La “Pasta in bianco” sembra diventare il punto di incrocio di due dibattiti sulla ristorazione: da un lato quello sul rapporto tra fine dining e tradizione, e dall’altro quello fra conti sempre più salati al ristorante (soprattutto a Milano) e la difficoltà di molti gestori a chiudere i bilanci in attivo (vedi il mezzo milione di perdite annue del locale di Carlo Cracco in Galleria).
L’occasione di questo “incrocio” è la polemica scoppiata sui social perchè al ristorante di un hotel di lusso come il Portrait a Milan, il Ten Eleven, 10_11, viene proposta a 26 euro della “Pasta in bianco”, in teoria uno dei piatti più semplici e tradizionali della cucina italiana. Un costo decisamente elevata e per i più “esagerato”, ma poiché viene preparata da uno chef stellato diventa uno dei simboli di raffinatezza e gusto. E del resto due fra i più seri critici enogastronomici, Margo Schachter e Valerio Visintin, a distanza di mesi vi hanno dedicato degli articoli a dimostrazione di come questo piatto sia diventato di moda della capitale lombarda. A maggior ragione se si pensa che il ristorante, che fa capo al gruppo Ferragamo, è nel cuore del cosiddetto Quadrilatero della moda, là dove sbocciano, e tramontano, molti trend.
Ecco come l’alta cucina trova un futuro
Al di là delle tendenze, il “caso” ci sembra interessante perché è un chiaro esempio - lo dicevamo all’inizio - di come chi grida alla crisi dell’alta cucina, dopo averla osannata per anni, enfatizza inutilmente delle questioni che trovano invece una loro soluzione grazie a:
- un pizzico di buon senso
- un po’ di studio e attenzione alla nostra cultura
- attenzione a costi e ricavi
La Pasta in bianco del caso milanese - nel menu “La mia idea di pasta in bianco” - sembra un esempio perfetto di come il cibo semplice e casalingo possa diventare un'esperienza gastronomica unica se preparato con maestria. Il cuoco del Portrait, Alberto Quadrio, che ha come supervisore Andrea Ribaldone, utilizza solo ingredienti di altissima qualità, selezionati con cura per garantire il massimo sapore e la massima freschezza. Il risultato è che uno dei piatti più basici e “poveri” della cucina tradizionale italiana è diventata una sorta di cult. E Al Portrait, gruppo Ferragamo, quasi si prenota prevalentemente per questo.
La Pasta in bianco, da piatto povero a simbolo di innovazione
Questa Pasta in bianco, peraltro, non è una semplice pasta al burro, ma una vera e propria innovazione. E il risultato è più che buono. C’è addirittura qualcuno, attenzione ai social pensiero, che parla di “poesia per il palato”. L'impasto della pasta è fatto in casa, utilizzando solo farina di grano duro e uova fresche, per ottenere una consistenza morbida e al dente. E fino a qui siamo alla tradizione pura, tanto che ci si richiama esplicitamente alla cucina della nonna. Ciò che ci porta all’alta cucina è però lo studio e la tecnica nella preparazione del piatto.
La Pasta in bianco del Portrait come i Paccheri di Da Vittorio
La ricetta si basa su due ingredienti che si fondono insieme i fusilloni e le croste di Parmigiano Reggiano di 36 mesi bollite. Niente burro, né olio o formaggio gratuggiato. E così fra brodo delle croste, che filtrato viene usato per cuocere la pasta, e mantecatura in sala con la parte grassa residua del brodo, è nato un primo piatto citatissimo sul web. Un successo che richiama quello, intramontabile, dei Paccheri di Da Vittorio, simbolo del ristorante 3 stelle bergamasco, che a differenza di altri stellati non è certo in crisi e non rinuncia certo all’alta cucina. E lo stesso di può dire degli Spaghetti al pomodoro del tristellato Niko Romito che solo il piatto più richiesto nei suoi ristoranti nella catena degli hotel Bulgari nel mondo.
La Pasta in bianco si trasforma, da semplicità ad eleganza nel piatto
La Pasta in bianco all'Hotel Portrait a Milano è in questa prospettiva un esempio perfetto di come la semplicità possa diventare eleganza, e di come il cibo tradizionale possa essere rinnovato con gusto e maestria. In un momento in cui il mondo della ristorazione si sta reinventando, piatti come questo dimostrano che la vera eccellenza non ha bisogno di troppi fronzoli per essere apprezzata.
Grazie alla Pasta in bianco il fine dining ha i conti in ordine
E questo senza dimenticare la parte economica. Certamente 26 euro per una “Pasta in bianco” possono sembrare tanti, ma sono in realtà la dimostrazione che qualità, gusto e ricerca possono essere pagati senza battere ciglio. E con ciò il conto finale del ristorante non accusa colpi. Il costo delle materie prime è molto basso e il food cost praticato ampiamente remunerativo. E il gioco regge perché si basa su un gusto che accontenta tutti e non si affida a estremizzazioni, somme di ingredienti irriconoscibili e apparati iconografici che senza il sostegno del marketing non resisterebbero…
Pasta e croste di formaggio e il banco vince. E con lui lo chef Alberto Quadrio. E che la cosa funzioni, lo dimostrano i tanti ristoranti che hanno messo in carta questo piatto… Il tutto senza bisogno di pagare qualche food blooger per avere prenotazioni o per riempiere qualche convegno o congresso sulle nuove mode in cucina, destinate magari a durare solo qualche battito di ciglia.
L’alta ristorazione vince quando incontra il gusto dei consumatori
Se vogliamo mettere una parola di conclusione, l’esempio del ristorante dell’hotel Portrait di Milano dimostra come la crisi di alcuni ristoranti di fine dining non è causata - come in troppi continuano a scrivere – dall’aumento dei costi di gestione o dalla mancanza di personale. Dopo la pandemia, molti ristoranti di alto livello si sono trovati a dover ripensare la loro offerta culinaria per adattarsi alle nuove esigenze dei clienti che nel lockdown avevano forse ritrovato il gusto per le materie prime e i prodotti sani. Una prospettiva che da anni Italia a Tavola indica con chiarezza. C’è chi ha saputo reagire a questa situazione, proponendo un menu più sobrio ma altrettanto gustoso. E c’è chi invece registra solo coperti vuoti in crescita perchè resta legato a schemi superati dalla realtà.
Anche un “Pasta in bianco” può essere costosa se piace…
Per quanto riguarda invece la questione “prezzo” al pubblico c’è da dire che davvero questo discorso non conta molto, salvo che su piano etico… Ma qui si aprirebbero dibattiti infiniti che coinvolgono il veganesimo invece che la farina di grilli o la carne sintetica. Se una cosa piace la si può e la si deve pagare anche a tavola. Nessuno è obbligato ad andare in un certo ristorante, così come non è obbligato a pagare il biglietto allo stadio in tribuna o a iscriversi al più esclusivo club del tennis sul lungo Tevere. L’importante è che sia chi paga quel prezzo, sia chi lo incassa, paghi le tasse.
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Alberto Lupini
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