Crisi della ristorazione italiana nel mondo: perché non viene premiata?

La cucina italiana nel mondo è in crisi identitaria ed economica. Rosario Scarpato del Gruppo virtuale cuochi italiani evidenzia che la mancanza di premi internazionali riflette una crisi più profonda , con la tradizione spesso trascurata a favore della fine dining. Una situazione che compromette il riconoscimento e il valore della cucina italiana

04 settembre 2024 | 05:00
di Matteo Scibilia

La ristorazione italiana nel mondo sta attraversando un periodo di difficoltà, sia economica che identitaria, anche se i consumatori sembrano apprezzarla anche all'estero. Rosario Scarpato, ideatore e coordinatore del Gvci (Gruppo virtuale cuochi italiani), un'associazione volontaria che raccoglie cuochi italiani sparsi in tutto il mondo, offre una visione schietta e senza appello sulla situazione attuale. Scarpato, infatti, sottolinea come questa crisi identitaria sia evidenziata dalla scarsità di premi e riconoscimenti per la cucina italiana all'estero: il New York Times raramente cita o recensisce ristoranti italiani di alta fascia, mentre in Asia la Guida Michelin è riluttante a premiare ristoranti italiani, e il 50 Best Restaurant li nota a malapena.

Questa mancanza di riconoscimenti, secondo Scarpato, è un sintomo di una crisi più profonda legata all'identità gastronomica. Un problema che, se non affrontato, rischia di avere ripercussioni anche sul piano economico.

Il dibattito tra fine dining e cucina tradizionale

La questione dell'identità gastronomica è un tema che solleva dibattiti anche in Italia, dove si assiste a un confronto serrato tra la "fine dining", o alta ristorazione, e la cucina tradizionale. Un modello, quest'ultimo, sempre più diffuso nelle trattorie e osterie, spesso denominate "contemporanee". Tuttavia, sottolinea Scarpato, mentre in Italia è quasi scontato che queste nuove trattorie propongano piatti legati alla tradizione e agli ingredienti del territorio, all'estero la situazione è molto diversa. In molti casi, è solo la presenza di uno chef italiano a garantire il rispetto della tradizione, ma non è sufficiente a consolidare l'identità della cucina italiana nel mondo.

A conferma di ciò, due programmi televisivi italiani di successo si concentrano proprio sulla cucina tradizionale, lontano dai riflettori della fine dining. "Little Big Italy" di Francesco Panella, per esempio, mette in competizione tre ristoranti italiani all'estero, spesso svelando realtà lontane dalle luci della ribalta. Il format premia piatti come la carbonara o l'amatriciana, piuttosto che il foie gras o il caviale. Allo stesso modo, "4 Ristoranti" di Alessandro Borghese deve gran parte del suo successo alla valorizzazione della cucina di tradizione, onorando gestioni familiari e il legame con il territorio. Questi programmi dimostrano che la cucina italiana di qualità non è necessariamente sinonimo di alta ristorazione.

Esempi emblematici e la sfida del riconoscimento

Un esempio emblematico è quello della Langosteria di Milano, un ristorante che propone alta cucina di pesce con un fatturato rilevante, ma che viene snobbato dalle guide gastronomiche e dalla stessa Michelin. D'altra parte, realtà come Slow Food e il Golosario/Papillon recensiscono trattorie e osterie che, nonostante siano considerate veri e propri baluardi di resistenza gastronomica, vengono spesso ignorate dalla Michelin. È curioso notare come la Michelin all'estero premi anche una gelateria, mentre in Italia pizzerie di prestigio faticano a ricevere lo stesso riconoscimento. Scarpato sottolinea come sia più facile per un ristorante francese ottenere una stella con un piedino di maiale fritto, piuttosto che per un ristorante italiano che propone una costoletta alla milanese di alta qualità.

Chilometro zero e dieta mediterranea: miti e realtà

Altri due concetti che hanno influenzato la ristorazione italiana, sia in patria che all'estero, sono il "chilometro zero" e la dieta mediterranea. Oggi, molti ristoranti utilizzano carni, pesci e crostacei di qualità provenienti da diverse parti del mondo, come i gamberi di Mazara del Vallo, distanti centinaia di chilometri da Torino o Milano, o le carni di prestigio dalla Polonia o dall'Australia. Quanto alla dieta mediterranea, Scarpato la definisce un grande bluff, un'operazione di marketing che ha sì messo in luce le qualità salutari di alcuni ingredienti, ma che è stata dimenticata da molti cuochi. Questo è in parte dovuto al rapido ricambio di personale nelle cucine, ma anche a una cultura gastronomica che si sta perdendo e che solo alcuni spot televisivi riescono a riportare alla ribalta.

Ristorazione italiana nel mondo: una sfida culturale

La ristorazione italiana nel mondo, quindi, deve affrontare una serie di sfide legate alla cultura e alla preparazione degli chef, alla scelta delle materie prime e al rispetto dei territori e della loro storia. Solo così si potrà garantire un futuro solido e riconosciuto per la nostra cucina all'estero.

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