Vinitaly 2025: le associazioni chiedono soluzioni urgenti contro i dazi Usa

A pochi giorni dall'introduzione dei dazi statunitensi se ne avvertono già gli effetti... A Vinitaly le principali associazioni del comparto chiedono un intervento alle istituzioni per tutelare il mercato e promuovere il dialogo internazionale. Le misure potrebbero causare perdite fino a 390 milioni di euro e compromettere la competitività dei produttori italiani

06 aprile 2025 | 14:49

A pochi giorni dall'entrata in vigore dei dazi aggiuntivi del 20% sui prodotti europei annunciati dal presidente Donald Trump, il comparto vitivinicolo italiano inizia a registrare i primi segnali di difficoltà. I produttori di vino italiani si trovano a fronteggiare una crescente richiesta da parte degli importatori statunitensi di abbassare i prezzi per mantenere la competitività sul mercato. Questo sta mettendo a rischio le quote di mercato conquistate con anni di duro lavoro e investimenti.

Come emerso dalle prime dichiarazioni di associazioni e cantine nei giorni scorsi,  il rischio di perdite per il comparto potrebbe raggiungere i 323 milioni di euro, con circa il 76% delle esportazioni italiane a rischio. Le cantine italiane, che hanno fatto appello al governo per una soluzione diplomatica, stanno anche esplorando nuovi mercati in Asia, Sud America e Africa per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense.

Vinitaly come trampolino per affrontare le sfide internazionali

La 57ª edizione di Vinitaly, si conferma un punto di riferimento strategico per il comparto enologico nazionale, non solo per il business ma anche per la diplomazia economica. Con oltre 4.000 aziende espositrici e più di 30.000 operatori esteri attesi da 140 Paesi, la fiera si propone come piattaforma per rafforzare la presenza del vino italiano sui mercati globali, proprio nel momento in cui le tensioni geoeconomiche - come i dazi americani - richiedono risposte unitarie e concrete.

Il vino italiano riparte da Verona: missione a Washington e nuovi mercati

Il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, ha annunciato il sostegno alle istituzioni e alle aziende per promuovere il vino italiano nel mondo. Tra le iniziative in programma, una missione diplomatica all’ambasciata italiana a Washington nelle prossime settimane, insieme a membri del Congresso Usa, per affrontare direttamente la questione dei dazi. Inoltre, grazie alla collaborazione con ICE, sono stati invitati e ospitati a Verona 1.200 top buyer da 71 Paesi, inclusi operatori chiave da Stati Uniti, Canada, Cina, Regno Unito, Brasile e altri mercati strategici, a testimonianza della forte spinta all’internazionalizzazione bidirezionale: dall’Italia al mondo e viceversa.

«Nell’ottica di dare alle aziende un valore sempre crescente, continuiamo a intensificare il sistema delle relazioni, aggregando intorno a Vinitaly tutti i soggetti coinvolti a diverso titolo nella promozione del vino italiano. Anche in questo momento di particolare incertezza, siamo al fianco delle istituzioni per potenziare il presidio negli Stati Uniti. Per questo, nelle prossime settimane, saremo parte di un evento ospitato dalla nostra Ambasciata a Washington che coinvolge membri del Congresso Usa del comitato italoamericano e la National Italian American Foundation, per valorizzare l'eccellenza e l’unicità delle nostre produzioni, che vogliamo continuare a esportare sul mercato statunitense. Si tratta di una importante tappa di avvicinamento verso la seconda edizione di Vinitaly.Usa a Chicago, in calendario il 5 e 6 ottobre prossimo».

Le conseguenze dei dazi sul comparto vitivinicolo italiano

Quale miglior palco se non quello del Vinitaly di Verona, che in queste giornate ha gli occhi di tutto il comparto puntati su di sè, per le Associazioni della filiera vitivinicola italiana (Alleanza Cooperative Agroalimentari, Assoenologi, Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini) per lanciare un appello urgente alle istituzioni italiane ed europe. L’obiettivo è fermare l’applicazione dei dazi attraverso il dialogo con le autorità statunitensi, al fine di evitare il danno economico e la perdita di competitività per le eccellenze vinicole italiane.

Il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, in apertura del Vinitaly ha sottolineato che i distributori statunitensi stanno già chiedendo di non accettare alcun sovraprezzo sui vini italiani: «Dagli Stati Uniti arrivano le prime lettere dei distributori non disposti ad accettare alcun sovraprezzo sui nostri vini. Allo stato attuale si sta evidenziando una bagarre su chi dovrà assumersi l’onere dei minori ricavi per assicurare la stabilità dei prezzi al consumo, le imprese italiane non devono cedere ma imporre la propria forza commerciale su un prodotto che arricchisce in primis la catena commerciale statunitense».

Uiv ritiene che tutta la catena commerciale, dalla produzione al punto vendita, debba sacrificare parte dei ricavi per mantenere invariati i prezzi al consumo, altrimenti il rischio è che molte realtà italiane escano dal mercato. L'Osservatorio Uiv stima che il sacrificio totale si aggirerebbe su 323 milioni di euro all’anno, interessando 480 milioni di bottiglie spedite oltreoceano.

Il comparto vitivinicolo italiano: un cuore pulsante dell'economia nazionale

Il comparto vitivinicolo rappresenta una parte fondamentale dell'economia agroalimentare italiana, con un'incidenza dell’1,1% del Pil nazionale. Tuttavia, la filiera sta attraversando un periodo difficile, segnato da un calo dei consumi interni (che sono scesi del 21% negli ultimi 30 anni) e da una riduzione del 15% degli ettari investiti dal 2000. Questi fattori, uniti agli impatti dei dazi, mettono a rischio la sopravvivenza di molte realtà produttive.

Cristiano Fini, presidente della Cia-Agricoltori Italiani, ha parlato della necessità di affrontare le vulnerabilità del comparto con una maggiore attenzione alle politiche nazionali ed europee: «La batosta trumpiana sul vino Made in Italy svela le crepe di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana, la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balia di una politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il comparto non può più sostenere».

Fini ha inoltre invocato misure di supporto per migliorare la competitività del comparto: «In Europa, adesso, il dibattito va portato al suo punto finale. Il Pacchetto vino dovrà compiere uno sforzo maggiore. I produttori del comparto vanno liberati dai troppi oneri burocratici e incoraggiati con più risorse e misure per la promozione, la crescita e la diversificazione». Questo supporto, ha aggiunto, è fondamentale per affrontare la sfida dei mercati internazionali, incluse le nuove sfide imposte dai dazi.

Il peso economico dei dazi sulle esportazioni di vino italiano

Gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione per il vino italiano, rappresentando circa il 24% dell'export totale. In confronto, la Francia si attesta al 20% e la Spagna all’11%. Questo fa degli Stati Uniti un mercato particolarmente vulnerabile all’imposizione di dazi, che potrebbe compromettere significativamente la crescita delle aziende vinicole italiane. Se si applicasse una percentuale media di calo delle vendite del 20% come accaduto durante i dazi del 2019, si stima una perdita di circa 390 milioni di euro.

Ma le perdite potrebbero essere ben più gravi se si considerano precedenti come quello del vino francese, che ha subito un calo del 45% delle sue esportazioni a causa dei dazi imposti nel 2019. In questo contesto, è importante ricordare che i dazi del 2019 hanno colpito solo il vino francese, mentre questa volta sono applicati a tutte le nazioni produttori di vino europeo, anche se con percentuali diverse.

I vini più colpiti

In particolare, i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, che nel 2024 hanno rappresentato il 48% delle esportazioni italiane negli Stati Uniti, rischiano di subire danni considerevoli. Ma anche i vini rossi toscani Dop, che costituiscono il 40% delle vendite, i rossi piemontesi Dop (31%) e il Prosecco Dop (27%) sono particolarmente vulnerabili. Questi vini, che hanno un valore complessivo di esportazioni che supera i 500 milioni di euro nel 2024, potrebbero vedere un drastico calo delle vendite.

L'influenza dei dazi sul mercato statunitense

La dinamica inflattiva generata dall’introduzione dei dazi non si limita ai costi aggiuntivi per il vino italiano, ma si estende a tutta la filiera commerciale. Questo include importatori, distributori e consumatori americani, che potrebbero ridurre il loro comportamento di acquisto. Questo scenario metterebbe a rischio anni di investimenti sul mercato statunitense e potrebbe portare alla scomparsa di molti prodotti di eccellenza italiana dalle tavole americane.

A preoccupare ulteriormente è anche la creazione di alternative locali che intendono scimiottare il Made in Italy: già si segnalano fenomeni come il lancio in California di un nuovo tipo di vino frizzante che richiama il Prosecco, chiamato “Calsecco”. Questo spumante, prodotto dall'azienda Rack&Riddle, è commercializzato come "realizzato secondo la tradizione veneziana". Un fenomeno che, secondo Coldiretti, si inserisce in una strategia commerciale che potrebbe minacciare direttamente il mercato del Prosecco italiano negli Stati Uniti.

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha dichiarato: «In questa fase è importante che l'Europa giochi in modo diverso, senza cadere in provocazioni, ma imboccando la via del dialogo e della diplomazia, unico modo per difendere i nostri interessi, ma anche quelli degli stessi statunitensi”. Secondo il segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, un'escalation di dazi e controdazi rischierebbe di danneggiare le economie su entrambe le sponde dell'Atlantico: “Occorre comprendere che siamo in uno scenario geopolitico profondamente diverso da quello di qualche anno fa e agire di conseguenza».

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Alberto Lupini


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