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Uova scadute e pomodorini extracomunitari C’è in gioco la salute degli italiani

di Alberto Lupini
direttore
 
14 settembre 2010 | 16:27

Uova scadute e pomodorini extracomunitari C’è in gioco la salute degli italiani

di Alberto Lupini
direttore
14 settembre 2010 | 16:27
 

La speranza è che si tratti solo di prodotti abbandonati per errore nella complessa catena produttiva. In caso contrario ci sarebbe davvero di che preoccuparsi. Considerando una media (abbondante) di 10 uova per panettone, senza l'intervento dei Nas per Natale sarebbero infatti finiti sulle nostre tavole almeno un milione di dolci natalizi 'a rischio”. Come dire che almeno un panettone su 45 di quelli industriali avrebbe potuto essere fatto con uova avariate. Senza dover lanciare un allarme panettone (o pandoro), almeno per ora, la vicenda di Verona segnala comunque un preoccupante degrado di quei livelli minimi di qualità e igienicità che dovrebbero invece costituire la carta vincente della filiera agroalimentare italiana.

A che serve lamentarci un giorno sì e l'altro pure dei prodotti taroccati spacciati per italiani che invadono i mercati internazionali, se a casa nostra non siamo in grado di offrire garanzie? In compenso ci stracciamo magari le vesti con discussioni, a volte veramente di lana caprina, sugli Ogm o sul recupero, sacrosanto, di prodotti ortofrutticoli che si sono persi nella notte dei tempi. Polemiche che in alcuni casi sembrano fatte apposta per coprire le vere vergogne nazionali, quelle fra l'altro che pesano maggiormente sulle tasche e, soprattutto, sulla salute dei consumatori.

Certo a tutti piacerebbe mangiare sempre polenta di Storo, ma in verità ciò che il sistema Italia dovrebbe garantire è che tutte le farine utilizzate siano sane e senza pesticidi. E questo indipendentemente dal potere di acquisto del consumatore o da scelte culturali come quelle di Slow Food.

Se l'intervento dei Nas a Verona troverà altre conferme vorrebbe dire che un uovo su tre prodotto ogni giorno in Italia, almeno in questo periodo, potrebbe non essere adeguatamente controllato nella sua filiera, alla faccia di tanti discorsi sulla tracciabilità. E proprio la tracciabilità è invece l'unico strumento su cui l'Italia dovrebbe investire ad ogni livello per tutelare i consumatori e i produttori seri insieme.

Le 22 tonnellate di pomodorini 'tunisini” sequestrate dalla Finanza a Ragusa ne sono un esempio preciso. Mentre il settore dei pomodori italiani è da mesi in crisi ed è schiacciato dagli sbarchi di fresco o concentrati cinesi che poi vengono spacciati per prodotti italiani, è inammissibili che sui mercati entrino da nord o sud pomodori stranieri di cui non si possono avere informazioni. A preoccupare non è tanto il danno inflitto agli agricoltori italiani (che pure è importante), quanto quelli ben più gravi alla salute e all'immagine del Paese. Chi può dirci oggi quanti pesticidi sono contenuti in quel barattolo di pelati o in quella bottiglia di passata che pure attira, per il basso prezzo, sugli scaffali del supermercato? Se la tracciabilità funzionasse potremmo andare all'origine e vedere se quel produttore in Campania, in Sicilia o in Lombardia ne ha abusato... Ma sui finti Pachino tunisini o cinesi (che superano almeno il 20% dei prodotti spacciati per italiani) chi ci darà mai risposte?

L'elenco potrebbe continuare ancora a lungo visto che di truffe e taroccamenti alimentari è piena la cronaca di ogni giorno. Concludiamo ricordando l'ennesima delusione di questi giorni quando abbiamo appreso che il maggior produttore di finto pecorino italiano (fatto in Romania) è Lacitalia, un'azienda che fa capo ai fratelli sardi Pinna, fino a ieri ritenuti seri e validi difensori del Made in Italy. E che tra i soci di minoranza nella società romena ci fosse niente meno che il ministero per lo Sviluppo economico italiano attraverso la Simest non fa che aggiungere benzina sul fuoco della vergogna.

La ricetta è fin troppo scontata: tracciabilità obbligatoria per tutti, etichette chiare e veritiere, controlli a tappeto. Altro che norme più blande o liberalizzazioni. Abbiamo bisogno di essere tutelati tutti e valorizzare una risorsa fondamentale come la filiera agroalimentare italiana, che non può contare solo su qualche ristoratore di buona volontà che va a cercare prodotti sani e sicuri.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net



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