Sabato 3 luglio scorso a Castellana Grotte (Ba), in occasione della presentazione del suo ultimo libro '365 giorni di buona tavola”, ho incontrato Beppe Bigazzi, gastronomo di grande competenza, volto televisivo conosciuto dal grande pubblico soprattutto per i tanti anni passati nella trasmissione Rai 'La prova del cuoco”. Ho approfittato della sua grande disponibilità per scambiare quattro chiacchiere e rivolgergli qualche domanda.
Dott. Bigazzi, come le è nato questo grande amore per la cucina?
è nato quando son nato. Ho 77 anni e son nato in campagna. Abitavamo a Terranuova Bracciolini Valdarno, i miei genitori erano contadini, si stava fuori dal paese, non c'era la luce elettrica, non c'era la televisione, non c'era niente. Era il periodo della guerra e quando non si andava a lavorare nei campi si stava a casa. Io stavo con la mamma perché il mi babbo aveva sempre da fare. Così è nato questo amore che ho conservato e alimentato anche nei periodi in cui lavoravo.
Ritiene che la gastronomia debba rispettare i criteri di stagionalità e territorialità?
Questa è una domanda importante, alla quale, per quel che mi riguarda, la risposta è ovvia:”Sì”
In quest'epoca di globalizzazione quali sono, secondo lei, i rischi che corriamo allorquando ci lasciamo tentare dall'utilizzo di materie prime provenienti da altri Paesi?
Il concetto di globalizzazione va esaminato con un certo rispetto. Roma imperiale era la globalizzazione. Da tutto l'Oriente, dal Nord e dal Sud a Roma arrivavano i prodotti più disparati. La globalizzazione c'era già allora, ma i Romani, per lungo tempo prima dell'inizio della decadenza, riuscirono ad avere una forte consapevolezza della propria cultura e si rapportavano con gli altri popoli forti della propria personalità e identità, con l'intento non di sottomettere ma di confrontarsi. Questa è la globalizzazione, cioè circolazione di idee, di brevetti, di beni industriali. Ma noi, in Italia, se abbiamo la coscienza di quello che siamo, di quello che sono i costi del lavoro nel nostro Paese, di quello che sono le dimensioni delle nostre aziende agricole, possiamo produrre solo certe cose. E, grazie a Dio, non produciamo prodotti transgenici, ma siamo condannati a produrre solo capolavori.
Lei che ha viaggiato molto, può darci quella che, a suo parere, è la graduatoria delle tre migliori cucine del Mondo?
Allora, io sono nato tanti anni fa e la mia educazione mi porta ad avere uno smisurato amore per il mio Paese. Per me, in cucina, al primo posto c'è l'Italia, al secondo posto c'è l'Italia, al terzo posto c'è l'Italia. Senza tuttavia disconoscere che esistono altre realtà, altre cucine a cui bisogna essere aperti, ma non come si fa oggi con la moda del pesce crudo. Noi italiani non abbiamo neppure l'organismo pronto ad accoglierlo. La digestione del pesce crudo è molto più veloce nello stomaco di un giapponese che in quello di un italiano. Sono cose che vanno tenute in considerazione.
Allora ci dica quali sono, secondo il suo parere e la sua esperienza, le più gustose cucine regionali.
Le cucine regionali italiane hanno un'unità di base straordinaria. Il cuoco italiano quando ha davanti una spigola, un pollo o un agnello, si chiede come poter valorizzare il sapore del prodotto. Il cuoco francese, al contrario, quando ha davanti le stesse cose, si chiede come poterne trasformare il sapore, coprendolo e rendendolo diverso da come ce l'ha creato nostro Signore. L'unione di fondo è dato da questo atteggiamento di rispetto della cucina regionale italiana. Ciò premesso, essendo del Valdarno, sono per la cucina toscana, quella più semplice che ci possa essere. Se si pensa alla ricchezza della cucina siciliana, che ha subito le influenze delle più grandi civiltà del Mondo compresa quella araba, si dovrebbe dire che è la migliore. Poi se si va in Sardegna si trova una cucina ancora più semplice di quella toscana, ma ogni cucina, che neppure definirei regionale, bensì locale, ha le sue straordinarie caratteristiche. Che si chiami olio di diversa qualità, spezie o altro, ogni cucina ha le sue peculiarità e sono tutte veramente eccezionali.
Qual è il suo piatto preferito?
I fagioli. Da tanti anni a questa parte il mio pranzo di Natale è fatto di otto, dieci, quindici diversi tipi di fagioli, cotti separatamente e conditi con diverse varietà di oli oppure con lo stesso olio, in modo da apprezzarne meglio le differenze. Qui, nel Mezzogiorno avete tante qualità di fagioli, solo quelli di Sarconi ne contano ventidue, poi ci sono gli eccezionali fagioli di Controne, oltre a quelli strepitosi del Gargano.
La cucina pugliese è fatta di cose semplici, un po' come quella della sua regione. In questi giorni passati in Puglia ha avuto modo di apprezzarla e di riscontrare qualche affinità con quella toscana?
In Puglia avete la straordinaria varietà delle verdure che, quando le mangi, danno l'idea del Paradiso. Credi che ci possa essere un piatto più buono del purè di fave, accompagnato dalle erbe amare, le cicorie selvatiche, specialmente se le fave sono quelle di Carpino?
Sono d'accordo, è un piatto eccezionale; è quindi questo il tipo di cucina che preferisce?
Sì, questa è la cucina più vicina alla mia mentalità, la più semplice possibile. Quando vedo quelle cose complicate divento matto.
Qualche anno fa ha scritto un libro coniando il termine di 'osti custodi”. Cosa vuol dire e quali sono i contenuti e le finalità di questo lavoro?
Ancora oggi stiamo continuando a selezionare gli osti custodi che, vivendo in piccoli centri, nell'ambito della loro attività di ristorazione, custodiscono le tradizioni alimentari. Ad esempio, in Valdarno, per dirne una, sono i custodi del fagiolo zolfino che, altrimenti, sarebbe scomparso da tempo. Sono custodi di queste materie prime, dell'olio e del vino, custodi dei tesori del territorio in cui vivono e operano. Ora stiamo facendo anche in modo che diventino venditori del pane, dell'olio e del vino che utilizzano nei loro locali. Inoltre, a parte, abbiamo pubblicato nel libro anche l'elenco dei fornitori.
La sua ultima fatica è il libro '365 giorni di buona tavola”, scritto a quattro mani con sua moglie. Di cosa parla?
Si tratta di 365 ricette divise per stagioni, con l'intento di riabituare la gente all'utilizzo dei prodotti stagionali, spiegando, ad esempio, che i pomodori non ci sono tutto l'anno. Mangiar bene non significa spendere molti soldi, significa usare la propria intelligenza per acquistare le materie prime di qualità nella giusta stagione. Una persona che esce di casa per fare la spesa deve sapere quale piatto cucinare ed acquistare gli ingredienti che servono per quel piatto. E quindi, nelle ricette non parlo mai dei prodotti in maniera generica, ma indico con precisione se si tratta di fagioli di Sarconi o di cipolla di Acquaviva, di Tropea o di Certaldo. è importante, non fai una panzanella senza che il pomodoro sia il costoluto, non fai la minestra di pane senza il cavolo nero.
Ci tolga una curiosità. A casa sua chi cucina, lei o sua moglie?
Anche se fare il cuoco è sempre stata una cosa da uomini, a casa mia cucina mia moglie. Ma gli arrosti li faccio io.
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