Anche le parole, con i loro suoni e i loro colori (sì, le parole sono colorate!) vivono le onde delle mode: quando cresta, quando ventre; insomma, quando in voga e quando in oblio. Ecco, se c’è una parola che va di moda oggi, questa è “sostenibilità”, o meglio “sostenibilità ambientale”. È un po’ come il sale e il pepe nelle ricette: all’ultimo rigo, ma comunque onnipresenti, con l’avvertenza “q.b.” che sta per “quanto basta”. Ed è così che il relatore di turno, calibrando enfasi e pause, si avvia al closing dell’intervento affermando che l’ente presso il quale egli opera è sostenitore convinto della... sostenibilità ambientale! Sarà poi sempre vero? E “quanto” sarà vero?
Innanzitutto, che cos’è, oltre l’effimera moda, la sostenibilità ambientale? L’assunto basilare è semplice, dannatamente semplice; nessuno può fare finta di non capirlo, per quanto esso è semplice: le risorse del nostro piccolo pianeta non possono essere sfruttate e utilizzate infinitamente.
Reminiscenze liceali opportunamente ci sovvengono; si tratta delle prime due leggi della termodinamica:
- l’energia non può essere né creata né distrutta, può solo essere trasformata;
- ogni volta che l’energia subisce una trasformazione vi è una perdita di quantità di energia disponibile per il futuro.
Pertanto, in prima lucida approssimazione, possiamo asserire che la sostenibilità ambientale, ben lungi da essere di ostacolo alla crescita, è invece il modello grazie al quale lo sviluppo avviene nel rispetto delle risorse e nel loro oculato utilizzo.
Una pratica che deve essere perseguita e attuata da tutti noi
La sostenibilità ambientale non è di esclusiva pertinenza degli addetti ai lavori. Tutt’altro! Scopriamo che la sostenibilità ambientale o è pervasiva, ovvero consapevolmente perseguita e attuata da tutti noi, oppure semplicemente NON è, nel senso che non va oltre la superficiale dichiarazione di intenti che deterge coscienze sporche per renderle pulite agli occhi e alle orecchie di chi ascolta.
La sostenibilità ambientale è una catena composta da tre grandi player: i produttori, i distributori, i consumatori. Che sia una catena è immagine voluta che implica un quesito. Quanto è debole una catena? Risposta non sintetica, ma efficace nella sua apparente ridondanza: una catena è debole per quanto è debole il suo anello più debole. Proprio così: due anelli sono saldi e forti ed uno, soltanto uno, è debole? Niente da fare: la catena è terribilmente debole. Quindi, o tutti e tre gli anelli costituiti da produttori, distributori e consumatori sono forti nel loro coerente e concreto apporto al valore della sostenibilità ambientale, oppure amaramente constatiamo che si parla di sostenibilità ambientale perché “fa chic”, perché è di moda, perché ci mette sotto highlights per qualche minuto quando accoratamente ne parliamo, giurando che ne siamo paladini.
Una nuova etica della community: green economy ed economia circolare
I cardini della sostenibilità ambientale sono intrigante intreccio tra epocali decisioni strategiche e formidabili assunzioni di responsabilità volte a determinare una nuova etica della community:
- Sostenibilità ambientale = energia sostenibile. Energia sostenibile = abbandono delle fonti fossili e passaggio all’utilizzo di fonti di energia rinnovabili.
- Sostenibilità ambientale = comunità sostenibili. Comunità sostenibili = comunità che scelgono uno stile di vita rispettoso delle risorse dell’ecosistema.
Proviamo a rendere più facilmente visibile e tangibile la prassi della sostenibilità ambientale. Ciò ci risulta agevole se introduciamo quanto sta divenendo, in linea con le strategie dell’Ue, il nuovo assetto del Belpaese che va disegnandosi coerentemente al non ancora ben noto Pnrr. Parliamo di “green economy” e di “economia circolare”. Green economy ed economia circolare, tra esse correlate, sono il cuore della nostra sfida per il futuro per la qualità della vita delle giovani generazioni. Nell’epoca di transizione in cui i giacimenti fossili diventano poco accessibili, in coerenza al percorso virtuoso della sostenibilità ambientale, stiamo scoprendo che l’Italia ha un ricco giacimento che stiamo cominciando adesso a scoperchiare: l’economia circolare!
Il rating di sostenibilità, cruciale per l’accesso delle imprese al credito
Le imprese che avvedutamente decidono di investire su modelli sostenibili, sulla sostenibilità ambientale, aumentano la loro competitività con effetti positivi su export, fatturato e occupazione. Ed è qui che i primi due anelli della catena - produttori e distributori, che mettiamo insieme denominandoli imprese - trovano un primo impatto che va oltre parole e dichiarazioni di facciata. Stiamo parlando del rating Esg o “rating di sostenibilità”, un giudizio sintetico che certifica la vera sostenibilità dell’impresa.
L’impresa sostenibile è attenta ai tre fattori Esg:
- “E” sta per Enviromental, ovvero il fattore ambientale. L’impresa sostenibile considera i rischi legati ai cambiamenti climatici e quindi è attenta alla riduzione delle emissioni di CO2, all’efficienza energetica, all’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali. L’impresa sostenibile adotta politiche contrastanti l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e lo spreco delle risorse naturali e alla deforestazione.
- “S” sta per Social, ovvero il fattore sociale. L’impresa sostenibile è attenta alla qualità dell’ambiente di lavoro, alle relazioni sindacali, al controllo della catena di fornitura, alle diversità di sesso, abilità ed età, agli standard lavorativi, alle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro, al rispetto dei diritti umani e ad una assunzione di responsabilità sociale a tutto tondo.
- “G” sta per Governance, ovvero il fattore di governo societario. Questo fattore attiene all’etica e alla trasparenza del governo societario; riguarda altresì la presenza di consiglieri indipendenti o non esecutivi, le politiche di diversità nella composizione dei cda, la presenza di piani ed obiettivi di sostenibilità legati alla remunerazione del board, oltre che le procedure di controllo, le policy e più in generale i comportamenti dei vertici dell’azienda in termini di etica e compliance.
I rating Esg sono sempre più cruciali per l’accesso delle imprese al credito.
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Dop economy e agricoltura sostenibile
Nello specifico dell’agroalimentare, come ben sappiamo, l’Italia con 842 denominazioni e` prima in Europa per prodotti agroalimentari e vitivinicoli registrati e protetti: 581 Dop, 257 Igp, 4 Stg. Seguono Francia (696), Spagna (344), Grecia (260) e Portogallo (182). I prodotti Dop e Igp contribuiscono al 21% dell’export del settore agroalimentare italiano, che nel 2021 ha realizzato il record storico nelle esportazioni per un valore vicino ai 52 miliardi (+11%). La qualità del nostro agroalimentare di eccellenza ha creato la cosiddetta “Dop economy”, che è sempre più legata alla sostenibilità. Significativo un dato: tra il 2011 e il 2019 l’agricoltura italiana ha registrato un -32% nell’utilizzo di prodotti fitosanitari, confermandosi così la più sostenibile d’Europa. Il comparto italiano con 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente prodotte risulta essere più virtuoso di Francia (76 milioni di tonnellate), Germania (66 milioni) e Spagna (39 milioni).
L’Italia ha le risorse per contribuire a combattere la crisi globale
Cosa auspichiamo che sortisca da questo scenario? Siamo in un momento delicato per tutto il pianeta, e bello sarebbe se nel credere alla spinta propulsiva che il nostro Paese può dare, così come accadde nel mondo con il nostro Rinascimento, ritenessimo possibile arrecare contributo importante per affrontare le tre crisi concomitanti che innescano la tempesta perfetta: il post pandemia (ma è davvero “post”?), il caro bollette/inflazione/carovita, l’invasione russa dell’Ucraina.
Hic et nunc possono tornare ad essere vincenti la nostra identità e il nostro modo di fare economia, il nostro modo di vivere. In particolare:
- la confidenza che abbiamo con la bellezza,
- i nostri legami naturali e atavici con comunità e territori,
- il nostro senso dell’ospitalità,
- la competitività,
- la coesione sociale,
- la flessibilità produttiva,
- il tenere insieme innovazione e tradizione,
- la propensione dei giovani all’utilizzo delle nuove tecnologie.
Tutto ciò, ma proprio tutto tutto, ha sua percorribilità se e solo se la catena della sostenibilità ambientale è costituita da tre anelli forti, forti tutti e tre.
Il ruolo fondamentale degli operatori dell’accoglienza
Per quanto ci attiene, sanno e vogliono gli operatori dell’hospitality assumersi la responsabilità collettiva di perseguire per davvero - e non tanto per far vedere, giusto per finta - la prassi della sostenibilità ambientale? Posto che lo facciano - ed in molti lo fanno - sanno e vogliono comunicarlo per bene? Vorranno finalmente comprendere che ci sono utilizzi sapienti dei social che vanno oltre i selfie e l’autoreferenzialità? Attivare con coscienza e diligenza il percorso ineludibile della sostenibilità ambientale è doveroso. Saperlo comunicare costituisce anche un dovere verso tutti gli stakeholders, oltre che una legittima soddisfazione per la condivisione della buona prassi.
Attenzione a chi fa finta di perseguire l’obiettivo della sostenibilità ambientale
E i consumatori? Ovvero noi tutti? Raccolta differenziata, riciclo, riuso, economia circolare, green economy. Dal risveglio al riposo notturno, mille i momenti in cui consapevolmente possiamo, anzi dobbiamo, praticare la sostenibilità ambientale. Esistono per fortuna tante persone che alla sostenibilità ambientale credono fermamente: belle persone, di cui siamo orgogliosi. Esistono però anche tante persone - lo si afferma con cruccio - che alla sostenibilità ambientale proprio non credono, niente da fare. Non credono al cambiamento climatico, al “global warming”. Per tornare a quanto si diceva all’inizio, a costoro delle due prime leggi della dinamica poco importa. Quanto dispiace constatare che costoro non sono in numero esiguo, ahinoi. E sono al nostro fianco nella quotidianità.
Fossero finite qui le categorie, poco male... E invece no! Dobbiamo lanciare un warning: l’esistenza di una terza categoria costituita da coloro i quali fanno finta di perseguire l’obiettivo della sostenibilità ambientale. Ecco, costoro sono pericolosi. Hanno taglio netto tra il talking e il doing. Parlano in un modo e agiscono in un modo del tutto diverso da quanto allegramente detto a parole. Sono i greenwasher, che praticano il cosiddetto “greenwashing”: vogliono far credere che hanno sensibilità verso la sostenibilità ambientale, ma non ne hanno.
A costoro vorremmo ricordare la definizione di sviluppo sostenibile, prodromo dell’attuale concetto di sostenibilità ambientale, che l’Onu formulò nel lontano 1987: «Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere le possibilità delle generazioni future». In altre e alte parole, è il monito ben conosciuto: il pianeta appartiene alle generazioni a venire; ce lo hanno dato temporaneamente in custodia onde preservarlo al meglio. Sta a noi restituirlo in condizioni tali da renderlo felicemente vivibile.
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Alberto Lupini
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