostante queste criticità, molte industrie hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti. Una miopia che  ha costretto gli agricoltori italiani a ridurre le superfici coltivate e a cercare mercati alternativi che riconoscono prezzi più equi».

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Alberto Lupini


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