Circa 323 milioni di euro all'anno. È questa È questa la stima che l'Unione italiana vini (Uiv) fa dell'impatto dei dazi al 20% introdotti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, anche sul vino. Si tratta di una perdita dei margini di ricavo pari al 16,6% considerato che il totale ammonta a 1,94 miliardi, ma a rischio ci sono il 76% delle bottiglie che oggi vengono esportate negli Usa. E le cantine iniziano a fare i conti sulle possibili perdite e, nel richiedere un intervento politico, iniziano a guardare con sempre maggiore attenzione verso nuovi mercati.
Dazi Usa sul vino, l'esposizione italiana sul mercato statunitense
Secondo la Uiv, per mantenere la competitività e preservare gli attuali assetti di pricing, la soluzione individuata dagli esperti è un intervento lungo l'intera filiera, con un'eventuale riduzione dei margini di ricavo che potrebbe ammontare a 323 milioni di euro su un totale di 1,94 miliardi. I dati evidenziano che il 76% delle 480 milioni di bottiglie esportate negli Stati Uniti nel 2024 rientra in una fascia di rischio elevata, con una concentrazione significativa in alcune denominazioni. Tra le aree enologiche maggiormente esposte, il Moscato d'Asti registra il livello più alto con il 60% della sua produzione destinata agli Usa, seguito dal Pinot Grigio (48%), Chianti Classico (46%) e dai rossi toscani Dop (35%). Anche altre denominazioni di rilievo, come i vini piemontesi (31%), il Brunello di Montalcino, il Prosecco (27%) e il Lambrusco, presentano un'incidenza rilevante. Complessivamente, si stima che circa 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1,3 miliardi di euro, siano direttamente coinvolte in questa dinamica, rappresentando il 70% dell'export vinicolo italiano verso gli Stati Uniti.

Paolo Castelletti, segretario Uiv
Anche perché, come ha ricordato il segretario Uiv Paolo Castelletti, l'Italia ha «una maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell'export contro il 20% della Francia e l'11% della Spagna». Inoltre ha una «lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l'80% si concentra nelle fasce “popular”». «Solo nel settore vitivinicolo, che vale 2 miliardi di export verso gli Usa e rappresenta il 25% del nostro export vinicolo totale, i dazi potrebbero tradursi in 6 milioni di euro di perdite al giorno per le cantine italiane», secondo il presidente dell'Unione Coltivatori Italiani, Mario Serpillo.

Micaela Pallini, presidente di Federvini
«La decisione di applicare dazi alle esportazioni europee negli Stati Uniti - ha dichiarato la presidente di Federvini, Micaela Pallini - rappresenta un danno gravissimo per il nostro settore e un attacco diretto al libero mercato. Ci siamo già passati, e sappiamo bene quanto possa costare: in passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli Usa. Ora rischiamo di rivivere quel trauma economico, con ripercussioni pesantissime su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore finale. Serve ora più che mai compattezza e determinazione da parte delle nostre istituzioni per contenere gli effetti devastanti di queste misure inutilmente protezionistiche e antistoriche».
Dazi Usa sul vino, serve un intervento politico
La situazione solleva interrogativi sulle strategie da adottare per garantire la sostenibilità economica del settore. La possibilità di una revisione della politica dei prezzi, con una distribuzione dell'impatto lungo tutta la filiera, è una delle opzioni in discussione per affrontare le attuali sfide di mercato. «Con i sanguinosi dazi americani al 20% - ha detto il presidente Uiv Lamberto Frescobaldi - il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all'anno, pena l'uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d'oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l'onere dell'extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori. Sarà difficile per molti, ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l'amministrazione americana e quella europea: l'accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale».

Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv
Giovanni Busi, presidente del Consorzio vino Chianti, aggiunge: «Le istituzioni europee devono muoversi con decisione per aprire nuove vie all'export del vino italiano. Se i dazi Usa impongono un cambio di rotta, allora dobbiamo sfruttare al meglio le alternative a nostra disposizione». «Queste misure - sottolinea il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci - avranno un effetto ad ampio spettro dove non solo il vino rischia di diventare un bene voluttuario sempre più inaccessibile per i consumatori ma allo stesso tempo andranno a colpire settori cruciali anche per la nostra economia locale come l'enoturismo. Ci appelliamo alle istituzioni e alle diplomazie europee affinché riescano a trovare un accordo con gli Usa per scongiurare una penalizzazione che colpirebbe in maniera inesorabile tutte le imprese».

Giovanni Busi, presidente del Consorzio vino Chianti
Giovanni Manetti, presidente del Consorzio vino Chianti Classico quindi rimarca: «Siamo certamente preoccupati delle ripercussioni che il 20% di dazi potrà avere sui nostri vini e adesso confidiamo nella diplomazia italiana ed europea affinché questa scelta dell'Amministrazione Trump sia rivista quanto prima. Adesso noi produttori dovremo lavorare per condividere questo gravoso impegno economico con il trade statunitense che riteniamo sia altrettanto colpito da questa imposizione tariffaria. Lavoreremo insieme convinti che il consumatore americano che da sempre ama e consuma Chianti Classico resterà fedele ai vini di qualità, al Gallo Nero, al nostro territorio che si rispecchia in ogni nostra bottiglia».

Giovanni Manetti, presidente del Consorzio vino Chianti Classico
Il presidente di Milano Wine Week, Federico Gordini, ribadisce: «I dazi del 20% annunciati da Trump sono un gravissimo errore politico del presidente americano, che innesca una guerra commerciale con ripercussioni sulle principali economie mondiali. Un ennesimo atto autoritario e comunicato con i consueti toni inaccettabili - elementi quasi surreali ai quali abbiamo purtroppo fatto abitudine - del quale i primi a essere scontenti dovrebbero essere gli americani stessi. Serve una risposta comune e molto determinata da parte dell’Unione Europea a tutela di tutti i settori colpiti da questo provvedimento. È necessario lavorare sia per rispondere a tono ai dazi imposti che per trovare scenari diplomatici che portino a un negoziato costruttivo e rendere meno lesive queste sanzioni. Nel contempo, serve lavorare per negoziare condizioni migliorative verso tutti gli altri mercati, eliminando le disparità di trattamento tra Paesi membri dell’UE».

Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week
«Chiediamo con forza - rimarca Giovanni Dubini, presidente dell’associazione MTV Umbria - che le istituzioni a livello nazionale ed europeo si adoperino per tutelare il comparto vitivinicolo italiano, favorendo accordi che possano ridurre l'impatto dei dazi e incentivare la promozione internazionale del nostro patrimonio enologico. Nel frattempo, MTV Umbria continuerà a lavorare al fianco delle cantine e degli operatori del turismo per rafforzare la nostra attrattività, offrendo ai visitatori esperienze uniche che vadano oltre la semplice degustazione: percorsi culturali, eventi enogastronomici e un'immersione autentica nella bellezza della nostra terra».

Giovanni Dubini, presidente dell’associazione MTV Umbria
Dazi Usa sul vino, cresce la preoccupazione
Cantine e Consorzi iniziano inevitabilmente a fare la conta dei possibili danni. «L'annuncio dei dazi americani al 20% su tutte le produzioni europee, vini compresi - dice Bindocci - andrà inevitabilmente a colpire duramente anche la nostra denominazione, che vede negli Stati Uniti il suo principale mercato di sbocco dove destiniamo oltre il 30% delle nostre esportazioni. Queste tariffe di fatto riguardano tutte le principali economie del mondo che alimentano una guerra commerciale dove ne usciremo tutti sconfitti e più poveri. Per questo il danno rischia di oltrepassare i confini statunitensi».

Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino
Carpineto, ad esempio, ha un export pari al 90% del fatturato, del totale ne esporta circa il 20%in Usa. Antonio Michael Zaccheo, insieme a Caterina Sacchet seconda generazione della proprietà, ed export manager della Carpineto, spiega: «Questo aumento di dazi su un mercato di destinazione extra Ue così importante significa che i prezzi sullo scaffale saliranno mediamente di circa il 20% sullo scaffale: è una mia stima da confermare con i nostri corrispondenti che ci hanno assicurato la presenza a Vinitaly e che incontreremo fin dal primo giorno a Opera Wine. Il vino Italiano rimarrà comunque competitivo ma prevedo che perderà il 20% del fatturato in Usa, noi compresi». «I prodotti più da prezzo saranno quelli che soffriranno di più, sia per il vino che per l'agroalimentare - dice ancora Zaccheo -: Australia, Nuova Zelanda, Chile ed Argentina hanno dazi “solo” al 10% per cui saranno loro ad avvantaggiarsi nella fascia vini “entry level”. Fortunatamente in Toscana si producono mediamente prodotti di qualità ma, per noi, con un export forte in Usa proprio dei vini premium un -20% sul volume lo prevedo, col Dogajolo tra i nostri vini che soffrirà più del Brunello».
Dazi Usa, guardare verso nuovi mercati
La restrizione del mercato americano, dovrà spingere le cantine a guardare altrove, alla ricerca di nuovi mercati. Ne è convinto Busi: «Prendiamo atto con rammarico della decisione del presidente degli Stati Uniti sui dazi, ma non possiamo permetterci di restare fermi. È il momento di rafforzare la nostra presenza in nuovi mercati, a partire dal Sud America, dove l'accordo con il Mercosur può aprire grandi opportunità per il nostro vino. Allo stesso tempo, dobbiamo investire in Asia e iniziare a promuoverci in Africa e India per diversificare le nostre esportazioni e ridurre la dipendenza dagli Usa. L'accordo di libero scambio tra Unione Europea e Mercosur deve diventare una priorità assoluta. Anche l'Asia offre prospettive enormi per il vino italiano. Dobbiamo investire su Cina, Giappone, Vietnam e Thailandia, mercati con un crescente interesse per i nostri prodotti. Allo stesso tempo dobbiamo iniziare a farci conoscere in Africa e India».

Antonio Michael Zaccheo e Caterina Sacchet, titolari di Carpineto
Gli fa eco Zaccheo: «Tra le misure più strutturali per contrastare e reagire c'è quella per la quale Carpineto è stata pioniera fin dalla fondazione quasi 60 anni fa, e cioè l'apertura di nuovi mercati. La diversificazione è già praticata da anni con ben 72 Paesi presso i quali l'azienda esporta. Abbiamo avviato da poco rapporti con l'Uzbekistan, l'Azerbaijan e il Kazakistan e stiamo esplorando questi mercati che hanno un buon potenziale da sviluppare. Così come stiamo approfondendo trasversalmente nei Paesi africani alcune nicchie di mercato».

Camillo Pugliesi, direttore del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia
«I vini del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia - dice il direttore Camillo Pugliesi - sono ambasciatori della nostra cultura e del nostro territorio nel mondo, e queste misure non solo creeranno difficoltà ai produttori, ma penalizzeranno in modo significativo anche i consumatori americani, che vedranno ridotta la possibilità di accedere a prodotti d’eccellenza a condizioni competitive. Il rischio è quello di limitare la scelta per il pubblico statunitense, privandolo di vini apprezzati per la loro qualità e autenticità. Dal canto suo, il Consorzio continuerà, per quanto possibile, a mantenere aperto il dialogo con gli Stati Uniti. Tuttavia, parallelamente, verranno implementate strategie di espansione verso altri mercati e rafforzate le attività di commercio e promozione in paesi con cui collaboriamo da anni, come il Canada e il Regno Unito. La valorizzazione dei vini DOC Sicilia non si ferma e proseguirà con determinazione su scala globale».

Massimo Sepiacci, presidente UmbriaTop
Massimo Sepiacci, presidente UmbriaTop, la cooperativa delle cantine umbre, evidenzia: «L'Umbria, con la sua lunga tradizione vinicola e il suo impegno nella produzione di vini di eccellenza, deve affrontare questa sfida con determinazione, sfruttando al meglio le sue peculiarità territoriali. È essenziale potenziare la presenza nei mercati emergenti, investire nella digitalizzazione della distribuzione e creare sinergie con altri settori strategici del Mmade in Italy. Sarà fondamentale un lavoro congiunto tra istituzioni, consorzi e produttori per affrontare questa situazione, garantire la competitività del vino umbro nel contesto globale e continuare a far conoscere al mondo il valore della nostra terra e delle sue produzioni di qualità».
Dazi Usa, la porta non è chiusa
Sarebbe però sbagliato abbandonare del tutto il mercato statunitense. Ne è convinto Vitaliano Maccario, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato: «Grazie al loro prezzo competitivo, i vini delle denominazioni tutelati dal nostro Consorzio, in particolare la Barbera, prevediamo non subiranno flessioni significative nelle vendite, poiché l'incidenza del rincaro sarà minima e confidiamo possa esser facilmente assorbibile dal mercato. Questo aspetto, unito al grande apprezzamento che questi vini riscuotono tra i giovani consumatori e wine lovers per la loro versatilità e abbinabilità, speriamo li tenga fortemente competitivi anche nel contesto dei nuovi dazi americani. Siamo quindi fiduciosi che continueranno ad essere ricercati nel mercato americano senza che la politica dei nuovi dazi possa incidere in modo troppo significativo sull'andamento della domanda. Riteniamo, inoltre, che sia fondamentale continuare a investire sulla collaborazione con i principali player del mercato statunitense».

Vitaliano Maccario, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato
Dazi Usa, 3mila buyer americani a Vinitaly
Oltre 3mila buyer americani hanno confermato la loro partecipazione alla 57ª edizione di Vinitaly. «La presenza di un così numeroso contingente di operatori statunitensi è un segnale positivo per le aziende e per Vinitaly», ha dichiarato Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere. «In un contesto economico incerto, ciò potrebbe influenzare la geografia del nostro export, ma mettiamo a disposizione la nostra piattaforma per facilitare eventuali accordi diretti tra imprese italiane e importatori e distributori, specialmente per il nostro primo mercato di destinazione extra-Ue».

Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere
La delegazione statunitense comprende anche 120 top buyer selezionati, invitati e ospitati da Veronafiere e ICE. Questi professionisti provengono da importanti aree degli Stati Uniti, tra cui Texas, Midwest, California, Florida e New York, e rappresentano circa il 10% del totale del piano di incoming 2025. Il programma della fiera prevede, oltre agli incontri b2b, una serata di networking dedicata agli operatori americani, che si terrà martedì 8 aprile presso Palazzo della Gran Guardia.