Il fine dining è morto? No, per chef Christian Costardi «sta cambiando»
Lo chef del ristorante Scatto di Torino sostiene che il cliente di oggi non cerca solo piatti perfetti e un monologo, ma un'esperienza autentica fatta di accoglienza e atmosfera rilassante (oltre alla qualità)
Negli ultimi mesi il mondo della ristorazione si è diviso: il fine dining è davvero al capolinea? Alcuni grandi nomi del comparto parlano di un'epoca che volge al termine, ma non tutti sono d'accordo. Tra questi, Christian Costardi, chef del ristorante "Scatto" a Torino, che prende posizione con parole nette: «Il cliente del 2025 non cerca uno spettacolo, ma un luogo in cui sentirsi bene - scrive in una lettera. La ristorazione non muore, cambia. Sta a noi scegliere se restare ancorati a vecchi schemi o essere parte di questa nuova era».
Un concetto chiaro, che non lascia spazio a fraintendimenti: il fine dining per Costardi non è morto, ma sta vivendo un'evoluzione profonda. Non si tratta più solo di offrire piatti perfetti, ma di costruire esperienze capaci di coinvolgere il cliente in modo autentico e completo.
Ecco perché secondo chef Costardi il fine dining non è morto
Per troppo tempo, sostiene Costardi, la ristorazione di alto livello si è concepita come un teatro, con lo chef protagonista assoluto di una messa in scena costruita intorno alla sua visione. Un modello che oggi fatica a reggere, perché il pubblico non cerca più un monologo, ma un ambiente accogliente, un'atmosfera rilassante, una cucina che sia parte di un'esperienza più ampia e condivisa. Il piatto, certo, resta importante, ma non può più essere l'unico elemento attorno a cui ruota tutto il resto.
L'evoluzione della ristorazione, dice, passa proprio da qui: dalla capacità di creare un'esperienza che tenga conto delle nuove esigenze dei clienti, senza perdere la qualità e l'attenzione per il dettaglio. In fondo, la vera sfida di oggi non è distinguere tra fast food e ristorante stellato, ma garantire sempre un livello alto di ristorazione, qualunque sia il contesto: «Da McDonald's alla Tour d'Argent, chi fa ristorazione ha una responsabilità: offrire cibo buono, fatto bene e in linea con il proprio pubblico» spiega lo chef, sottolineando come la qualità debba essere al centro di ogni progetto gastronomico, indipendentemente dal format.
Dunque, più che di una crisi, per Costardi, si dovrebbe parlare di un cambio di prospettiva. La ristorazione sta andando oltre i modelli del passato e sta ridefinendo il proprio rapporto con il cliente, senza perdere la propria essenza. Non c'è una fine, ma una trasformazione in corso, e chi lavora in questo mondo deve decidere se subirla o guidarla. Il futuro è aperto: «sta quindi agli chef, ai ristoratori e a chi si occupa di ospitalità scegliere come interpretarlo».
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Alberto Lupini
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