Curiosa, autentica, appassionata. Nel mondo di Anna Maria Pellegrino, l'antropologa della cucina

Docente, scrittrice e cuoca: la sua profonda conoscenza del mondo del cibo spazia in varie culture culinarie, fondendo con sapienza ingredienti lontani, rendendo le sue ricette sofisticate, semplici

22 novembre 2023 | 08:30
di Carla Latini

Nata a Venezia il 19 marzo 1966, vive e lavora tra Veneto e Lombardia. É una gastrònoma, gustoso vocabolo del secolo scorso, e poi food writer e blogger, docente di gastrosofia, storia ed evoluzione della cucina, cuoca e maestra di cucina. Membro attivo dell’Accademica della Cucina Italiana è Presidente fondatrice Aifb, Associazione Italiana Food Blogger e Consigliere Apci, Associazione Professionale Cuochi Italiani. Inoltre è ospite fissa e autrice a Geo (Rai 3) dove dal 2015 narra di identità culinarie che si vanno perdendo nel logorio della vita moderna. Incurabile bibliofila è sempre alla costante ricerca di prime edizioni datate e colleziona coltelli e matite. Cura lo sviluppo e l’esecuzione di ricette esclusive (ratio e foto) per aziende nazionali ed internazionali presenti nel settore dell’enogastronomia (produttori e distributori di ingredienti, strumenti di cottura e di taglio). Insegna storia ed evoluzione della cucina e cura Master di specializzazione in Istituti Alberghieri, Dipartimenti di Agronomia e Corsi di laurea triennali in Scienza e cultura della gastronomia e della ristorazione.

Scrive per “Fuocolento”, Moro Andrea Editore; “Con i piedi per terra”, Speak out Editore; “Gag - Giornale di Agricoltura e Gastronomia”, Biblioteca Internazionale La Vigna; "Selezioni di Sapori", Magazine Valsana; "Arte in cucina", Apci. Nel corso degli anni anche per Il Gazzettino, Sapori d’Italia e altri. Molte sono le sue medaglie conquistate grazie ad attività e progetti raccontati sui suoi social. Partecipa, quale moderatrice, relatrice e ospite, a innumerevoli seminari, eventi, trasmissioni radiofoniche e televisive, convegni nazionali: Festival del Giornalismo Alimentare, Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media, Olio Capitale, Primi d’Italia, Accademia Italiana della Cucina, Biblioteca Internazionale La Vigna, Confindustria Padova, Assindustria Veneto Centro, Italmopa, Salone dei Sapori a Padova, Unomattina, In viaggio con Marcello, Eat Parade, Lineaverde e altri.

Per molti è considerata un’antropologa della cucina. Abbraccia con la sua conoscenza profonda e discreta ogni religione e ogni parte del mondo. Agganciando il quotidiano che può sembrare banale, all’intero universo. Studiando e raccontando la cucina regionale italiana, quella europea, medio orientale, del middle east. La cucina delle spezie e delle erbe, quella ebraica veneziana. La cucina della diaspora, quella armena ed istriana. Le sue sono ricette facili da fare e ben spiegate nei dettagli nel suo blog.

Da bambina cosa sognavi di diventare?
Una ballerina di danza classica. Avrei venduto l’anima. Poi ho fatto rock acrobatico e mi sono rotta tutta.

Il primo sapore che ti ricordi.
Ho iniziato ad amare il cibo verso i 15 anni. Una disperazione per mia mamma in quanto facevo andare di traverso anche l’aria. Ma un cicchetto con il baccalà mantecato fu galeotto.

Qual è il senso più importante?
In realtà tutti. Si mangia prima con gli occhi, poi con il naso, infine con le mani. Vista, olfatto e tatto. Ma sicuramente anche l’udito.

II piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
La mia cucina non è così complessa. Ma "Boero" ovvero il Torresano ripieno di agnello con marasche e cioccolato fondente, pere al vino, scalogni caramellati, sformatini di polenta di Storo e gravy al Sangue Morlacco è stato un bel racconto gastronomico (e storico).

Come hai speso il primo stipendio?
Da babysitter. Un 33 giri (vinile) ed un libro: “September” degli Eart, Wind e Fire e “La vita interiore” di Alberto Moravia.

Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
Spaghetto al pomodoro, ostriche fredde con pane e burro caldi, Sacher Torte. Rispettivamente in costiera amalfitana, a Parigi, a Vienna.

Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Essendo veneta il vino. Ma anche qualche (tanti) pezzettini di formaggio e tante verdure. Composte, confetture, marmellate. E latte fermentato di ogni latitudine.

Qual è il tuo cibo consolatorio?
Dipende dalla ferita da guarire: sicuramente una bollicina trentina con una polpetta di carne o del cioccolato strepitosamente fondente con un vino passito dei Colli Euganei.

Che rapporto hai con le tecnologie?
Molto buono: non le disturbo mai e loro mi amano per questo.

All'Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Cervello fritto.

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Un uomo che mi guardi come se fossi la cosa più buona del mondo.

Quale quadro o opera d'arte rappresenta meglio la tua cucina?
Il “Canestro di frutta” di Caravaggio, con quella meravigliosa mela bacata ma anche il mosaico “Marina con pesci” scoperto a Pompei.

Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
Due, in realtà. “La canzone del pane” dei Camillas e “Amandoti” dei CCCP, il tango struggente cantato da Giovanni Lindo Ferretti. Una dichiarazione d’amore.

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Alberto Lupini


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