Molti alimenti per una corretta conservazione necessitano del mantenimento della catena del freddo. I microrganismi alle temperature di refrigerazione (tra 0 e 8°C) rallentano il proprio sviluppo, permettendo di conservare il cibo più a lungo. A temperatura ambiente invece i microrganismi si “sdoppiano” ogni 20-30 minuti, quindi interrompere le temperature di refrigerazione implica la riattivazione di questo veloce meccanismo di replicazione.

Una data di scadenza quando viene attribuita presuppone uno studio di shelf life alle condizioni ideali (ovvero quelle riportate in etichetta) e in condizioni di abuso, al fine di simulare ciò che avviene dal momento del rilascio del prodotto da parte dello stabile di produzione durante la catena logistica. Ciò non toglie che è nostra responsabilità mantenere le giuste condizioni di conservazione al fine di preservare l’alimento non solo dal punto di vista microbiologico, ma anche chimico e organolettico, soprattutto quando abbiamo a che fare con prodotti ad alta attività dell’acqua (Aw).
Gli alimenti sono dei sistemi in cui una parte di acqua non è visibile ad occhio nudo e può essere più o meno legata ad altri costituenti come le proteine, i carboidrati, ecc. Se quest’acqua è “poco legata” a queste molecole, gli alimenti mostrano un’alta deperibilità e viceversa. Questo concetto è rappresentato dall’attività dell’acqua (Aw), menzionata in precedenza. Valori alti di Aw implicano prodotti maggiormente deperibili e viceversa. Con le temperature di refrigerazione rallentiamo lo sviluppo, ma non lo blocchiamo, e ci sono addirittura microrganismi patogeni che possono resistere a bassa temperatura (quindi è bene che questi non vi siano sin dall’inizio, grazie l’applicazione di buone norme di prassi igienica “dal campo alla tavola”). Oltre agli aspetti microbiologici, in frigorifero la maggior parte delle reazioni chimiche rallentano (ad esempio le ossidazioni), come pure rallenta la respirazione di buona parte di ortofrutta (le cellule hanno bisogno di ossigeno), che quindi si mantiene di più.
È dunque necessario settare la propria cella refrigerata alla temperatura dell’alimento più esigente. E qualora abbiamo a disposizione un frigorifero occorre comprenderne la tipologia, in quanto dobbiamo conoscere la modalità di distribuzione della temperatura all’interno dei vari comparti. I frigoriferi di ultima generazione riescono ad essere efficienti e quasi tutti i ripiani possiedono la medesima temperatura. Ma in quelli un poco più datati è importante capire quale sia il ripiano più freddo (solitamente quello in basso, ma dipende dal modello) e quale quello più caldo (solitamente opposto a quello più freddo oltre che l’anta, che, a causa delle continue aperture e chiusure, non mantiene la temperatura e può arrivare sino a 15°C).
Ma a quanti gradi dobbiamo tenere il frigorifero, soprattutto con la calura estiva? Occorre settarlo alla temperatura più bassa, di modo che permetta di avere tra 0 e 4°C. Come fare? Attraverso l’uso di un termometro a spillone o per frigorifero, acquistabili anche in rete, è possibile verificare la distribuzione di temperatura della propria attrezzatura. Un altro consiglio utile è scrivere la data di apertura sugli alimenti confezionati parzialmente impiegati, di modo da consumarli entro i periodi indicati in etichetta ed effettuare la corretta rotazione dei cibi non ancora aperti (in gergo tecnico si dice “first in, first out” ovvero il primo che entra è il primo che deve uscire). Ciò permette non solo di mangiare i cibi in sicurezza, ma anche di evitare lo spreco alimentare.

Un altro aspetto importante è la condizione igienica della cella e del frigorifero. Mantenere la pulizia dei ripiani e dei cassetti dell’ortofrutta può sembrare banale, ma permette di minimizzare il pericolo di avere nel proprio frigorifero microrganismi alterativi (come le muffe) o patogeni (microrganismi in grado di dare malattia) resistenti.
Da non sottovalutare le modalità con cui si pongono gli alimenti al loro interno: nel loro contenitore originale (controllare che sia integro e pulito) oppure, se si tratta di piatti cucinati da noi, verificare di porli in contenitori puliti, idonei al contatto con essi e chiusi, altrimenti si possono causare contaminazioni involontarie causate dall’ambiente circostante e dagli altri alimenti confezionati (“cross contamination”), oltre al fatto che si possono generare cattivi odori tra le varie pietanze. In quest’ottica è utile dedicare comparti ad ogni tipologia merceologica: prodotti carnei con prodotti carnei, prodotti lattiero caseari tra loro e così via.
Quando cuciniamo in anticipo gli alimenti è importante abbatterli con l’apposito abbattitore o, se ne siamo sprovvisti, mediante una sorta di bagnomaria a freddo (ovvero parziale immersione in acqua fredda e ghiaccio). È necessario evitare di riporre all’interno del frigorifero prodotti ancora caldi, poiché tale calore andrebbe a compromettere le temperature all’interno dell’attrezzatura e si riscalderebbero gli altri cibi (come spiegato nel libro “Saper conservare i cibi a casa” di S. Pironi, edito da EPC Libri).
Vi sono dunque cibi che vanno tenuti necessariamente in frigorifero, ovvero i prodotti ricchi di acqua e umidi, in quanto maggiormente deperibili dal punto di vista microbiologico. Così come sono maggiormente suscettibili dal punto di vista igienico sanitario gli alimenti con bassa acidità, con poco sale e con poco zucchero. Per questi motivi carni, pesce, verdure, certi tipi di frutta, insalata in busta, salumi affettati, formaggi freschi, piatti pronti e brodi devono essere tenuti in frigorifero a temperature basse (entro i 4°C). Possono tollerare temperature un poco più alte (entro gli 8°C) formaggi stagionati, salumi non affettati, uova.
Latte, bevande vegetali, succhi e conserve (come sott’oli, passate, sughi pronti, ecc.) una volta aperti devono essere mantenuti in frigorifero ed essere consumati entro 3-7 giorni a seconda della tipologia: questi prodotti durante il processo produttivo hanno subito trattamenti atti a ridurre notevolmente la carica microbica, come per esempio la pastorizzazione o la sterilizzazione unitamente ad altri fattori come l’acidificazione o l’aggiunta di altri additivi come i conservanti. In questi casi l’imballaggio è la loro protezione ed una volta aperto occorre la temperatura di refrigerazione per il mantenimento.

Alimenti che non vanno conservati in frigorifero
Esistono poi alcuni cibi che è bene non mantenere in frigorifero, al fine di preservarne le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche. Ad esempio l’olio extravergine d’oliva è costituito per la quasi totalità da acidi grassi. Parte di questi sono saturi e parte insaturi (acido oleico). Sotto i 10°C gli acidi grassi saturi sono i primi che tendono a solidificare, seguiti poi dai monoinsaturi come l’oleico, comportando un cambiamento di struttura (diventa denso). Questo fenomeno potrebbe essere impiegato per capire se l’olio che avete acquistato è veramente un extravergine.
La frutta secca con guscio (noci, nocciole, mandorle...) e i semi oleosi (lino, zucca...) sono prodotti non deperibili, costituiti in prevalenza da acidi grassi insaturi, proteine e fibre. La conservazione refrigerata non è necessaria perché sono prodotti stabili da un punto di vista microbiologico. Questi prodotti soffrono l’umidità (perderebbero croccantezza) e la luce (gli acidi grassi ossiderebbero e potrebbero comportare sapore rancido oltre che la presenza di molecole che non fanno troppo bene). Occorre quindi tenerli chiusi, al riparo dalla luce e dal calore, in luogo fresco ed asciutto, ma non in frigorifero.
Il caffè tostato possiede aromi che tendono a disperdersi velocemente, sia per quello in chicchi che macinato. Quest’ultimo è addirittura più sensibile. Nel caffè sono presenti acidi grassi che a contatto con aria e luce potrebbero ossidare. Dunque umidità, aria e luce sono i nemici principali per il caffè e gli shock termici non gli fanno bene. L’andirivieni dal frigorifero, pertanto, non giova al prodotto e potrebbe comportare condense, che accelererebbero la perdita di qualità. L’ideale è mantenerlo in confezioni ermetiche, lontano dalla luce in un luogo fresco ed asciutto.
Cipolla e aglio, al contrario di altre orticole, sono prodotti che hanno una respirazione molto bassa; tendono a degradarsi molto poco, quindi non necessitano di conservazione refrigerata, ma devono stare a temperature di massimo 20°C.
Il pane è sensibile alla temperatura di refrigerazione, in quanto essa accelera il fenomeno del raffermamento (“pane duro”). Questo processo è la migrazione di acqua inglobata nei granuli di amido presenti nel prodotto verso la superficie, dove evapora. In questo modo si assiste ad una “cristallizzazione” di questi amidi e quindi al pane secco. Questo fenomeno può essere invertito se si scalda il prodotto: se si prova a riscaldare su una piastra il pane raffermo esso in parte riprenderà il suo stato originario, anche se non recupererà del tutto il suo sapore.

I frutti tropicali sotto i 10-12°C subiscono stress. Le banane spesso le vediamo confezionate in pellicola, così come altra frutta e verdura, per rallentare la respirazione delle cellule e non perdere umidità. La banana è un frutto climaterico, cioè produce grandi quantità di etilene (ormone naturale di maturazione nelle piante) ed ha una respirazione veloce. Quindi a temperatura ambiente la banana matura rapidamente, grazie alla sua produzione naturale del gas etilene, diventando zuccherina e con la buccia annerita. In frigorifero si deprime questa reazione, ma se il frutto non è maturo poi si rischia che la produzione di etilene si interrompa e diventano nere. Pertanto le banane non mature vanno conservate a temperatura ambiente e magari, una volta mature, possiamo rallentare il fenomeno mettendole in frigorifero per qualche giorno.
L’avocado come la banana è un frutto climaterico, ricco di grassi prevalentemente insaturi e povero di carboidrati. Una volta raccolto, può continuare la sua maturazione, quindi se vogliamo accelerare questo processo occorre tenerlo a temperatura ambiente. Se vogliamo mantenerlo non maturo o se è già maturo e lo vogliamo conservare più a lungo si può porre in frigorifero per qualche giorno.
I pomodori possono essere prolungati nella loro durabilità dal freddo, poiché il prodotto è ricco di acqua e quindi deperibile. D’altro, canto però, la temperatura di refrigerazione comporta una perdita di sapore, in quanto viene persa la molecola (Z)-3-esenale, tipica del suo aroma.
Le patate non devono essere conservate sotto i 15°C, perché parte del loro amido si trasforma in uno zucchero dal sapore sgradevole e si generano imbrunimenti. Inoltre durante un’eventuale frittura potrebbe aumentare notevolmente la molecola acrilamide, potenzialmente dannosa. Le patate dunque vanno conservate a temperatura ambiente e al buio (altrimenti inverdiscono e si produce una sostanza con proprietà cancerogena).
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