Il dilemma della ristorazione: tra lavoro dignitoso e mancanza di personale

La carenza di personale sta causando grosse criticità, rallentando gli investimenti e le aperture di nuove strutture. Per invertire la rotta è necessario garantire una migliore conciliazione tra lavoro e vita personale

08 luglio 2023 | 08:30
di Marco Reitano

Il mondo della ristorazione è in subbuglio, non si trova personale. Esercenti e consulenti vivono un momento di vero panico anche perché la situazione sta, in molteplici casi, ritardando sia gli investimenti, sia alcune programmate aperture di nuove strutture. È un esemplare e vivido paradosso, visto che la maggior parte di queste strutture farebbe il pienone, complice l'epoca favorevole al turismo, alla socializzazione, alle uscite/pranzi fuori casa. Quindi, tanto business alle porte ma, mancano le persone. Ora, senza divagare troppo, e senza perderci nelle decine di variabili che contribuiscono a questa disfunzione epocale nella ristorazione, secondo voi, semplificando e generalizzando sul mondo del lavoro, in quale situazione è normale che questo avvenga? Quali sono i lavori che le persone non vogliono più fare e perché?

 

Ristorazione: la necessità di adeguare stipendi e orari di lavoro alle esigenze contemporanee

La risposta non è poi così difficile: le persone hanno o arriveranno sempre più ad avere scarsa attitudine a impiegare il tempo della propria e preziosa esistenza a fare qualcosa che li sminuisca, che li usuri e che gli “tolga” troppo di quel “tempo prezioso”, mettendo a rischio il godimento dello spazio personale.

Quindi, si predilige il tanto menzionato “work-life balance” e le famose decine di variabili si riducono a due: meno ore di lavoro, e remunerazione adeguata e sufficiente a garantire un’esistenza non sacrificata e godibile.

Ergo, la ristorazione ha due strade perseguibili al fine di ottimizzare la produttività:

  • Adeguare stipendi e ore di lavoro ai tempi che corrono.
  • Continuare a minare i diritti del lavoratore nella speranza di trovare sempre qualcuno ancora disposto (per cultura, o per necessità) a essere sfruttato dal sistema.

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