C'è un vento fresco e frizzante che sembra volersi portare via il caldo. Un vento che muove il mare e riesce a farlo sembrare arrabbiato. Sul lungomare c'è un po' di tutto: attori, giornalisti, turisti, curiosi, residenti. In spiaggia, gli ultimi fortunati che possono godersi il sole e un po' di riposo. Scene che si ripetono ogni anno, cartoline di fine estate dal Lido di Venezia. Abitudini, potremmo dire, pensando che, in fondo, anche se il mondo va di corsa, certe cose non cambiano.
E, quando si parla di Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, una delle cose che non cambiano è certamente la cucina. Chi cerca una proposta di un certo tipo ha solo un nome a cui fare riferimento: Tino Vettorello. Da ormai quattordici anni è lui lo chef della kermesse veneziana, il cuoco degli attori, ma anche di tutto l'universo che ruota attorno ad un evento così importante.
Anche nell'edizione 2023 Vettorello non ha mancato di deliziare il Lido. Lo ha fatto dividendosi tra il Ristorante del Palazzo del Casinò e la Terrazza Biennale, splendido e luminoso spazio affacciato sul mare, a due passi da redcarpet, che esiste soltanto nei giorni della Mostra.
L'intervista a Tino Vettorello, il cuoco della Mostra del Cinema
La storia di Tino Vettorello al Lido potrebbe essere a sua volta un film. In tutti questi anni ha cucinato per decine di artisti e personaggi di caratura mondiale: da George Clooney a Penelope Cruz, da Michael Caine a Michelle Pfeiffer, da Lady Gaga ai nostri Vasco Rossi, Monica Bellucci e Gianna Nannini. A Clooney, per esempio, ha dedicato un piatto speciale. Il Rombo alla Clooney, appunto, con prosecco, salicornia, vodka e lamponi. Gli aneddoti, chiaramente, sono infiniti. Da Madonna che girava con l'assaggiatore all'Orata Spericolata al whisky, preparata per Vasco, ma che il manager del rocker di Zocca non voleva fargli mangiare. E ancora, lo spaghetto speciale preparato per Penelope Cruz: spaghetto al nero di seppia al Prosecco, uova di salmone, scampo marinato, aria di scampi di bisque, finferli e cipolla rossa di Tropea in agro. Storie di ordinario Lido, verrebbe da dire, che Vettorello custodisce e si gode ogni volta. Storie che, dopo tutti questi anni, ancora riescono ad emozionarlo.
«Quando il Festival inizia l'emozione c'è sempre, anche dopo tutto questo tempo - confessa lo chef - E c'è anche un po' di paura. Per me è come una partita di calcio, una sfida tra me e la Mostra, in cui voglio sempre fare bene. Si tratta di una tensione positiva, che mi permette di lavorare al meglio. Se un giorno non dovessi averla più probabilmente direi basta».
Ma in questi anni com'è cambiato il Festival e come sei cambiato tu?
L'evento è migliorato tantissimo. È diventato un evento davvero internazionale e riusciamo a fare cucina gourmet anche qui, una cosa che era impensabile in passato. Con il Festival si è evoluta anche la mia cucina. Se guardo i miei piatti di dieci anni fa, mi chiedo se fossero davvero i miei. All'epoca, però, andava bene così. In fondo, per certi versi la cucina è come la moda. I tempi cambiano e cambiano i gusti e il modo di vedere le cose. Oggi tutti vogliono una cucina più pulita, più leggera. E allora spazio a frutta e verdura. Piatti digeribili e attenti alla salute.
La clientela è internazionale, anche i piatti lo sono?
No, io non devo cambiare nulla, non devo adattare la mia cucina a una clientela così variegata. Anzi, è il contrario. Le star che arrivano da noi cercano l'Italia nel piatto. Siamo in Veneto, abbiamo delle eccellenze uniche, qui e in tutto il resto del Paese. Noi usiamo ingredienti da tutta Italia e facciamo piatti tradizionali, anche se rivisitati chiaramente in chiave contemporanea.
Nella proposta fa capolino anche il granchio blu...
Non è una novità per me, già lo utilizzavo nei miei ristoranti. Un problema qualche volta può comunque diventare una risorsa.
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Quando le luci si spengono: i tre ristoranti di Vettorello
La Mostra del Cinema non rappresenta, però, la quotidianità di chef Vettorello. Si tratta di una parentesi, tanto faticosa quanto emozionante, che si conclude, però, alla consegna del Leone d'Oro. Poi, quando le luci del red carpet si spengono, c'è una vera e propria galassia del gusto da portare avanti. Vettorello, infatti, gestisce tre ristoranti. C'è Tino Traghetto, il primo, sulle rive del Piave. C'è Tino Jesolo all’interno del Resort Michelangelo Yachting Club. C'è, infine, Tino Gourmet, nell’hotel Villa Soligo a Farra di Soligo in Valdobbiadene. Il tutto senza contare i numerosi eventi a cui Tino prende parte. Per interderci, in passato, ha dato il suo contributo, tra gli altri, al Festival del Cinema di Berlino e Cannes e cucinato ai Giochi Olimpici invernali a Vancouver e Sochi, ai Mondiali di Nuoto a Roma, a quelli di scherma a Catania, all’America’s Cup a Napoli e a Venezia. Tutte esperienze che hanno contribuito a renderlo uno degli ambasciatori della cucina veneta nel mondo.
Il Veneto è parte integrante della sua proposta, ma anche della sua storia. «Mia mamma, che sa cucinare benissimo - conferma - mi ha creato un palato e dato delle linee guida per la cucina. Avere poi intorno prodotti di altissima qualità in ogni stagione mi ha sempre dato la possibilità di sperimentare, in qualche modo di giocare, ed è stato un gran bel divertimento». La famiglia e le origini come faro guida che ancora oggi funge da riferimento nel lavoro quotidiano. «Per il successo di questi anni devo ringraziare chi mi ha cresciuto - aggiunte Vettorello - La mia famiglia fa agroalimentare da tre generazioni. Io ho scelto la ristorazione».
Ma come farcela in un contesto così complesso? La chiave per lo chef sta nella cura del personale. «È evidente, secondo me, che la ristorazione stia attraversando una fase importante di cambiamento - conclude - Il mercato è diverso e noi dobbiamo pensare molto a chi lavora all'interno del nostro mondo. È gente che fa grandi sacrifici e per questo va protetta e agevolata. Serve cercare un equilibrio che accontenti i bisogni di tutti».
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Alberto Lupini
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