Pizza, la Michelin è "rossa" di vergogna
La pizza non è ancora degna di entrare nei quartieri alti della “rossa”. Un’ennesima porta sbattuta in faccia a un’espressione della cucina. I locali italiani dimenticati. Opinioni a caldo. Il caso Mazzucchelli
Si è sperato fino all’ultimo che la Michelin potesse fare una buona figura e spazzare con un riconoscimento tanti dubbi relativi a una politica editoriale che rema contro l’appeal turistico del nostro Paese o il primeggiare nella classifica tra le nazioni stellate. La pizza non è ancora degna di entrare nei quartieri alti della “rossa”. Malafede? Miopia? Invidia? Quello che è certo, un’ennesima porta sbattuta in faccia a un’espressione artistica della cucina. I locali di pizza italiani vengono dimenticati a ripetizione, di anno in anno.
Il caso Casa Mazzucchelli
Un caso sta però facendo discutere. E non poco. Il Ristorante Marconi di Sasso Marconi (Bo), una stella Michelin dal 2008 al 2021, a fine settembre ha cambiato format. I fratelli Aurora e Massimo Mazzucchelli hanno dato vita a un nuovo corso. La fusione tra il ristorante e il Forno Mollica, laboratorio/fucina dedicato alla panificazione, ha visto nascere a fine settembre Casa Mazzucchelli, l'unione di due realtà per fare alta ristorazione con un utilizzo di elevato profilo dei lievitati.
Solo che la stella non è stata confermata. «Non è nemmeno stata levata - spiega Aurora Mazzucchelli - Abbiamo avvisato nel corso dell'estate la Michelin, che ha preso atto di una chiusura e di una apertura con un nuovo stile. Si prendono il tempo per valutare un altro locale. Noi, peraltro, siamo tranquilli. Abbiamo preso una decisione e ci preme il bene dell'azienda».
Neanche a farlo apposta la famiglia Mazzucchelli ha voltato pagina il 23 settembre e il 23 novembre la guida ha emesso le valutazioni. Al di là di questo caso che ha mosso un po' le acque, cose ne pensano i professionisti del settore pizza dei non giudizi della Michelin?
Un campo minato
«Non è una dimenticanza – dichiara Renato Pancini, titolare delle pizzerie Al Foghèr di Arezzo – Ci sono già la Guida alle Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso e quella di 50 Top Pizza. La Michelin è nata con i ristoranti. Resta comunque un campo minato, anche perché non si riesce a capire come uno street food asiatico venga premiato e tante pizzerie italiane che non hanno nulla da invidiare a uno stellato siano ignorate».
Largo alle donne
«Una volta ero più arrabbiata – spiega Marzia Buzzanca, pizzaiola sommelier all’Hofstätter Garten di Termeno (Bz) – Con la maturità mi sono ammorbidita. Oggi ci sono le guide dedicate alla pizza, ma credo che il punto sia quello che nella stragrande maggioranza dei casi il bravo pizzaiolo sceglie gli ingredienti migliori e farcisce. Difficilmente li cucina. Certo ci sono professionisti che fanno la pizza “cucinata”, ma premiare loro escluderebbe i campioni della tradizione. Metterei però l’accento sul mondo femminile. La Michelin si potrebbe un poco dotare di una visione più ampia. Le professioniste hanno fatto tanta strada in un mondo maschile. Un impegno che viene riconosciuto con il contagocce».
Studio e formazione
Molto critico, più con i pizzaioli che con la rossa, Giorgio Sabbatini, Campione del mondo di Pizza Classica nel 2017 e responsabile ricerca e innovazione gruppo Love It. «Faccio una provocazione – puntualizza – La Michelin vive in un mondo poco reale, per pochi che si possono permettere certi locali. I giovani vanno negli “all you can eat” anche per colpa del mondo pizza che non ha saputo rinnovarsi. Il vero contributo al nostro settore lo daranno le nuove generazioni, studiando e formandosi. E poi noi pizzaioli non siamo capaci di imporci come gruppo: facciamo poco marketing e siamo troppo individualisti. Per sedurre la Michelin la pizza dovrebbe far vivere un percorso, ma nasce in velocità. Lentezza contro sprint».
A onor del vero, il numero di pizzaioli che si è rimboccato le maniche studiando e facendosi largo per promuovere una pizza che è cucina è sempre più nutrito, ma la guida guarda da un’altra parte.
Fare sistema
«La guida rossa – sottolinea dal suo locale fiorentino Giovanni Santarpia – prende in considerazione un certo tipo di ristorante, ma le pizzerie con tutti i criteri per essere stellate ci sono eccome. Non riesco a capire quale logica venga seguita. Il mondo della pizza deve comunque fare sistema per aumentare la visibilità del buon prodotto. Di conseguenza…».
La collaborazione con gli chef
Chiudiamo il cerchio con una dichiarazione da Napoli. «Il mondo pizza è ristorazione a tutti gli effetti – racconta Vincenzo Iannucci, responsabile del Progetto Nuvola di Mulino Caputo - I pizzaioli ormai si impegnano da tempo per dare più voce a questa arte e la collaborazione con gli chef è all’ordine del giorno. La nostra competenza nella gestione degli ingredienti in cottura e in uscita è consolidata, ma si prosegue con lo studio e con la ricerca. Un impegno che un giorno potrebbe essere riconosciuto».
www.lovepizza.it
www.hofstatter.com
www.pizzeriaalfogher.com
www.giovannisantarpia.com
www.mulinocaputo.it
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini