Export extra-UE in crescita nel primo semestre 2024 per il vino italiano. Con quasi 4,7 milioni di ettolitri esportati tra gennaio e giugno e un consuntivo dei sei mesi sopra la soglia dei 2 miliardi di euro, l’extra-Ue si conferma così la piazza-locomotiva del mercato, a fronte di una domanda comunitaria sin qui sensibilmente più fredda. Fine delle buone notizie. «L’incremento deriva essenzialmente dal primo trimestre - precisa il segretario generale di Unione Italiana Vini Paolo Castelletti - perché maggio e giugno hanno segnato il passo, mostrando un rallentamento dell’export che temo continueremo a patire». Come previsto dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly, infatti, si assiste a un progressivo rallentamento reso ancora più evidente da un ultimo mese molto negativo (-10% volume e -7% valore la variazione tendenziale per spumanti e imbottigliati fermi e frizzanti, con un -13,5% per questi ultimi).
Come vanno le esportazioni del vino italiano?
In sostanza, non ci si può illudere che le esportazioni reggano il gioco, quando le criticità non sono strettamente nazionali. Anzi, giugno ha visto una vera e propria debacle. I 12 Paesi di primo piano della domanda extracomunitaria - a eccezione di Sud-Corea, Messico e Australia - registrano nell’ultimo mese un arretramento degli ordini di vini tricolori in bottiglia, fermi e frizzanti, che chiudono così il semestre dimezzando la crescita in volume registrata appena 30 giorni prima (+4,4% vs +8,5%), con i valori che da +6% scendono a +3,5%. In contrazione meno marcata il trend spumanti, che passano da +18% a +14,5% (volume), con valori da +12,3% a +9,3%.
«Non ha senso drammatizzare né assolutizzare - dichiara il segretario Uiv - ma non possiamo fingere di non vedere un rallentamento dei consumi a livello mondiale. Nel primo semestre 2024 il dato relativo alle vendite di vino in Gdo è negativo del 2,5 per cento e sempre in Gdo il vino lascia sul terreno il 4,3 per cento in Usa e Uk. E se da un lato emergono i discount, dall’altro le bollicine tengono e però vedono uno spostamento, per esempio, dal Prosecco agli spumanti charmat generici senza Do. Il potere d’acquisto delle famiglie si è deteriorato (in Italia e in Europa, ma ancor peggio oltreoceano) e questo porta a ridurre le spese voluttuarie».
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Se questa situazione negativa si aggrega a un 2023 certo non positivo, «sarà già un ottimo risultato poter tenere le posizioni e provare a darsi una scossa», aggiunge Castelletti. E le giacenze sembra probabile siano destinate a crescere. «Considerando la vendemmia scarsa del 2023 (38 milioni di ettari contro i 45 milioni di media), teoricamente avremmo dovuto arrivare a fine agosto con giacenze minime - conferma il dirigente Uiv - però non è così e anzi, poiché la vendemmia 2024 si annuncia normale, arriveremo con un carico di vino in cantina che preoccupa».
L’Osservatorio Uiv-Vinitaly rileva performance in rallentamento significativo, in particolare in Regno Unito, Svizzera, Canada e Cina. Avanti piano anche gli Usa, che rimangono in terreno positivo pur con una crescita meno evidente (da +4,5% di maggio a +2,9% di giugno). «Dovremo cercare di aprire nuovi varchi sui mercati consolidati e su nuovi mercati - chiosa Castelletti - lavorando sul potenziamento della comunicazione in stretta collaborazione con il Ministero del Made in Italy».
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Il vero nodo critico sembra però quello del valore, perché al di là delle quantità sono le marginalità a fare la differenza. «Va riconosciuto un miglioramento progressivo - osserva Castelletti - ma siamo ben lontani dalle medie francesi». In autunno, con molto (troppo) vino in cantina, si rischia anzi di avere una caduta delle quotazioni. «Non si tratta però di svendere per svuotare le giacenze, ma di vendere a valori buoni per portare ricchezza alla filiera. Solo gestendo accuratamente l’immissione sul mercato si possono tutelare contemporaneamente il viticoltore e il mercato stesso, tanto più in Italia dove non abbiamo grandi aziende e nemmeno grandi proprietà terriere».
In realtà, nonostante gli auspici di Uiv, l’impatto di questa situazione si sta già percependo in fase di vendemmia. Confagricoltura Puglia ha lanciato qualche giorno fa l’allarme sulla speculazione relativa ai prezzi delle uve. Nonostante la riduzione di produzione (causa siccità) e la buona qualità dell’uva, i viticoltori si trovano ad esser pagati 0,40 euro al kg. Analoga la situazione in zona Prosecco, dove il ribasso delle quotazioni rispetto al 2023 è significativo, anche se è un compromesso sui valori delle uve sembra possibile.
«Il punto è che dobbiamo lavorare per qualificare l’offerta e sul posizionamento - conclude Castelletti - perché se inseguiamo la quantità mentre il mercato frena non andiamo lontano». E se da un lato cresce la fascia bassa da discount, la fascia alta si aggredisce lavorando sui brand. «In Italia abbiamo pochissimi brand così forti da cambiare il posizionamento ed è difficile costruirne di nuovi - aggiunge - per questo sono i territori e le denominazioni a dover lavorare per innalzare il valore percepito del vino, operando anche scelte oculate per gestire la produzione e le quantità immesse sul mercato».
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Alberto Lupini
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