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Tornano in aula 8,5 milioni di alunni, ma per le mense non basta

Con la sola Valle D'Aosta in zona rossa, da lunedì 3 maggio tornano sui banchi circa 8,5 milioni di studenti. Una buona notizia a metà per gli operatori della ristorazione collettiva alle prese con le rinegoziazioni

di Nicola Grolla
03 maggio 2021 | 12:41

Tornano in aula 8,5 milioni di alunni, ma per le mense non basta

Con la sola Valle D'Aosta in zona rossa, da lunedì 3 maggio tornano sui banchi circa 8,5 milioni di studenti. Una buona notizia a metà per gli operatori della ristorazione collettiva alle prese con le rinegoziazioni

di Nicola Grolla
03 maggio 2021 | 12:41

Manca solo un mese e anche la scuola, salvo decisioni sulla possibilità di prorogare l'anno ai mesi estivi, terminerà mettendosi alle spalle un anno a singhiozzo come lo era stato il 2020. Con la sola Valle d'Aosta in zona rossa e con le scuole superiori che possono organizzare in autonomia l'attività in presenza dal 70 al 100% degli studenti, però, il mese di maggio sarà la prova generale del ritorno alla normalità che tutti si attendono da settembre. A partire dalle aziende della ristorazione collettiva che gestiscono mense e refettori.

Ultimo mese di sccola e mensa per gli studenti. Ma non basta per rilanciare il settore della collettiva Ultimo mese di scuola al via Ma per le mense non basta

Ultimo mese di sccola e mensa per gli studenti. Ma non basta per rilanciare il settore della collettiva

Da lunedì 3 maggio 8,5 milioni di studenti tornano a scuola

Da lunedì 3 maggio, secondo le stime di Tuttoscuola, saranno circa 7,7-8,5 i milioni di studenti che torneranno sui banchi. Molti di questi, soprattutto i più piccoli, pure al tavolo della mensa. Ma le aziende sono preparate? «Malgrado la situazione a singhiozzo, possiamo dire di essere ripartiti. Certo, il blocco patito non ci ha fatto bene ma ci siamo», commenta Carlo Scarsciotti, presidente di Angem, associazione di categoria degli operatori della collettiva. Ovviamente, protocolli e precauzioni la fanno ancora da padrona in termini di servizio: «Abbiamo un 55-60% di distribuzione dei pasti su più turni nelle aree di refettorio classiche, il 35% all'interno di spazi che i vari plessi scolastici hanno ricavato e riconvertito per la distribuzione del pasto, mentre un 5-10% avviene in aula», specifica Scarsciotti.

Evitato il distanziamento dei tavoli a due metri che «se applicato avrebbe significato la fine della collettiva nelle scuole per mancanza oggettiva di spazio, siamo pronti ad affrontare anche i mesi estivi. Nel caso in cui si decidesse di prorogare l'anno, infatti, non faremmo altro che estendere i contratti a dipendenti e fornitori proponendo un modello che già adottiamo per servire i campi estivi che di solito vengono organizzati in alcuni istituti alla fine dell'anno scolastico», conclude Scarsciotti.

Scuola d'estate? «Non ci aspettiamo grande seguito»

La decisione sull'estate degli studenti, però, è ancora al vaglio dei ministeri competenti. «Ma non ci apsettiamo abbiano grande seguito», commenta Massimiliano Fabbro, presidente di Anir-Confindustria, altra associazione di categoria delle aziende della collettiva. «La situazione delle scuole è quella di un’attività che riprende ma a numeri ridotti. Non sono quelli del capitolato di servizio con volumi ridotti rispetto a quelli sulla base dei quali le aziende hanno prodotto le offerte. Insomma, siamo in situazioni di disiquilibrio economico con gravi perdite», sintetizza Fabbro.

Obiettivo: rinegoziare i contratti

La parola d'ordine, quindi, rimane "rinegozziazione". Un tema su cui si era già espressa Anac prevedendo l'obbligo di tale passaggio alla luce del fatto che la Pubblica Amministrazione ha di fatto rivisto in modo unilaterale i contratti di servizio in essere causa pandemia. «Per la sopravvivenza delle imprese, per garantire qualità ed equiloibrio nei vari servizi che quotidianamente eroghiamo, chiediamo al Governo che la direttiva Anac diventi una norma. Peraltro senza costi aggiuntivi per la Pa che, nel frattempo, ha risparmiato e accontonato gli investimenti necessari. Cosa che non si può dire per le aziende che, a fronte di una caduta dei ricavi, hanno dovuto sostenere costi fissi insopprimibili», puntualizza Fabbro. Sul tema, il 4 maggio si è tenuto un incontro con il ministro competente Renato Brunetta.

Smart working e Pa, primi passi verso la normalità

Sul tavolo il tema dello smart working. Con l'ultimo decreto di proroga dei termini, infatti, è saltato l'obbligo dello smart working al 50% nella Pa. Un segnale di ritorno alla normalità? «Non proprio - risponde Fabbro - Si tratta di un primo passo ma, di fatto, la realtà ci dice che il ricorso al lavoro agile è ancora ampiamente diffuso. A tal proposito, noi non vogliamo entrare nel merito delle soluzioni organizzative, ma diciamo che il Governo deve dare una risposta alle imprese che fanno questo servizio perché ha alterato unilateralmente il modello con cui veniva erogato».

Da parte del ministro Brunetta, grande disponibilità di ascolto sulle istanze presentate da Anir che ha dato la propria disponibilità a ridisegnare il settore: «Vorremmo che la recente proposta di riforma del pubblico impiego consideri il momento del pasto centrale e la ristorazione collettiva un servizio complementare nell’organizzazione del lavoro pubblico. Lo smartworking e il lavoro agile, modificheranno profondamente tempi, modi e costi del servizio. Chiediamo che gli organismi datoriali, come avviene per le rappresentanze sindacali, possano dare il proprio contributo a definire delle nuove linee guida per l’erogazione del servizio, nella fase di ripresa post covid», si legge nel comunicato post-incontro.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
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