Pinot nero, anima di un territorio e segno di unità per l'Oltrepò pavese

Con la collaborazione del Consorzio, il re dei vini diventa "finalmente" uno dei simboli dell'Oltrepò Pavese come "rosso" come spumante. I produttori vogliono rafforzare l'identità del terzo territorio produttivo in Europa . Una storia che risale alle prime barbatelle impiantate sulle colline a sud del Po a metà Ottocento

27 settembre 2021 | 19:37
di Alberto Lupini

Vi ricordate l’immagine dell’Oltrepò di pochi anni fa? Produttori di vino l’un contro l’altro armati, cantine sociali, imbottigliatori e piccole cantine private in lite nel consorzio e fuori, tanto da richiedere l’intervento delle istituzioni. Per non parlare di un’offerta che fra vitigni (da 150 a 170 uve diverse) ed etichette era la più vasta di tutti i territori viticoli italiani, senza però garantire un’idea precisa del valore di queste meravigliose colline lombarde a sud del Po, che nulla hanno da invidiare a quelle più celebrate delle Langhe o del Chianti.  

Ecco, tutto questo è da dimenticare.

Le cantine giocano la carta dell'identità

Seppellite le armi e consapevoli di giocarsi il futuro del terzo distretto produttivo del vino italiano, le cantine dell’Oltrepò hanno deciso di giocare la carta dell’identità e di puntare sulla qualità, che c’è da sempre, e su ciò che le può unire. E la bandiera che può oggi rappresentare un territorio, ricco di mille sfaccettature (dall’esposizione, quasi mai a sud, all’altitudine) nei suoi 13.500 ettari vitati, non poteva che essere il Pinot nero che ne rappresenta da solo 3.550 ettari, che ne fanno l’area di maggiore produzione in Europa dopo Borgogna e Champagne.

Il vitigno che dà vita a quello che a livello internazionale è spesso considerato il re dei vini, in queste terre è presente almeno da metà Ottocento, era per lo più destinato ad essere spumantizzato per lo champagne, tanto che qui si fa uno dei grandi metodi classici italiani nelle versioni bianco e rosè. Ma da qualche decennio si è scelta la strada di vinificarlo anche nella versione del più “nobile” vino rosso per eccellenza (che solo dal 2011 era stato inserito nel disciplinare della doc) e subito si è imposto sul mercato come uno dei vini più interessanti e identitari, pur nelle diverse versioni, un po’ come succede di Borgogna o nella versione tedesca dello Spätburgunder.

 

Una due giorni per valorizzare vino e territorio in nome del Pinot nero

E così le eleganti bollicine e il rosso sono stati i protagonisti di una due giorni in Oltrepò in cui 20 coraggiose cantine (6 delle quali non facenti capo, ad oggi, al Consorzio) hanno organizzato “Oltrepò - Terra di Pinot Nero: un territorio, un vitigno, due eccellenze” che ha avuto il suo apice nell’Antica Tenuta Pegazzera a Casteggio (Pv), con degustazioni delle molte etichette, alcune anche di vecchie annate, portate dai produttori, e con due master class (sulle bolle e sul rosso) curate dai giornalisti Alessandra Piubello e Filippo Bartolotta.

Il risultato, oltre alla soddisfazione di trovare un progetto serio e concordato, sostenuto dal Consorzio ed al quale sicuramente si aggregheranno tante altre cantine, è stata la presentazione “unitaria” di un grande vino che davvero è espressione oggi di un grande territorio.

Un lavoro di squadra con obiettivi condivisi

L’identità dell’Oltrepò, come ha ricordato il direttore del Consorzio, Carlo Veronese, non può certo esaurirsi nel Pinot Nero («fra i tanti vini del territorio pensiamo solo all’importanza di Riesling, Bonarda o Sangue di Giuda», ha sintetizzato), ma certo questo è un momento fondamentale per comunicare in modo diverso il territorio e per permettere, ricorda sempre Veronese, «ai tecnici e a tutta la filiera di riorganizzarsi attorno ad un progetto condiviso e fare crescere tutto il sistema».

E la collaborazione è l’elemento che per Ottavia Giorgi di Vistarino, coordinatrice delle 20 cantine che hanno dato vita all’evento, nonché vicepresidente del Consorzio, «è fondamentale per dare valore e immagine a un vitigno che nelle sue due versioni può davvero rappresentare le nostre eccellenze, senza per questo dover inseguire la strada del confronto con le altre realtà. Il nostro è il Pinot nero dell’Oltrepò, capace di emozionare per le sue caratteristiche che lo rendono unico».

 

Un vitigno che dal 1850 dà ottimi risultati su queste colline

E che questo vino sia realmente un elemento di tipicità è rappresentato dalla presenza nei vigneti di queste colline certamente a partire da metà Ottocento, quando nel 1850, il Conte Augusto Carlo Giorgi di Vistarino piantò le prime barbatelle di Pinot Nero importate dalla Borgogna gettando le basi per la diffusione di questo vitigno in tutto il territorio dell'Oltrepò Pavese. Da allora di strada ne è stata fatta avendo trovato qui un habitat favorevole per un vitigno che sa esprimere la sua doppia anima grazie alle variegate caratteristiche di questa area collinare stretta tra il grande fiume e l’appennino, costituite prevalentemente da rocce sedimentarie di origine marina, e alla maestria dei viticoltori locali, che con l’osservazione attenta dell’esposizione di ogni singolo vigneto, del microclima, della morfologia dei suoli hanno individuato i migliori terroir.

Le 20 cantine

Ecco le 20 cantine che hanno ideato e realizzato l’evento “Oltrepò Terra di Pinot Nero”: Alessio Brandolini, Azienda Agricola Quaquarini Francesco BIO, Azienza Agricola La Travaglina, Ballabio, Bruno Verdi, Calatroni Vini, Cantina La Versa, Cantina Scuropasso, Cantine Giorgi, Castello di Cigognola, Conte Vistarino, Cordero San Giorgio, Frecciarossa, Giulio Fiamberti, La Piotta, Manuelina, Monsupello, Montelio, Tenuta Mazzolino, Tenuta Travaglino.

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Alberto Lupini


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