Etna, il vulcano che resiste: il vino conquista gli Usa e sfida il mercato

La denominazione siciliana tiene sul mercato statunitense, mentre il comparto vino perde l'8,8%. E l'analisi dell'Osservatorio Uiv (Unione italiana vini) su base SipSource evidenzia il posizionamento alto . Per i produttori, il vulcano (soprattutto nell'aspetto di comunicazione della brand identity) è la chiave per vendere un prodotto di alta qualità

14 settembre 2024 | 05:00
di Giambattista Marchetto

Brusca frenata nel primo semestre 2024 per i consumi di vino negli Stati Uniti, con un calo tendenziale complessivo di vendite pari all'8,8% e un lievemente meno pesante -6,4% per i vini italiani. Eppure, in questo scenario a dir poco preoccupante per un comparto rilevante del made in Italy, i vini della Doc Etna chiudono il periodo con un sostanziale pareggio (-0,2%). Il dato emerge dall'analisi dell'Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv) su base SipSource - la piattaforma che misura le vendite e gli effettivi consumi nel breve termine in 3/4 degli esercizi commerciali statunitensi - e conferma come i vini del vulcano si mantengano su standard elevati e guadagnino quote di mercato oltreoceano.

Questo nonostante «le premesse per un 2024 difficilefossero tutte allineate sulla carta» - come rimarca Francesco Cambria, presidente del Consorzio Etna Doc - ovvero «una vendemmia a -42,5% con conseguente calo nel semestre del prodotto imbottigliato (-5%); un rallentamento globale dei consumi e in particolare negli Stati Uniti, nostro principale mercato di sbocco». Invece nel primo semestre la denominazione ha tenuto e si è consolidata, «merito della qualità raggiunta dai nostri produttori - chiosa Cambria - ma anche di un corretto posizionamento di mercato negli Usa, in particolare nei canali del fuori casa che continuano a crescere».

L'Etna Doc studia da fine wine

In effetti sembra che la love story tra i vini dell'Etna e i consumatori americani sia nel pieno della passione. Secondo l'analisi dell'Osservatorio Uiv, a fronte di un numero di bottiglie pari ad appena il 6% del totale delle Doc e Docg siciliane, la presenza dei vini dell'Etna sul mercato a stelle e strisce (60% di bianchi e 40 di rossi) vale il 28% in termini di volumi consumati. Una quota che a valore sale fino al 45%, per effetto di un prezzo della distribuzione che negli Usa si attesta sui 26 dollari al litro, quasi il triplo rispetto media delle denominazioni dell'isola. È proprio l'alto posizionamento che rende vincenti i vini del vulcano negli Usa. «Non è un caso - spiega il responsabile dell'Osservatorio Uiv, Carlo Flamini - che mentre i vini italiani vedono un forte sbilanciamento dei consumi sulla parte retail (grande distribuzione, liquor store), con il 77% di quota sul totale, i vini etnei trovino come primo canale di consumo il fuori casa (ristoranti, bar, alberghi), con una quota sul totale del 62%, quasi tripla rispetto all'offerta tricolore».

Il canale più ambito, quello dell'hotellerie e della ristorazione, ha trainato i consumi in questo primo semestre cumulando aumenti del 2,6% a fronte di riduzioni sia per i vini italiani (-4.5%), sia per la generalità del mercato (-9%). E il totale commercializzato (off + on-premise) ribadisce infine il posizionamento premium e ultrapremium del prodotto: il 63% delle vendite si inserisce nella fascia 15-25 dollari/bottiglia, a fronte di un'offerta nazionale per l'85% sotto i 15 dollari; una quota sostanziosa (34%, in crescita dell'8%) è poi quella che va dai 25 ai 50 dollari a fronte di una media italiana che nel segmento non supera l'1% dei volumi venduti. Al 4% la fascia luxury (oltre i 50 dollari), in forte contrazione anche nell'on-premise al pari del trend nazionale. In fondo, quindi, l'Etna Doc studia da fine wine - come ha dichiarato il direttore Maurizio Lunetta a Vinonews24 - proponendosi come un “classico” del vino italiano. E guardando ai prezzi che hanno raggiunto alcune bottiglie, il percorso è già iniziato.

Etna Doc: vulcano, enoturismo e contemporaneità

Trend positivi, dunque, per la denominazione che si estende su un vigneto di 1500 ettari con oltre 400 produttori. Viene da chiedersi quali siano le ragioni di questo successo. «In questo momento soprattutto lo storytelling - dichiara Jacopo Maniaci di Tenuta di Fessina (30% export Usa) - quindi la bravura nel comunicare l'identità del brand, che traina l'apporto qualitativo che il vino ha ma non viene conosciuto immediatamente. Noi siamo presenti in 23 Stati e incontro persone che non sanno nemmeno l localizzata la Sicilia, ma raccontare il vulcano e la sua energia è un valore cruciale. Poi certo l'Etna è in uno sweet spot, perché il consumatore americano sta cambiando e sceglie vini meno alcolici, più freschi ed eleganti».

L'Etna è dunque un vino più contemporaneo, non a caso «anche Parker e colleghi hanno spinto questo nostro territorio - dicono da Papa Maria Cuore di Marchesa - perché i vini negli anni si sono dimostrati affidabili. Con 1500 ettari di vigneto in uno spazio unico siamo condannati a fare eccellenza». L'azienda Frank Cornelissen esporta il 20% sul mercato americano e, se da un lato la qualità è la ragione scontata, «c'è anche un un price point che è interessante - dice Giacomo Bardazzi del marketing - per persone che vogliono vini di qualità e che magari non arrivano a comprare la Borgogna. Ecco, l'Etna è in quel range di qualità più accessibile e questo è un punto fondamentale».

In Planeta (per cui gli States pesano almeno il 40% dell'export) c'è la convinzione che ci sia un mix vincente: «Gli americani sono attratti dalle novità in primis - osserva Costante Planeta - e probabilmente anche dalla peculiarità del vulcano in sé, ma soprattutto dall'espressione finalmente diversa dei vini di Sicilia». Sicuramente, «è un filone molto interessante - confermano da Feudo Cavaliere - perché dell'Etna attrae molto questa giovinezza di prodotto, ma va pure in concorrenza con grandi vini perché i nostri vini hanno potenzialità di affinamento lungo. E oggi negli Usa trovano spazio anche proposte più complesse».

Secondo Baldo Palermo di Donnafugata, «l'exploit internazionale è stato agevolato dall'intervento di personaggi come Marco De Grazia e Franchetti che avevano già una forte reputazione negli Stati Uniti (pensiamo ai Barolo Boys) e quindi questo territorio ha potuto godere di ambassador molto credibili. Poi c'è tutta la magia di un luogo eccezionale e il lavoro di alcune importanti aziende familiari del vino siciliano che hanno creduto nel progetto». Per Gambino gli States rappresentano metà dell'export e gioca molto sul traino dell'enoturismo. «Lavoriamo moltissimo con il turismo - dicono - e abbiamo una fetta importante di americani che vengono a vivere un'esperienza unica, accompagnato anche da aggiornamenti post vendita. Questo crea un legame interessante. E poi probabilmente attrae anche il fatto che i vini rispondano alle esigenze del bevitore di oggi. Sono vini puliti, con una contenuto alcolico non troppe elevato, una beva fresca, quindi sono agili».

Ecco che - per dirla con Fabio Costantino di Terre Costantino, che esporta oltreoceano il 30% - «gli Stati Uniti guardano l'Etna come un punto d'arrivo. Non è un vino per chi inizia e soprattutto molti rimangono meravigliati da fatto che esistano vini siciliani vulcanici e di alta montagna. Negli ultimi anni abbiamo percepito un grande interesse per i vini bianchi da parte degli americani, che prima erano abituati all'Etna Rosso». Per Manuela Seminara di Tenuta Ballasanti «negli Stati Uniti funzionano molto i trend e l'Etna è trendy, ma la cosa interessante è che comunque c'è il vulcano e questo garantisce la peculiarità e la qualità del vino oltre le mode. Quindi diventiamo interessanti perché assaggiano riconoscono la qualità e apprezzano soprattutto i bianchi».

Tenuta Ferrata ha da poco iniziato a lavorare con un importatore in Usa e la percezione è che sia cambiato il modo di bere. «Rispetto a quello che era il gusto stanno cambiando molte cose - dice il sales manager Domenico Piazza - a partire dalla loro stessa produzione. C'è meno ricerca dei terziari e più attenzione al territorio. Dunque i nostri vini funzionano». In Serafica si stanno chiudendo le trattative con un importatore e «sembra intrigante immaginare questa terra in cui facciamo vino spingendoci al limite in un territorio unico - dice Maria Ausilia Borzì - per cui attrae il vulcano, con vigneti fino a quasi mille metri e lo sguardo sul mare. Tutto questo rende i vini dell'Etna unici».

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Alberto Lupini


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