Federcuochi ce l'ha fatta: la figura del cuoco ha la sua certificazione

Grazie alla collaborazione con l'ente privato Uni, la Fic ha raggiunto l'obiettivo di fissare competenze e criteri professionali di chi lavora nelle cucine italiane. Pozzulo: «Ora un cuoco certificato in ogni ristorante» . Due le categorie certificate: quella di "professionista" e quella di "cuoco". La differenza? «I livelli di responsabilità all'interno della cucina»

19 novembre 2021 | 17:42

Grazie all'impegno di Federcuochi e alla certificazione Uni (ente privato attivo nel settore della normazione, ossia la codificazione di specifiche e regole tecniche alla base di un prodotto, servizio o professione), arriva il riconoscimento della figura del cuoco. Si tratta di un traguardo atteso che permetterà a chi lavora nelle cucine italiane (non solo quelle italiane, si pensi anche alle mense, alle aziende di trasformazione, alle catene del food retail e via discorrendo) di veder certificato il proprio ruolo e, in base alle responsabilità operative, definirsi "professionista" o semplicemente "cuoco". A decretare la certificazione ci penseranno gli uffici di Uni affiancati da un "esaminatore" associato alla Fic (Federazione italiana cuochi), a sua volta certificato.

 

Fissate competenze e criteri professionali di chi lavora nelle cucine

Attraverso la collaborazione fra i due enti, infatti, è stato possibile fissare competenze e criteri professionali tali da definire il profilo di chi lavora nelle cucine italiane. La normativa rientra nel quadro della legge 4/2013 sulle professioni che non risultano regolamentate da ordini o albi speciali (come quelli che invece regolano l'attività di medici, giornalisti o ingegneri per esempio). Essa ha fra i suoi principali scopi quello di garantire al mercato ristorativo e al consumatore, proprio attraverso la certificazione volontaria e l’adeguamento dei lavoratori del settore, standard ottimali nelle cucine professionali.

 

Rocco Pozzulo (Fic): «Almeno un cuoco certificato in ogni cucina»

Ora la speranza è che «la politica ci aiuti ad avere almeno un cuoco certificato in ogni cucina», ha affermato il presidente di Federcuochi Rocco Pozzulo. «In questo periodo - ha spiegato Pozzulo - la Federazione italiana cuochi sta lavorando al fianco delle preposte Commissioni di Camera e Senato, certa che questa norma, per l'ottenimento della quale Federcuochi si è battuta per anni, offrirà anche agli stessi professionisti del settore l’opportunità di un riposizionamento competitivo sul mercato del lavoro», ha aggiunto Pozzulo. Un progetto che avevamo già raccontato su Italia a Tavola e che si incrocia con il dibattito sul riconoscimento del cuoco come lavoro usurante.

 

Il processo per ottenere la certificazione

Ma come funziona effettivamente la certificazione? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Ferraro, responsabile lavoro della Fic. «La certificazione prevede il riconoscimento di due categorie: quella del professionista e quella del cuoco. A differenziarle sarà, essenzialmente, il livello di responsabilità che il lavoratore già possiede oppure a cui vuole ambire. Potremmo sintetizzarla nella stessa differenza che esiste fra lo chef e il sous-chef. Detto diversamente, se mi occupo di firmare il menu, di monitorare gli ordini e di gestire la brigata potrò avere accesso alla prima certificazione. In caso sia uno dei componenti della brigata basterà il riconoscimento della figura di cuoco. In ogni caso, per quello che è il livello di professionalizzazione dei nostri associati, ci aspettiamo un'elevata infornata di professionisti».

 

Diversi i criteri per accedere alla certificazione. Dall'aver conseguito un diploma in una scuola alberghiera alla partecipazione a successivi corsi di aggiornamento, conterà anche l'esperienza sul campo, ossia il curriculum del candidato cuoco certificato. Comprese anche le esperienze stagionali. «Sostanzialmente, la certificazione presso i centri Uni avviene come una sorta di valutazione per titoli che danno ognuno un punteggio sommato il quale si arriva alla certificazione», spiega Ferraro.

I vantaggi? Diversi. Sia per il professionista che per il cliente. «Quando affronto questo tema, faccio sempre un esempio. L'idraulico che monta la caldaia ha bisogno di un patentino che ne attesti la preparazione e che sia da garanzia per il cliente. La stessa cosa avverrà ora per il cuoco che, ogni giorno, nello svolgimento della sua mansione, deve maneggiare prodotti che poi vengono serviti e mangiati. Parallelamente, la certificazione servirà anche come strumento di contrattazione, nel senso che in questo modo il lavoratore potrà dimostrare, tramite un certificato normato e riconosciuto, le proprie capacità. Sperando che questo possa aiutarlo a strappare anche condizioni economiche migliori».

 

 

Verso un riconoscimento europeo

Certificazione professionale e adeguamento alla norma si annunciano come una svolta apicale per la categoria dei cuochi. L’applicazione di linee guida comuni, già coerenti con il “Quadro europeo delle qualificazioni" (Eqf), sono difatti un serio presupposto per avviare a livello europeo un percorso normativo Cen (Comité européen de normalisation, ossia l'ente europeo che si occupa delle pratiche di normazione) che riconosca, in modo omogeneo, la professione del cuoco a livello comunitario. Del tema si discuterà anche in occasione del Consiglio nazionale Federcuochi, che si terrà domenica 22 e lunedì 23 novembre all'interno della Fiera Gustus in programma a Napoli.

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Alberto Lupini


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