Traiamo spunto da un interessante articolo su Italia Oggi di venerdì 18 gennaio (pagina 15), dal quale, in prima lettura apprendiamo che da adesso al 2016 il consumo mondiale di vino è destinato a crescere mediamente dell'1,1% all'anno. Per quell’anno si sarà varcata la soglia dei 34 miliardi di bottiglie.
Scandendo le aree del pianeta, a dispetto di un trend che ci porta a considerare significativo qualsiasi fenomeno vissuto nei Paesi emergenti (il già abusato BRIC), si constata che il principale motore di sviluppo è ancora costituito dagli USA, dove è attesa un’interessante crescita del 2,4% annuo.
Già oggi gli Usa sono, per consumi in valore, il primo Paese. E, attenzione, stiamo parlando di un consumo medio procapite di 12 litri all'anno rispetto ai 25 litri di un inglese, ai 53 di un francese ed ai nostri 55. Ma attenzione, in Francia ed in Italia, ovvero nei Paesi grandi produttori ed anche grandi consumatori, comunque i consumi sono diminuiti ed il calo è costante, sebbene lieve.
Ne consegue che i produttori sempre più attentamente devono volgere la loro politica commerciale all’export. E qui, facendo focus sul mercato USA, cominciano le dolenti note. Non parliamo delle regole imposte dagli USA. Si può opinare quanto giuste e quanto al passo con i tempi esse siano, si può opinare il permanere di una filiera volutamente lunga che sia nel retail che nell’horeca contribuisce ad una forbice troppo vistosa tra costo all’origine e prezzo al consumo. Ma tutto ciò è coacervo di regole valide per tutti i Paesi che vogliono esportare in USA.
I questo contesto qual'è la situazione dei produttori italiani ? E non parliamo delle eccezioni dei grandi gruppi, ma della realtà del modello Italia, ovvero della piccola cantina (produzione inferiore al milione di bottiglie), poco strutturata ed equipaggiata al proprio interno, con però vini di ottima qualità.
Atteso che la presenza sul mercato la si sia formalmente ottenuta, ovvero si è con “le carte a posto” e l’importatore individuato, si tratta di cimentarsi nel superare il grande doppio ostacolo della visibilità che deve essere innanzitutto distintiva e, successivamente, per non decrescere, deve essere anche incrementale.
La visibilità distintiva d’ingaggio, in prima approssimazione, è relativamente facile perchè è legata a come è percepito il vino italiano: dal vitigno autoctono alla stretta correlazione al territorio. Più si educa l’end user a questi due plus del vino italiano, maggiormente si radica la visibilità distintiva. E’ un lavoro da sviluppare in modalità pianificata ed agendo in sintonia con entità consortili. Tanto, tantissimo può fare la sapienza nell’utilizzo dei social media. Molto meno possono, sebbene reboanti, le fiere di settore e le compagnie di giro, talvolta utili soltanto a chi le organizza ed a chi, a sbafo, si concede confortevole vacanza.
Circa la visibilità incrementale, ci sia concesso, per essere chiari, di paragonarla al rematore che rema controcorrente. Ecco: se smette di remare, non è che resta fermo, ma per effetto della corrente avversa, torna indietro. Insomma, smettere azioni di comunicazione e di promozione, non lascia l’azienda vitivinicola, in un mercato affollato ed a forte connotazione agonistica come quello USA, sulla soglia di galleggiamento, bensì la inviluppa in un gorgo che inabissa.

E allora, eccoci al punto, la visibilità incrementale, must per sopravvivere e per vivere bene, può essere illusoriamente raggiunta lavorando di sell-in, con soddisfazione piena dell’anello a valle, ovvero importatore/distributore, che sempre più chiede e sempre più facilmente ottiene condizioni di miglior favore, erodendo profitto al produttore, oppure può essere sostanzialmente ottenuta sapendo agire in funzione sell-out, ovvero rendendosi apprezzati dall’end user.
Fare ciò non è semplice ed addirittura è arduo ancorché velleitario ritenerlo possibile agendo in splendida solitudine.
Si tratta di saper cantare in coro. Si tratta di trovare alleati. E qui subentra la grande capacità aggregatrice della rete e, in essa, dei social media e delle applicazioni multimediali.
Le degustazioni guidate, possibili in tempo soltanto con presenza in loco, adesso sono possibili anche plurilocalizzate in aree diverse del pianeta. Certo, c’è il problema del fuso orario, ma ci si adegua ed anzi addirittura, creativamente, la minaccia la si capovolge in opportunità arricchendo le degustazioni. E questo arricchimento lo si pratica in due modalità che solo apparentemente sono antitetiche: favorendo abbinamenti con le nostre DOP, salumi e soprattutto formaggi ed anche, riflettiamoci bene, favorendo abbinamenti con le pietanze della loro cucina che, per definizione e per storia recente, è cucina fusion de facto.
Organizzarsi in tal modo non è difficile. E’ molto più difficile arrivare a crederci per davvero che sia codesto l’approccio migliore, il più efficiente, il più efficace. Ed occhio, in conclusione, ad una terza “visibilità” che denominiamo “visibilità emozionale”. Essa può divenire il “winning factor” per i vini italiani in USA.
La visibilità emozionale è semplicemente da intendersi come bouquet di emozioni che una degustazione guidata sa trasmettere, posta in primis la qualità del vino, ovviamente. E allora, caviamocela così, un saper far toccare la metà della luna (i vini in degustazione) e saper far immaginare, con racconti e documenti multimediali, la realtà vitivinicola ed il territorio, rendendo ben consapevoli gli astanti che la piena esperienza potrà compiersi soltanto con il . . viaggio in Italia.
Ne consegue impulso al wine tourism, di cui tanto si parla.
Se ne parla molto, ci si consola dicendo che è in controtendenza (ha segno positivo) rispetto al totale dei flussi turistici (che hanno segno negativo), ma ci si dimentica che può diventare fenomeno molto più robusto proprio rivitalizzandolo come l’unico strumento atto a rendere compiuta la grande esperienza emozionale che principia ma non si esaurisce con la degustazione del vino.
Il MTV, ora presieduto da Daniela Mastroberardino sta muovendo gli arguti passi in questa direzione.
Anche in questo caso molto può il supporto del web 2.0 e prime interessanti iniziative in tal senso finalmente cominciano ad esserci.