Nebbiolo, Barbera e non solo: nelle Langhe tante varietà per vini d’eccellenza

Un territorio unico, con oltre 10mila ettari vitati disposti su dolci colline a perdita d’occhio. Tra i vini più prestigiosi qui prodotti troviamo Barolo, Barbaresco, Barbera, Dolcetto, Alta Langa e tanti altri

03 ottobre 2021 | 11:30
di Paolo Porfidio

«Una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino». Basterebbero queste parole, usate dall’Unesco per descrivere le Langhe, annoverate come Patrimonio Mondiale dell’Umanità, per farci venire voglia di prendere l’automobile o il treno e partire verso questo territorio che definirlo “magico” è quasi riduttivo.

Quando si parla di Langhe vengono subito in mente gli oltre 10mila ettari vitati, disposti su dolci colline a perdita d’occhio, che ricoprono le province tra Cuneo e Asti, nella parte meridionale del Piemonte, a ridosso delle Alpi Marittime e dell’Appennino Ligure. Un Piemonte vero, costellato di produttori di vino storici e moderni, il cui contributo umano è riuscito a portare a sé l’attenzione di tutto il pianeta, consacrandolo come uno dei territori più ambiti dagli enoappassionati, e non solo.

Infatti, in questi luoghi si respirano i profumi della Nocciola Tonda Gentile, varietà tra le più pregiate al mondo, di grandi carni derivanti dall’attento allevamento della Fassona, razza magra di grande finezza e prelibatezza, di salumi e formaggi Dop e del tanto ambito tartufo. E non un tartufo qualsiasi, ma quello bianco d’Alba, il più pregiato al mondo, sinonimo di lusso, che riesce da solo ad attirare oltre 300mila visitatori da tutte le parti del mondo in occasione della Fiera internazionale a lui dedicata. E poi pensiamo al profumo del vino, che in questo periodo di vendemmia “al ribollir dei tini” (per citare Carducci) fa rallegrare le anime. In questi declivi si sposano vitigni autoctoni tradizionali e internazionali, a garantire la matrice di un suolo favorevole alla viticoltura di qualità, unito ad un clima invidiabile. Il tutto coadiuvato dall’attenta mano dell’uomo, che da secoli tramanda l’attenta e precisa arte della viticoltura.

 

Un territorio dalle caratteristiche uniche

Il nome “Langhe”, di origine celtica, significa “lingue di terra” e si riferisce alle colline allungate, spesso dai fianchi molto ripidi, disposte a formare tante vallate profonde e strette. Il clima prettamente temperato freddo subcontinentale, come detto, garantisce un ambiente unico in tutto il Piemonte, grazie all’effetto protettivo della catena alpina e dell’influenza di correnti miti e umide dal mar Ligure. Fattori che si esprimono in differenti modi a seconda delle varie quote ed esposizioni, creando un’innumerevole varietà di microclimi diversi, capaci di dare un’infinità di emozioni differenti nel calice.

Il suolo è di origine sedimentaria e marina, di derivazione oceanica, dall’antico bacino terziario piemontese. A partire da circa 12 milioni di anni fa, i fondali erano luogo di accumulo dei sedimenti che oggi formano le rocce stratificate della zona. Durante le diverse mutazioni di profondità del mare, le rocce hanno visto cambiamenti importanti, mutando in composizione e tessitura, portando ad oggi formazioni geologiche distinte che passano da marne calcaree, sabbia, limo, ad argille ricche di sedimenti marini. Questa diversità nel sottosuolo incrementa le sfaccettature che, a seconda della zona, caratterizzano la bevuta finale dei grandi vini prodotti da queste parti.

 

Alta e Bassa Langa

Per comprendere al meglio la produzione vitivinicola delle Langhe, iniziamo con il suddividerle tra Alta e Bassa Langa, percorrendole alla scoperta delle eccellenze che le compongono. La Bassa Langa si trova a nord tra i fiumi Tanaro e Belbo ed è riconosciuta in tutto il mondo per i suoi vini ad oggi più prestigiosi come il Barolo e il Barbaresco, il Dolcetto d’Alba e di Dogliani. Qui sono Nebbiolo e Barbera a farla da padroni. L’Alta Langa si trova invece più a Sud ed ha colline che sono nettamente più ripide e che toccano anche i 750 m o più, dove troviamo in sviluppo da tempo la produzione di Alta Langa con le sue bollicine metodo Classico, Moscato e Barbera.

 

Nebbiolo, il più antico vitigno autoctono del Piemonte

La lente di ingrandimento è sicuramente da focalizzare sui grandi protagonisti delle Langhe, i vitigni che concorrono alle numerose denominazioni, costantemente in crescita. In questo senso, non si può che partire dal principe indiscusso, il Nebbiolo, vitigno a bacca rossa tra i più nobili e preziosi che il nostro Paese possa offrire. È il più antico vitigno autoctono del Piemonte e concorre alla maggior parte delle denominazioni di qualità di questa regione. Per molti il suo nome pare derivare dalla caratteristica morfologia dell’acino che, totalmente ricoperto da pruina, lo renderebbe “annebbiato”. La peculiarità più spiccata di questa varietà è la sua sensibilità ai fattori pedoclimatici che portano alla produzione di vini profondamente diversi, molto spesso anche da vigneto a vigneto. È proprio questa varietà a dar vita ad alcune delle denominazioni più ambite dai wine lovers di tutto il mondo, come Barolo e Barbaresco.

Il Barolo, il “Re dei vini e vino dei Re”, nato dalla caparbietà di Camillo Benso Conte di Cavour e di Giulia Colbert Falletti, marchesa di Barolo, e apprezzato dalle corti di tutta Europa nel XIX secolo, è oggi sinonimo di assoluta eccellenza e ricercatezza. Prodotto in 11 comuni, adiacenti a Barolo, esprime tutta l’eleganza e la tenacia del Nebbiolo, con il suo tipico colore rosso granato scarico e le note di piccoli frutti rossi, rosa e viola che, invecchiando, virano verso le spezie e l’etereo, tartufo e goudron (catrame). Tutte caratteristiche che lo rendono adatto all’abbinamento con grandi piatti a base di funghi e tartufo bianco d’Alba. Si produce in versione annata, con un affinamento minimo di 38 mesi di cui almeno 18 in legno, e in versione Riserva dove l’attesa aumenta fino a 62 mesi. È la prima denominazione in Italia ad aver introdotto il ricercatissimo concetto di “Mega” (menzione geografica aggiunta), uno studio di parcelle e suoli che ricorda il sistema dei “cru” utilizzato in Francia, a testimonianza di una diversità che, nel calice, si traduce in vini dalle mille sfumature e differenze.

Il Barbaresco, prodotto in soli 4 comuni (Barbaresco, Neive, Treiso e Alba), definito il fratello naturale del Barolo, poiché la sua notorietà è riconducibile allo stesso periodo dei Marchesi di Barolo, ma questa volta grazie all’ingegno del primo preside della Regia Scuola Enologica di Alba, il prof. Domizio Gavazza. In questo caso il Nebbiolo in purezza, sottoposto ad un affinamento minimo di 26 mesi, di cui 9 in legno per la versione annata, esprime un colore rosso rubino scarico con riflessi granati e aranciati, con una grande struttura e nerbo. Per la versione Riserva si deve attendere 50 mesi, di cui 9 in legno, ottenendo maggiore armonia ed evoluzione, che lo rendono adatto all’abbinamento con grandi arrosti, selvaggina e formaggi stagionati.

 

Barbera, l’uva piemontese per eccellenza

Agli antipodi di questa varietà troviamo la Barbera (la diatriba tra l’accezione femminile o maschile è aspra tra Asti e Alba, un po’ come la questione arancino/arancina in Sicilia), varietà che grazie alla sua grande adattabilità e alla sua riconosciuta vigoria, tanto da essere resistente alla forte minaccia della fillossera, vide alla fine dell’Ottocento un grande sviluppo, diventando l’uva piemontese per eccellenza. Tra le denominazioni caratterizzate dall’utilizzo di questo vitigno, ricordiamo il Dolcetto d’Alba, il Dolcetto di Dogliani e il Dolcetto di Diano d’Alba. In Langa è la versione Doc Barbera d’Alba la più apprezzata dai consumatori, con i suoi colori purpurei, i profumi nettamente fruttati di confettura e spezie. Un vino capace di abbinare primi piatti come la pasta al forno, fino a secondi di carne e formaggi della tradizione Piemontese a media/lunga stagionatura.

 

Dolcetto, Pelaverga, Arneis, Nascetta

Un’altra varietà molto diffusa in Langa è il Dolcetto, che deve l’origine dal suo nome proprio alla sua caratteristica zuccherina della polpa, nonostante i vini da esso ottenuti siano decisamente secchi, caratterizzati da piacevole acidità e piacevoli note fruttate. Grazie alle sue proprietà remineralizzanti, depurative, diuretiche, lassative e decongestionanti per il fegato, nel Novecento ha visto un largo impiego anche nella cosiddetta cura dell’uva. Oggi concorre alla produzione di vini di pronta beva, per soddisfare l’accompagnamento quotidiano, e vini evoluti, capaci di invecchiare fino a 7-8 anni, regalando grandi soddisfazioni.

Una piccolissima produzione, concentrata nel comune di Verduno, vede il vitigno Pelaverga come protagonista. Una varietà tanto prestigiosa quanto misteriosa, basti pensare che in passato si credeva fosse il vitigno da cui si ricavava il vino che la marchesa di Saluzzo, Margherita Foix, inviava a Papa Giulio II per ottenerne i favori. Riscoperto recentemente dai viticoltori locali verso gli anni Settanta, è oggi molto richiesto sia per il suo caratteristico aroma speziato, sia grazie alla crescita di attenzione da parte degli amanti del vino di vitigni autoctoni.

In Langa, inoltre, non è raro imbattersi in vigneti a bacca bianca, a testimonianza di una diversità che non smette di stupire. Uno tra i più caratteristici è sicuramente l’Arneis, che in dialetto locale significa “birichino” o “scapestrato”. In passato questa varietà veniva coltivata nei pressi dei vigneti di nebbiolo, utilizzata come “repellente” nei confronti degli uccellini affamati che, attratti dal profumo intenso di questa varietà, non disturbavano il principino rosso. Negli ultimi decenni è cresciuta l’attenzione enologica nei confronti di questo vitigno, capace di regalare un calice profumato e, talvolta, complesso, caratterizzato da note floreali, arricchiti da piacevoli note tostate di nocciola.

Altro vitigno autoctono a bacca bianca è la Nascetta, che regala vini aromatici che si prestano all’affinamento in legno e all’invecchiamento, passando da note fruttate e floreali a piacevoli toni evoluti tendenti all’idrocarburo.

 

Alta Langa metodo Classico

Negli ultimi anni però, sta facendo parlare molto di sé anche l’Alta Langa, con le sue “Cattedrali Sotterranee” patrimonio dell’Unesco, dove riposano comodamente alloggiate sulle iconiche pupitre bottiglie champagnotte di metodo Classico, che sempre più spesso trovano spazio sulle tavole più prestigiose di ristoranti gourmet di tutto il mondo. Bollicine piemontesi per eccellenza, nate dalla forte influenza francese e dagli studi condotti da Carlo Gancia a Reims, che tornando in Piemonte, nella zona di Canelli, decide di impiantare barbatelle di Pinot noir e Chardonnay, sviluppando la tecnica di lavorazione del metodo “Champenoise”. Passo dopo passo, con il contributo di importanti imprenditori del territorio, dalla fine dell’800 ad oggi abbiamo assistito al raggiungimento di un livello qualitativo altissimo, che fa tremare le gambe ai produttori di metodo Classico di tutte le altre regioni.

 

Altre decine di varietà sono coltivate in questo territorio, non di minore importanza ma di minor utilizzo, a testimoniare la “magia” delle Langhe, colline da visitare, conoscere e vivere, che devono tutto agli uomini e alle donne che quotidianamente scelgono di dedicare anima e corpo allo sviluppo e alla valorizzazione di un territorio unico.

 

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Alberto Lupini


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