Selvatica, ritorno al passato e nuove frontiere della selvaggina in 35 ricette

L'antica tradizione della selvaggina si reinventa in chiave moderna, conquistando le cucine dei rinomati chef italiani. Il libro presenta 35 ricette originali, di cui 10 firmate da Igles Corelli, con foto di Davide Dutto

08 gennaio 2024 | 09:30
di Piera Genta

La selvaggina, protagonista sin dall’antichità della cucina italiana, si rifa il look ed entra nelle cucine dei grandi cuochi. 35 le ricette originali con tecniche di cottura più moderne di cui 10 firmate da Igles Corelli, è stato tra i primi a sdoganare la selvaggina nelle cucine dell’alta ristorazione, a cui si aggiungono i contributi di altri colleghi, tutte illustrate dalle foto di Davide Dutto.

Un modo per ribadire il valore - organolettico e salutistico - di carni di animali diversissimi da quelli allevati, perché hanno vissuto liberi in habitat incontaminati. La valorizzazione di queste carni può diventare una risorsa per la promozione di un territorio che rischia l’abbandono anche per l’insostenibilità di un’economia agricola tradizionale.

Selvatica, riflessioni e ricette degli chef sulla selvaggina 

Giancarlo Morelli ricorda che “la selvaggina va addomesticata partendo dalle sue specificità, intuendone i risvolti e le potenzialità per renderla adeguata alla modernità”. Pensieri e ricette tra cui Davide Scabin col suo Piccione tra mare e terra e il suo amore per le ricette di selvaggina che lo portano in “un ritorno atavico all’essenza”. Philippe Leveillè del Miramonti l’Altro a Moncesio con la ricetta del Royale di Cervo che sottolinea che la selvaggina è spesso dimenticata nell’alta cucina forse perché è “troppo intensa e troppo profumata per la nostra epoca”.

Interessanti le riflessioni delle donne-chef: Isa Mazzocchi, chef de La Palta a Borgonovo Val Tidone, racconta che, cresciuta tra cacciatori in un paesino di cento abitanti, quando cucina la cacciagione ancora si immedesima nelle donne del passato che con cura e amore cucinavano le prede portate dai mariti (anche se le sue tecniche sono quelle sopraffine del maestro Georges Cogny!).

Fabrizia Meroi del Laite a Sappada, sottolinea con forza che la cucina di caccia è patrimonio culturale di un territorio che unisce passato e futuro all’insegna del rispetto della natura. Maria Grazia Soncini della Capanna di Eraclio a Codigoro in provincia di Ferrara, ricorda di quando andava incontro al papà cacciatore di ritorno dalla battuta. Aveva solo 5 anni e già aiutava mamma nella preparazione.

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