Dai Sostegni un "tesoretto" di 5,6 miliardi di euro da spendere. Ristoranti: puntiamo su lavoro e fisco

Dai risparmi derivanti dagli aiuti a fondo perduto previsti dai due decreti Sostegni emerge un gruzzolo da 5,6 miliardi di euro. Come utilizzarli? Il mondo della ristorazione qualche idea ce l'ha . Roberto Calugi (Fipe): «Priorità alla decontribuzione del costo del lavoro e taglio alle cartelle esattoriali»

25 giugno 2021 | 12:19
di Nicola Grolla
Un tesoretto da 5,6 miliardi di euro spunta dalle mancate spese dei fondi messi a disposizione delle imprese dal decreto Sostegni e Sostegni Bis (che, insieme, valevano circa 16 miliardi di euro di aiuti a fondo perduto). Cosa farne? Detto che alcune cifre sono già opzionate da emendamenti, correttivi, proroghe e prossima Legge di Bilancio, c’è margine per intervenire anche sulla ristorazione che, dopo le prime riaperture del 26 aprile (solo all’esterno), la ripresa del servizio in sala dell’1 giugno e la fine del coprifuoco (dal 21 giugno su tutto il territorio italiano) si trova di fronte a una ripartenza che ha bisogno di essere ancora sostenuta per tornare ai livelli pre-pandemici.



Roberto Calugi (direttore Fipe): «Dare priorità al taglio del costo del lavoro»

«Gli interventi che si potrebbero attuare sono diversi. Innanzitutto, però, mi concentrerei sul costo del lavoro attraverso una reale decontribuzione che permette un beneficio tanto ai lavoratori quanto ai titolari delle imprese della ristorazione affinché sia facilitato il ritorno al lavoro e il recupero di quel personale di cui il settore ha tanto bisogno per affrontare la stagione», afferma Roberto Calugi, direttore Fipe-Confcommercio. Con lo scoppio della pandemia, infatti, bar e ristoranti hanno perso circa 240mila dipendenti, di cui circa 116mila a tempo indeterminato. Peccato che il progressivo allentamento delle limitazioni non sia coinciso con un altrettanto progressivo recupero della forza lavoro. Ad oggi, secondo Fipe, l’ammanco è di circa 150mila unità. Dato su cui, inoltre, incidono fattori esogeni come la “troppa” convenienza degli strumenti di sostegno al reddito che mettono in concorrenza un’entrata statale sicura a fronte di un ritorno al lavoro considerato ancora instabile (nonostante l’avanzata della campagna vaccinale e il ritorno alle normali abitudini di consumo, soprattutto nel fuori casa).

Parallelamente agli interventi sul lavoro, sarebbero utili anche «incentivazioni fiscali per l’ammodernamento e la riqualificazione degli spazi dedicati alla ristorazione», sottolinea Calugi. Inventivi che potrebbero andare dall’aggiornamento delle strumentazioni alla ristrutturazione dei locali, per non parlare del credito d’imposta sui canoni di locazione che darebbe maggiori margini di intervento agli affittuari salvaguardando il rapporto con i locatori.



Effetto delle chiusure, smart working, turisti: i tre fronti su cui intervenire

In generale, comunque, non sarebbe male pensare a interventi di sostegno per traghettare le aziende al di là del guado della crisi generata dagli effetti della pandemia sulla società: «Le riaperture sono sicuramente un segnale positivo, ma non dimentichiamoci che le difficoltà di contesto non mancano. In primo luogo, va ricordato che le aziende della ristorazione sono rimaste chiuse, a eccezione del servizio di delivery e asporto, anche per i primi quattro mesi di quest’anno i cui incassi sono andati persi. In secondo luogo, c’è il tema dello smart working che, soprattutto nelle grandi città, rappresenta un’insidia per bar e locali pubblici che avevano nella pausa pranzo il proprio core business. Con parte dei dipendenti pubblici e privati ancora in regime di lavoro da remoto, manca una fetta importante della clientela. Infine, il traffico turistico che vale circa 10 miliardi di euro. I viaggiatori stanno tornando ma si contano sulle dita di una mano. Insomma, con le riaperture le aziende sono tornate sicuramente a produrre ma non sono scomparsi magicamente i problemi», afferma Calugi.

Fisco più tollerante, non solo a livello di tempistiche

Fra le cifre “opzionate” ci sarebbe già anche quella per la proroga dell’invio delle cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Lo stop, attualmente, dovrebbe decadere il 30 giugno ma è probabile che venga ulteriormente prorogato di due mesi grazie a un fondo di circa 600 milioni. Una boccata d’ossigeno per le imprese in difficoltà finanziaria. «È evidente che si è dovuto dar fondo al cassetto per star dietro a tutte le incombenze in un momento in cui non si fatturava con la conseguenza che le spese non necessarie alla sopravvivenza sono state posticipate. Detto ciò, più che una proroga delle cartelle esattoriali, sarebbe opportuno proporre una riduzione delle stesse. In questo modo si darebbe più ossigeno alle casse delle società in un momento di ripresa e si incentiverebbe il pagamento delle esposizioni debitorie», afferma Calugi.

Rifinanziare il Bonus ristorazione? «Non con questo bando»

Sempre in termini di ripresa, un aiuto concreto potrebbe arrivare dal Bonus ristorazione che prevede un incentivo fiscale a quelle aziende della ristorazione che decidono di rifornirsi con prodotti 100% Made in Italy. Su piatto, l’allora Governo Conte II aveva messo circa 600 milioni di euro. Possibile immaginare un ulteriore allargamento del budget a disposizione (come suggerito dal sottosegretario all’Agricoltura, Gian Marco Centinaio a Italia a Tavola)? «Solo a patto che il bando venga totalmente riscritto. Per come sta andando ora, con un’azienda su quattro che ha fatto domanda ancora in attesa di ricevere i ristori economici a otto mesi dall’avvio dell’intervento, siamo di fronte a un fallimento», taglia corto Calugi.

Tavolini, spazi esterni e dehors «hanno salvato posti di lavoro e portato allegria nelle città»

Maggiore apertura, invece, sulla sospensione della tassa di occupazione di suolo pubblico che ha permesso a ristoranti e bar di sfruttare con maggiore agio (sia economico che di servizio) spazi esterni e dehors e potrebbe diventare un meccanismo si sostegno strutturale anche per il post-pandemia. «Credo sia sotto gli occhi di tutti che aver concesso spazi alla ristorazione abbia salvato posti di lavoro e portato allegria nelle nostre città nel momento in cui gli italiani si riprendevano la propria libertà. Mi auguro davvero che, con ordine e rispetto delle regole, senza improvvisazione, ci sia la possibilità di vedere meno macchine parcheggiate e più tavolini apparecchiati. Questa potrebbe diventare davvero una caratteristica peculiare delle nostre città nel prossimo futuro», auspica Calugi.

E in questo senso va letta, per esempio, la proposta del Municipio 1 di Milano. Nel tentativo di pacificare il rapporto fra esercenti e residenti dopo periodi di tensione e malamovida, l’organo amministrativo del centro storico ha approvato un ordine del giorno che, fatta salva qualche comprensibile limitazione, mette in campo un nuovo “patto territoriale” per lo sviluppo di aree ad hoc dove ospitare sedie e tavolini.



Gli interventi già in programma

Come detto in apertura, va ricordato che dei 5,6 miliardi risultanti dal risparmio sui decreti Sostgeni alcune cifre sembrano già opzionate (sebbene soggete alla discussione parlamentare ed eventuali modifiche). Nel dettaglio, come riporta Il Sole 24 Ore, si parla di circa 3 miliardi già bloccati da eventuali modifiche e correttivi al Sostegn Bis in fase di conversione in legge. Oltre a ciò, circa 680 milioni dovrebbero andare al rifinanziamento delle legge Sabatini che incentiva il rinnovo di strumentazioni e macchinari per le piccole e medie imprese. Altri 4-500 milioni dovrebbero essere utilizzati per la rottamazione di altre cartelle esattoriali di piccoli importi. Il resto dovrebbe essere destinato agli aiuti agli agricoltori per le perdite subite dalle gelate di questa primavera, alle fiere, al superbonus per gli alberghi (attualmente esclusi nonostante le promesse iniziali) e l'allungamento della moratoria sui prestiti (attualmente in scadenza il 31 dicembre).



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Alberto Lupini


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