Sembra un po’ la maledizione dei migliori ristoranti al mondo. Come era già successo 4 anni fa al londinese
The Fat Duck (letteralmente l’anatra grassa) di Heston Blumenthal, considerato allora secondo solo allo spagnolo El Bulli di Ferran Adrià, anche il danese
Noma ha avuto dei casi di intossicazione alimentare. Finora il locale non è stato chiuso, ma il problema della sicurezza alimentare anche al ristorante appare ancora una volta in tutta la sua evidenza.
Il giovane René Redzepi sarà anche il miglior cuoco al mondo, come decreta la lista dei 50 ristoranti al top di SanPellegrino, ma evidentemente la capacità in cucina non è tutto in un ristorante. A tutti i locali può capitare di avere dei problemi, magari causati da cattivi fornitori o da sconosciuti guasti tecnici (dalle celle frigorifere ai forni). È però indubbio che quando un ristorante è posto ai vertici delle classifiche mondiali l’attenzione dovrebbe essere assoluta. Se succede di stare male dopo avere cenato al Noma, non è come se si fosse usciti dal kebab sotto casa.
Le giustificazioni dell’accaduto sono abbastanza puerili: causa una mail scritta forse in inglese, nessuno si sarebbe accorto che un dipendente era malato. Ma davvero si può credere che in Danimarca, lo stato forse più poliglotta dell’Unione europea, non ci fosse nessuno in cucina che conoscesse l’inglese?
E ancora. A stare male sarebbero stati ben 63 ospiti sui 74 che sono stati al ristorante fra il 12 e il 16 febbraio. Anche qui si aprono dei dubbi: lo stato di crisi è durato ben 5 giorni e nessuno si è accorto di nulla. E se quasi tutti sono stati male (visto che il locale non parla di stessi piatti consumati...) vuol dire che la contaminazione era davvero grave, tanto che aveva colpito anche i dipendenti... E nessuno se ne accorge? Troppi dubbi che lasciano perplessi perché, lo ripetiamo, il Noma non è un locale qualunque. Per molti critici è il migliore in assoluto al mondo. E in più, per dirla tutta, ma davvero può esistere una media di soli 15 coperti al giorno in un locale di questo tipo?
Di fronte a un caso come questo è forse opportuno che a livello europeo si riveda sul serio tutta la partita della sicurezza alimentare e dell’igiene. Forse in Italia avremo anche ecceduto con le
norme Haccp, ma per molti versi siamo il Paese coi ristoranti più sicuri del continente. Basterebbe entrare nelle cucine francesi o tedesche, anche di stellati, per rendersi conto di come la pulizia spesso sia solo un optional. È forse il caso che anche in questa circostanza (come lo si sarebbe dovuto fare sulla tracciabilità dei prodotti alimentari,
carne di cavallo in primis) si cominci ad alzare la voce e a chiedere rispetto per i consumatori e per chi è più bravo nel tutelarli.