La mancia al cameriere? Va abolita! Il servizio è un investimento, non un costo

Un ristorante americano ha messo in menu l'avvertenza che sullo scontrino sarà applicata una maggiorazione del 22% per il servizio al tavolo. Un'assurdità. Il lavoro del cameriere non si paga con la mancia. Piuttosto, nella normalità post-covid, patron e staff devono sedersi a un tavolo e condividere gli stessi obiettivi di fatturato. Solo così il cliente vivrà al meglio l'esperienza al ristorante

12 agosto 2021 | 11:31
di Vincenzo D’Antonio

Sovente, lo si ammette, osserviamo restandone ammirati, il mondo Usa della ristorazione. E per non restare nel vago, volentieri sunteggiamo quelli che riteniamo i più significativi punti di merito:

  • Grande attenzione alla gestione delle prenotazioni, sia rendendole davvero multicanale, quindi non solo la telefonata ma anche mail e WhatsApp, sia rendendo perentorio l’orario concordato con annullamento automatico se si tarda oltre i 10’
  • Utilizzo delle gift card, un formidabile strumento win win win di cui qui in Italia, permane oscuro il motivo, non ci si giova
  • Ampliamento dell’offerta sovente proponendo solo drink
  • Possibilità di acquisto del vino presente nella wine list
  • Possibilità di acquisto dei prodotti presenti a scaffale

Ciò posto in premessa, si comprenderà lo stupore nel leggere un menù in cui si riporta la seguente frase: A 22% service fee is added to all checks in lieu of tipping. Un rigo che ci fa sobbalzare per la meraviglia. In pratica si sta rendendo obbligatoria la mancia al cameriere e la si calcola secondo percentuale: il 22% del conto! Inaudito!

 

La mancia al cameriere? Meglio abolirla

Andiamo oltre lo stupore e facciamo qualche riflessione. Domanda: perché mai io cliente dovrei lasciare la mancia al cameriere? Risposte random: si è sempre fatto così; poverino, almeno arrotonda un salario gramo; sapendo che posso dargli una mancia che è funzione del trattamento che mi riserva, tenderà a trattarmi molto bene; che figura ci faccio a non lasciarla; e probabilmente altre ancora. Serenamente giungeremmo a un’impegnativa affermazione: aboliamo la mancia! Altro che renderla obbligatoria e quotarla addirittura in valore percentuale! La mancia va abolita!

 

La mancia al cameriere non misura la qualità del servizio ricevuto

E dopo questa impegnativa affermazione, in coerenza adduciamo le argomentazioni a supporto. La mancia non può essere l’elemento premiante la qualità del servizio ricevuto, laddove peraltro c’è sempre un gap tra quello effettivamente erogato e quello percepito. Il servizio deve essere erogato sempre secondo uno standing qualitativo che il patron del ristorante stabilisce e condivide con il personale di sala. Regole poche e chiare, rese ben note e condivise.

 

Il cliente paga il conto, non l'integrazione salariale del cameriere

La mancia non può essere l’integrazione salariale a carico del cliente. Il cliente paga il conto. Conto, facciamo attenzione alla parola, è sincope di computo, ovvero di quanto è frutto di un calcolo aritmetico. Quando chiedo il conto, chiedo che mi venga data evidenza delle voci singole che, computate mediante addizione, vanno a determinare il computo: il conto da pagare. E pago, ovviamente. La transazione tra patron del ristorante e cliente, dal punto di vista di obblighi reciprocamente assunti giunge a compimento allorquando il conto viene saldato.

Nella calcolazione del costo delle singole voci, il patron, che di certo persona sprovveduta non può essere, altrimenti deve esercitare mestiere altro, ha dovuto e saputo spalmare secondo algoritmi i costi esterni a quelli propriamente inerenti alla pietanza servita. Tanto è vero che si fa un gran parlare di food cost. E quindi, se si parla di food cost, è proprio perché si palesa evidente che esistono altri “cost” che sono esterni a quelli del “food”.

 

Dal cibo al detersivo, ecco cosa concorre a formare il prezzo

A ulteriore riprova di ciò, circola la voce secondo qui il food cost ha un’incidenza di circa un quarto (25%) sul costo totale. Ne consegue che ben i tre quarti del costo totale sono “no food cost”: il detersivo per lavare il piatto, le bollette, il costo del personale e tanto altro ancora, affitto del locale incluso (voce gravosa). Se il patron, ci sia perdonata la locuzione gergale, va un po’ oltre i conti a “pane e peperoni” con ciò intendendo dire calcolazioni arraffazzonate, sbrigative e pertanto fallaci, sa bene addivenire al full cost della pietanza che giunge in tavola su comanda del cliente e di essa saprà fare il corretto pricing secondo la chiave vincente del win-win.

 

 

Rivedere il costo del personale come centro di profitto

A tale riguardo, la voce “costo del personale” deve essere sottoposta ad analisi che vada oltre l’impostazione ragionieristica del computo e spazi, invece, secondo una nuova visione d’impresa.

Breve disamina della visione “vetero”. Il personale è un costo, ergo, minore è il costo, più profittevole è l’andamento dell’attività in quanto essendo il costo il denominatore ed essendo il ricavo il numeratore, l’obiettivo minimo e più che legittimo di r/c > 1 lo si riesce a perseguire. Assumo camerieri che si accontentano di un salario basso, poco importa che siano bravi o meno, tanto alla fin fine dei piatti dalla cucina ai tavoli devono portare e poi fargli fare a questi piatti, che siano quasi pieni, mezzo pieni oppure vuoti poco mi interessa, il viaggio di ritorno dai tavoli alla plonge.

Dovrà essere loro interesse trattare bene i clienti, così arrotondano con le mance (e sui criteri di redistribuzione del monte mance, pietosamente glissiamo). Non si sentono motivati? E pazienza, andranno via e li sostituirò con altri camerieri sempre facendo recruiting tra coloro i quali si accontentano di bassi salari.

Disamina della visione nuova, la visione necessaria (e non sufficiente) per condurre il ristorante nuovo nello scenario nuovo che emerge dal post pandemia. Il personale costituisce un centro di costo. Costo costituito dal monte salari lordo, dall’equipaggiamento degli abiti da lavoro, dalla formazione iniziale più quella periodica, dalle visite mediche periodiche e altro ancora. Sta a me imprenditore commutare quel centro di costo in centro di profitto. Un momento, ma vogliamo (ri)scrivere la job description del cameriere?

 

Il ruolo e le mansioni del cameriere

Proviamoci insieme:

  • Il cameriere ogni giorno, nel briefing mattutino con la brigata di cucina, si fa raccontare e ne prende diligentemente nota, i piatti costituenti il menù del giorno: gli ingredienti principali, la loro provenienza, la tecnica di cottura, la presenza di allergeni
  • Il cameriere nell’approcciare i clienti al tavolo saprà ben metterli a loro agio; ad essi immediatamente saprà e vorrà donare un regalo sempre gradito: il sorriso. Sa cogliere caratteristiche e vezzi comportamentali dei clienti al tavolo. Sa prendere la comanda, essa suggerendo secondo gli interessi del cliente (che coincidono in ottica win win con gli interessi del patron), ha dimestichezza con i dispositivi tecnologici.
  • Saprà seguire il tavolo: mai abbandonarlo, mai essere ossessivamente presente; saprà accomiatarli con sorriso ed a fine serata trasmetterà sue osservazioni atte a migliorare il servizio: è il cosiddetto fine tuning.

Dimentico nulla ? Ah sì, che sbadato! Stavo dimenticandomi uno dei dettalli della descrizione del lavoro:

  • Il cameriere assolve la comanda in primo step prendendo i piatti dalla cucina e portandoli al tavolo ed in secondo step sbarazzando il tavolo onde renderlo atto a portare la pietanza successiva.

Forse lo stavo dimenticando perché è sì, un dettaglio di cruciale importanza ma, attenzione, non è quello che discrimina lo standing qualitativo del locale e, in ottica datoriale, non è quello su cui ci si focalizza per determinare la retribuzione!

 

Da manodopera a risorsa "mentedopera": quanto rende un cameriere? Dipende dagli obiettivi

Insomma, a dirla diversamente, nel nuovo ristorante che vorrà vivere e prosperare più che bene nel nuovo scenario determinato dalla post-pandemia, il cameriere pur avocando è sé attività proprie di manodopera è essenzialmente una risorsa “mentedopera”. Ed è questa componente di “mentedopera” che discrimina un cameriere dall’altro in fase di recruiting. Il patron non dovrà domandarsi “quanto mi costa” e quindi effettuare scelta in funzione del minor costo. Il patron dovrà domandarsi “quanto mi rende” e di conseguenza effettuare scelta in funzione delle migliori capacità dei candidati.

Quarter by quarter, ovvero trimestre dopo trimestre, il patron indice una riunione con le sue risorse umane (che una volta venivano chiamati “dipendenti” dimenticandosi che con i problemi che abbiamo in testa figurati se vogliamo altri problemi che ci portano coloro i quali “dipendono” da noi) e stabilisce un obiettivo che può essere singolo e composito. Qui, per semplicità espositiva lo rendiamo singolo e diciamo che è l’obiettivo di incassato: il “monte scontrini”. Sempre per ovvia comodità espositiva dichiariamo 100 questo fatturato. A questo punto, possono accadere tre cose: l’obiettivo lo si centra, lo si manca di un “tot”, lo si supera di un “tot”. Orbene a seconda delle tre situazioni possibili, tutte rese condivise e ben note (a scanso del minimo malinteso) si opera sul fronte retributivo, su di esso inserendo evidentemente una componente variabile: un riconoscimento per obiettivo raggiunto, un ulteriore riconoscimento per obiettivo superato, un’amara decurtazione (posta attenzione ai vincoli contrattuali) per obiettivo non conseguito.

Si ribadisce che per snellezza espositiva abbiamo reso di singola voce l’obiettivo; nella realtà esso è invece composito in quanto contempla anche voci qualitative e non solo quantitative.

 

Niente mancia, l'esperienza positiva è un piacere (e un dovere) per il cameriere

A questo punto, cosa significa “mancia”? Che senso avrebbe? A questo punto, qualora ve ne fosse bisogno, un rigo di menù lo si aggiungerebbe ma esso suonerebbe all’incirca così: “Servirvi, contribuire a farvi vivere un’esperienza memorabile è nostro piacere ancor prima che nostro dovere. Vi preghiamo, pertanto, di NON lasciarci mancia”.


 

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024