Il tappo a vite, la scelta vincente per i vini identitari di Graziano Prà
Graziano Prà celebra il terroir e opta per il tappo a vite, ideale per l'evoluzione dei suoi vini. Al Konnubio di Firenze in scena una degustazione di Soave, Valpolicella e Amarone
«Un grande vino è il riflesso della terra in cui cresce. Tutto prende forma dal terroir. L'identità dei nostri vini è una somma meticolosa e calcolata della natura di questi terreni, dei vigneti in collina, un microclima specifico nonché di un'accurata selezione di uve autoctone. Per il vino sono solo una guida che non migliora quello che offre la natura, ma che la conduce nella giusta direzione verso un vino elegante e prezioso». Così si presenta Graziano Prà. Una storia di conquiste passo dopo passo.
La storia della cantina di Graziano Prà
La prima annata di Soave Otto viene prodotta nel 1983. Nel 1988 nasce il Cru Monte Grande. Nel 1990 viene costruita l'attuale cantina, la zona di pigiatura e la foresteria. Nel 2000 arriva il primo riconoscimento dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso con il Soave Classico Monte Grande. Nel 2001 Graziano acquista i vigneti nella zona allargata della Valpolicella “la Morandina” che ama definire “la nuova Borgogna”. Nel 2006 esce la prima annata di Amarone. Nel 2007 Graziano rileva dal fratello Sergio la sua quota e l'azienda diventa di un unico proprietario. Nel 2016 l'azienda acquista la Tenuta Monte Bisson. Nel 2018 entra nella selezione Wine Spectator dei 100 migliori produttori italiani per il Soave Otto. Nel 2022 apre al pubblico l'Agriturismo Monte Bisson.
Perché, secondo Graziano Prà, il tappo a vite è la chiusura migliore?
«Credo nella vite, anche quando si tratta di tappo». La scelta del tappo a vite è iniziata come una ricerca legata alla longevità del vino. Il primo su tutti è stato Otto, il Soave Classico Doc, per poi arrivare, anno dopo anno, fino ai cru. Dopo molti anni di osservazioni, lunghi affinamenti in bottiglia e degustazioni di vecchie annate Graziano è certo che quella del tappo a vite sia la scelta migliore per l'invecchiamento dei suoi vini bianchi. La risposta, cercata a lungo, al desiderio di produrre vini buoni nel tempo, senza difetti, puliti ed eleganti. Scegliere la chiusura giusta per i vini è un passo essenziale nella ricerca dell'eccellenza che si vuole perseguire. In buona sostanza il tappo a vite con le sue capacità di proteggere e mantenere il vino ne assicura un invecchiamento dipendente dalle caratteristiche del terroir, dell'annata, della mano del vignaiolo e non del tappo».
Riassume cosi Graziano Prà: «Il tappo a vite supporta la longevità dei nostri vini e permette al vino di evolvere correttamente. Garantisce una sigillatura perfetta. È sinonimo di attenzione per il cliente, facile da utilizzare e un alleato per il trasporto del vino». Tutte queste considerazioni, che possiamo riassumere nel “Graziano Prà pensiero” piovono come pillole di saggezza seduti alla tavola apparecchiata del ristorante Konnubio di Firenze, a due passi dalle Cappelle Medicee, dotato di ampi spazi con un tocco di modernità che crea atmosfera in un ambiente storico. Il nome racconta l'ambizione di unire e presentare sapori in modo insolito. La cucina è orientata alla terra con elementi d'entroterra veste anche vari piatti di mare. E nel menu proposto nell'occasione c'è riassunta in pieno questa filosofia adattata saggiamente per accompagnare al meglio e non sovrastare i vini proposti in degustazione.
La degustazione dei vini di Graziano Prà al ristorante Konnubio di Firenze
Il primo vino degustato viaggia da solo, mentre si conversa all'ingresso del locale. Nel Soave Classico Staforte 2016 è attraente l'incontro aromatico e minerale, che alterna idrocarburi e gesso a tranquille ondate di fiori di campo e frutta esotica con un richiamo citrino. Sorso magnetico e amalgamato, di grande equilibrio, scandito dalla freschezza che ne richiama la beva. Secondo Graziano «questo vino è nato come una sfida nel 2004, quando abbiamo iniziato a produrlo, l'affinamento in acciaio era in controtendenza, preferito da quello in barrique. Oggi siamo felici di aver corso il rischio». Il pranzo si apre con una “povera” ribollita toscana che trova nella chips di pane e tonno del Chianti un tocco di nobiltà. Accompagna il piatto un pimpante Valpolicellla Morandina 2023. Così ne parla Graziano: «A lungo ho cercato nella Valpolicella la zona che potesse sposare al meglio il mio stile. La Valpolicella Morandina è l'espressione più fresca e pungente dei mie rossi d'altura». Apre con sensazioni balsamiche e mentolate, poi il floreale di viola e rosa appassita su un sottofondo speziato di spezie a cardamomo. Palato caldo, supportato da freschezza e sapidità con tannino ben integrato e dissolvenza speziata.
A seguire la prova (provocatoria, ma non troppo) del nove ovvero l'idea di presentare il Soave Classico Monte Grande 2017 in doppia versione. Tappo a vite e tappo in sughero. Racconta Graziano: «Questo vino nasce dal vigneto storico della mia famiglia. È un vino frutto di lunghi ragionamenti, studi e sperimentazioni, dove nulla è stato lasciato al caso: il Monte Grande vuole essere il mio grande vino Soave». La viva mineralità, la complessità aromatica che riporta a sentori di mango, passion fruit e cenni di limone li accomuna. Dal punto visivo per luminosità e anche per la pulizia dei profumi il tappo a vite si fa preferire e anche alla distanza, ritornandoci a fine pasto, denota maggior freschezza. Va anche detto, però, che i ricordi tostati di mandorla sprigionati dalla bottiglia in tappo di sughero sanno di evoluzione nobile. Veramente centrata la Mezzamanica con crema di zucca, cinta senese e nocciole tostate scelta per flirtare con questi vini.
Due le proposte per la pietanza che seguirà. Il Valpolicella Superiore Morandina 2020, che, secondo Graziano, «rappresenta il desiderio di esprimere il mio territorio senza forzature e senza obblighi, senza tecniche tradizionali imposte. Un vino libero ed equilibrato, che ho fortemente voluto e a cui ho lavorato per tanti anni». Al primo impatto evidenzia subito il mondo delle spezie con cannella e pepe nero, seguito da frutti rossi sotto spirito in aggiunta a lievi note di sottobosco e accenni di macchia mediterranea. Sorso vigoroso, con grande equilibrio tra dote alcolica, freschezza e sapidità a rendere autorevole la persistenza. Spalanca le porte all'Amarone della Valpolicella Morandina 2017. Graziano lo presenta così: «La mia sfida personale è quella di riportare l'Amarone a tavola. Un vino gastronomico che concilia potenza e complessità al sorso nitido e scorrevole». Al naso note tostate dolci, oltre a sentori riconducibili all'appassimento. Piacevole al palato, con ricordi di vaniglia, amarene sotto spirito, e radice di liquirizia a scandirne un epilogo interminabile. Sontuoso il connubio e qui il termine ci sta tutto, con il consistente peposo di manzo e cima di rapa ripassata. Ci attende ancora per il gran finale il Passito bianco delle Fontane 2021. Graziano lo vede così: «Piccolissima produzione di un vino che ricorda la mia gioventù, il vino dolce tradizionale della zona nella mia personale interpretazione». Parliamo di un autentico nettare che, con i suoi rimandi di confettura di albicocche, pesca noce, mieli millefiori e d'acacia, agrumi gialli canditi e frutta secca, abbinato con i classici Cantucci e crema chantilly, lascia il tempo per un'ultima considerazione di Graziano: «Il vino da secoli dona queste meravigliose parentesi».
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Alberto Lupini