Tripadvisor e i social network della cattiveria (e della speculazione)

Quello delle recensioni online è un sistema subdolo, cattivo, che rende complicata la vita di ristoratori e albergatori. Noi di Italia a Tavola, da sempre in prima linea contro questi strumenti, ci siamo fatti delle domande : quando diventa inaccettabile questo sistema di recensioni? Quanti danni può procurare, in soldoni, una recensione, un post falso e al limite della diffamazione?

30 settembre 2023 | 05:00
di Roby Rossi

Si gioca sempre sul filo della legalità e della legittimità. È come una droga: prima si crea una dipendenza poi si trova il business nel torbido delle regole e delle leggi. Pensare ai social network (la droga) e al diritto alla privacy (la legge) è tra i più grandi paradossi possibili. Entrare in questo tema, quello dei paradossi, è aprire una disquisizione filosofica tanto interessante e curiosa, quanto infinita. Solo per intenderci minimamente, rifacciamoci a Karl Popper, uno tra i maggiori esponenti della filosofia del '900. Per definire l'esempio lampante del paradosso Popper, nel suo libro "La Società Aperta e i suoi Nemici", si rifà al concetto di tolleranza (sempre, e più che mai, attuale) e si interroga su questa ragione attraverso una domanda: la libertà può essere sempre illimitata?.. e non c’è un tremendo pericolo nel superare certe soglie di libertà? Il pensiero di Popper si esaurisce così: “La tolleranza illimitata, rispetto al concetto di libertà, porta inevitabilmente alla scomparsa della tolleranza. Se noi rivolgiamo tolleranza illimitata anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo pronti a difendere la società dalle offese devastanti dell’intollerante, il tollerante sarà distrutto, e con lui la tolleranza”. I due estremi che si toccano e si fondono per diventare un tutt'uno, dove il confine sfuma e gli opposti si incontrano per non distinguersi più. Esattamente come il concetto di privacy e social network. In un mondo normale, dove ai vertici c'è gente sana che vuole una società sana, non inventi i social se vuoi tutelare la privacy delle persone. Il problema è che non viviamo in un mondo normale e che ai vertici non c'è gente sana.

Social e privacy, come è cambiato il mondo della comunicazione?

Il mondo del virtuale ha portato a nuovi sistemi di comunicazione, annullando il valore della fisicità a dispetto dell'immaginario. Rispetto ad un tempo, ora il mercato vende un'idea, più che un prodotto. La società si compone di amici virtuali più che di compagnie reali. Le piazze frequentate sono dietro uno schermo piuttosto che nel cortile sotto casa o alla fermata 11 del bus municipale. E con Meta arriveremo a viaggiare e conoscere (si fa per dire) luoghi lontani migliaia di chilometri, rimanendo seduti sul divano. E lo pagheremo questo viaggio con denaro reale, quello guadagnato con il nostro lavoro quotidiano, se riusciremo a salvarci qualcosa. Per fare questo l'agenzia online, che vende viaggi virtuali, deve conoscere i tuoi gusti, i tuoi tempi, le tue abitudini, le tue frequentazioni, ma anche dove vivi, dove vai la sera, cosa mangi, bevi, consumi, con chi e quando, come, perché. Tutto devono sapere di te. E la privacy? Semplice, sei tu a dare loro accesso alla tua vita privata e intima. Scegli che ti va bene così? Lo consenti perché sei daccordo? Non proprio... Sei costretto. Un po' come in tempo di pandemia, quando ti dicevano che non sei obbligati a vaccinarti, ma se non lo facevi non potevi più lavorare, quindi mangiare, quindi sopravvivere. La pandemia come la privacy: ipocrisia.

Chi non è costretto a navigare il web oggi? Chi può fare a meno dello smartphone oggi? Ecco, la tua privacy è già fottuta. Vero, esiste lo 0,008% al mondo che non naviga e non ha smartphone, quindi puoi farlo anche tu. Provaci e poi mi dici. Purtroppo siamo dentro un mondo che vuole questo, siamo come ci hanno formati, siamo come Pasolini temeva diventassimo attraverso il sistema della scuola e delle istituzioni. Poi, per chiudere quel cerchio dove gli opposti ti toccano e si fondono, è arrivato il sistema della finanza. La scuola ti insegna e ti cresce istruito per essere libero, la finanza ti ingabbia e ti rende dipendente, prigioniero. Cosa siamo quindi? Liberi prigionieri.

E i social? I social sono quello strumento attraverso il quale offri te stesso nudo e crudo. E fai anche di più. Sei tu stesso a renderlo più forte e più potente. E quindi più oppressivo. Creandoti il tuo account, inserendo i tuoi dati, scrivendo le tue opinioni, i tuoi pensieri, le tue ragioni, le tue soluzioni... e lejòsonfè! Si scopre così che il tuo italiano è in realtà un itagliano, che la scuola che hai fatto è una squola, che il braccio destro completamente esteso in avanti e alzato di circa 135 gradi rispetto all'asse verticale del corpo con il palmo della mano rivolto verso il basso e le dita unite è il tuo saluto. Si capisce così che sei il deficiente perfetto. E ti sei dato in pasto. A chi? A questi che sono strumenti di controllo e di “educazione” della società. La verità, però, è che non è necessario essere per forza un deficiente perfetto per entrare nella “rete” e renderti vulnerabile. Sono mille le trappole che ti rendono nudo. E tutti siamo un po' nudi e indifesi di fronte ai social. Con i social puoi vendere ciò che non hai e dire ciò che non è.

Italia a Tavola da sempre in prima linea contro le false recensioni

Come Italia A Tavola siamo stati tra i primi ad affrontare questo problema, serio e delicato. In accordo con alcuni ristoratori abbiamo voluto svelare la fragilità e la criticità di questi strumenti, portando in evidenza una totale mancanza di controlli e, conseguentemente, di affidabilità. In un caso abbiamo scelto come location il lago di Garda, meta di un turismo internazionale che accoglie noti imprenditori di alto livello. È bastato un solo mese per portare in cima alle classifiche di TripAdvisor un ristorante di Moniga sul Garda totalmente inesistente! Come? Semplice! Creando un profilo falso e inserendo 10 recensioni tarocche. Vale solo per i ristoranti? Macchè, la stessa cosa l'abbiamo testata con un hotel. Stessa procedura, con l'unica differenza che l'Hotel Torino, questo è il nome della struttura, è esistito veramente, ma era chiuso da 3 anni. È bastata qualche immagine accompagnata dalla relativa recensione e l'Hotel Torino è tornato magicamente in vita, ma non solo... È anche balzato, in brevissimo, ai primi posti delle classifiche dei migliori hotel di Chiavari. Era il 2015. Da allora le cose sono migliorate? Proprio no. Un altro caso più recente che ha contribuito a rendere poco credibile uno tra i social più diffusi in tema viaggi è quello del The Shed at Dulwich, un ristorante londinese balzato in cima alle classifiche del social in pochi mesi. Ottime recensioni, una location top, piatti eccellenti ed uno chef quotatissimo. Tutto inesistente.

Tuttavia questi strumenti sono tra i più utilizzati dai turisti (meno dai viaggiatori che tengono tra le mani magari una Routard o una Lonely Planet), i quali, a volte, si sentono “esperti del viaggio, della cucina, del vino, dello scibile umano” un po' perché, frustrati da una vita triste, devono darsi un tono, un po' perché il social gli riconosce tale merito. E allora succede che si siedono al tavolo di un ristorante, ordinano, mangiano fino all'ultima briciola di pane, pagano con il sorriso, escono e si tronfiano aprendo il social e scrivendo la loro bibbia. Ad esempio, un locale classificato con 4,5 pallini (su 5) tal Mariangela scrive “Mia sorella aveva prenotato per la sera del 14 agosto con un anticipo di una settimana, richiedendo esplicitamente il posto sulla famosa terrazza sui sassi. Giunti alla fatidica sera, all'ingresso la titolare (forse) ci accoglieva dicendo che il nostro posto era all'interno in una stanza calda e con finestra chiusa. Alle nostre rimostranze la tipa affermava di non aver messo nessuna T affianco alla prenotazione e che NOI non avevamo richiesto il posto fuori. Peraltro un piccolissimo cartello avvisava che, per ragioni tecniche, quella sera non c'erano pizze .La notte di ferragosto! Ce ne siamo andati. Professionalità veramente poca!”. Tal Gaetano, 4 recensioni scritte, di cui 2 da massimo punteggio e due da minimo punteggio, commenta “Pizze crude, non portano da bere e sedie rotte. Camerieri tristi e senza voglia, sbagliano gli ordini. Inoltre non c'è nessuna precauzione riguardo la pandemia e il servizio non offre GPS in caso di rapimento”. Avete letto bene“ il servizio non offre GPS in caso di rapimento”. E poi mille altri di questo tipo.

Dove si cela la furbata delle recensioni?

Questi social sono strumenti che si vendono al ristoratore, all'albergatore e a tutti gli operatori del turismo e dintorni. La regola è “se mi paghi puoi avere una posizione di visibilità e, soprattutto 'gestiamo' noi le tue recensioni...”. È così che la credibilità di questi social va a farsi fottere in un battibaleno. La strategia è infida, subdola. Io social lascio che chiunque possa giudicare il tuo locale o servizio e alla prima recensione parte il tuo profilo. Poi è un gioco da ragazzi, o meglio da venditori, esporti più alle buone recensioni piuttosto che alle cattive. E se c'è qualche recensione che è al limite della diffamazione decido se pubblicarla oppure no. Ovviamente è no se sei cliente, cioè se hai pagato per “gestire” il tuo profilo...

Quando diventa inaccettabile questo sistema di recensioni?

In amore e in guerra tutto è lecito, scriveva Francis Edward Smedley a metà '800. Oggi, nel nuovo millennio, a distanza di quasi due secoli, si può aggiungere che anche in affari tutto è lecito! Per questo esistono metodi che con la discrezione, il buongusto e il rispetto per le persone, se il fine è il denaro, non c'è limite a nulla. Nemmeno alla legalità, tant'è che all'interno delle imprese, soprattutto delle multinazionali, il legale è immancabile e anche il più affaccendato. Aprire e rendere pubblico un giudizio su una prestazione, con l'avvento dei social è diventato normale, ma anche delicato e spesso può sconfinare nella diffamazione. Non solo. È facile, come abbiamo visto, distorcere la verità e diffondere false notizie. Il web poi fa il resto, con la propagazione della cosiddetta fake che, in pochissimo tempo, diventa realtà.

Quanti danni può procurare, in soldoni, un commento, una recensione, un post falso e al limite della diffamazione?

È la domanda che, prima di scrivere giudizi estremi, dovremmo porci tutti. Ce lo spiega Marco, titolare di una pasticceria in provincia di Milano, che per un post di un profilo poi scoperto falso, si è trovato al centro di un caso che ha messo a rischio il buon nome della sua attività, risalente agli anni '60, ereditata dai genitori. «Una mattina mi arriva una foto sul cellulare - ci racconta Marco - con un link che rimandava ad un famoso social. Clicco sopra e inizia l'incubo... un tale individuo, con tanto di nome e cognome, aveva pubblicato una foto di un pasticcino aperto con a fianco un insetto, sostenendo che l'aveva comprato qui, allegando scontrino e foto della vetrina della mia pasticceria. L'insetto era stato trovato dentro il pasticcino comprato da me e da quel giorno nei bar e nelle piazze del paese non si parlava d'altro. Insieme al male fisico che ho provato, persi tutti gli ordini di torte nuziali, le forniture ai bar dei croissant che servivo da anni e il negozio si è svuotato in un istante». L'episodio, tra l'altro, capitava in periodo di pandemia, per cui un'economia già ridotta rischiò di decretare la fine dell'imprenditore. Poi si scoprì che il profilo era un fake e che il post era totalmente inventato. Però il danno era ormai fatto.

I ristoranti sono i più martoriati da questo sistema malato. Ne abbiamo parlato con Giada che gestisce un locale nel nord della Sardegna, tra l'altro molto apprezzato. «Noi abbiamo diversi locali tra qui e l'Emilia - ci racconta Giada - e siamo costretti a cedere alle logiche dei social, anche se a malincuore... Ormai viaggia quasi tutto su questi canali che, molto spesso, sfuggono alla realtà delle cose, ma soprattutto diventano strumenti che attaccano la dignità e il rispetto delle persone». In effetti questo è uno degli aspetti più delicati e dolorosi del mondo social. Sappiamo bene, purtroppo, che la rabbia e l'insofferenza delle persone viene sfogata qui sopra e leggiamo ogni giorno insulti, parolacce e cattiverie di ogni tipo verso chiunque. «Noi abbiamo molti ragazzi giovani nello staff - continua Giada - che prendiamo, ogni stagione, per crescerli e formarli a questo lavoro, tra cucina e sala. L'offesa verso il ragazzo perché l'attesa del piatto ordinato, secondo il commento, è lunga, o il pesce non è ben cotto o mal cucinato, con parole pesanti verso di noi e dei nostri dipendenti, non può essere accettata e non dovrebbe venire pubblicata. È evidente che le insoddisfazioni e le problematiche delle persone che nascono ben prima di giungere al locale vengono sfogate in questo modo. Ed è altrettanto ovvio che noi non possiamo trasformare una persona che vive male, che ha difficoltà di relazione, o non conosce la correttezza e il rispetto, in un cliente sereno e onesto, capace di apprezzare e, nel caso, anche di sollevare una critica che può essere anche utile e costruttiva per noi».

Che rumore fa la felicità? Nessun rumore in confronto ad un insulto gridato

Si sa, è sotto gli occhi di tutti, che i social hanno la capacità di colpire al cuore chiunque, data la sua natura di invisibilità, ed è capace di mostrare la parte peggiore dell'essere umano. Infelicità e rabbia bruciano nello stomaco, tanto da dover essere gettati fuori, come un vulcano in eruzione. Questa è la consapevolezza di chi lucra dai social. Un campo di guerra dove cadono, ogni giorno, migliaia di vittime colpite dalla cattiveria dei commenti, delle recensioni. Basterebbe pensare che dietro una feroce critica, un pesante commento, un'offesa diretta, c'è una persona, c'è un lavoratore, c'è fatica e impegno. Dietro ad un rutto di rabbia c'è la voglia di un ragazzo di imparare, di crescere, di costruirsi il suo futuro.

Tutti possiamo sbagliare, ma guarda a caso è raro che la critica arrivi al momento del servizio. È più facile, e assolutamente più bello e più godibile, ruttare sul social l'insoddisfazione di un momento, che è figlia di un animo infelice, contraccambiata da un piccolo momento di triste gloria, quella dei like! D'altronde, sui social, pagano di più la cattiveria e le maleparole confronto alla gentilezza, la cortesia e l'educazione, ormai propri di un'umanità sempre più esigua. Come cantano i Negrita “...mentre il senso delle cose muta / ed ogni sicurezza è ormai scaduta / appassisce lentamente / la coscienza della gente... che rumore fa la felicità”.

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024