Il via libera lo aveva dato giovedì il ministro delle Politiche agrarie, Luca Zaia, esplicitando il cambiamento netto di rotta: dal 'chi beve non guida” di dicembre all'attuale due bicchieri di vino non fanno male”. E su questa linea, che ufficializza l'archiviazione della tolleranza zero (alcol zero) contro cui si erano battuti i produttori di vino e con loro 'Italia a Tavola”, si sono allineati altri esponenti del Governo, pure loro inizialmente nel campo degli oltranzisti.
è il caso dei sottosegretari Adolfo Urso (del ministero dello Sviluppo economico) Francesca Martini (al ministero della Salute) intervenuti nello stand di Fedagri-Confcooperative in un incontro dal titolo 'Il piacere del bere bene” aperto dal presidente Paolo Bruni (a sinistra nella foto con Adolfo Urso). «Il buon vino e il bere bene non fanno male alla salute. Sono altre le cose che fanno male, come le contraffazioni e le imitazioni che creano pesanti danni economici alle nostre imprese», il pensiero di Urso. E ancora più in positivo quello della Martini «Sono d'accordo con le dichiarazioni fatte ieri dal mio collega Luca Zaia: il vino italiano è sicuro. E fa parte integrante della nostra sana tradizione alimentare del nostro paese».
Come dire, bere vino, con moderazione, fa bene alla salute e come abbiamo più volte ricordato, fa parte di quella Dieta mediterranea che i più dichiarano di volere valorizzare anche senza vino, ma che così sarebbe azzoppata.
Bere bene quindi si può. Un buon bicchiere di vino consumato durante i pasti è tollerato dal nostro organismo e ha un basso rischio sulla nostra salute. Ma le giovani generazioni sembrano ignorarlo, e tendono a preferire nuovi modelli di consumo di alcol, in prevalenza lontano dai pasti. Se cambiano le buone abitudini, cresce però il pericolo per la salute, tanto che oggi in Italia sono un milione e mezzo i giovani a rischio per abuso di alcol e superalcolici. Secondo i dati dell'Osservatorio sull'alcool dell'Istituto superiore di sanità, tra i settantamila alcoldipendenti in cura presso il Servizio sanitario nazionale, l'1% circa ha una età inferiore ai 19 anni e il 10 % ha un'età compresa tra 19 e 29 anni. E se l'alcol alla guida in Italia è la prima causa di morte tra i giovani (circa 2.800 morti all'anno), le statistiche rilevano come siano proprio i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni quelli per i quali è più elevato il rischio di determinare o subire un incidente. Abitudini che contrastano peraltro proprio con la Dieta mediterranea che della moderazione fa da sempre la sua bandiera.
Allarme alcol tra i giovani quindi? Il fenomeno è in buona parte riconducibile al diffondersi di modelli culturali differenti. «Il consumo e l'abuso di alcol fra i giovani e gli adolescenti è un fenomeno preoccupante e in forte crescita sia a livello internazionale sia nazionale - ha dichiarato Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale alcol Cnsps dell'Istituto superiore di sanità e presidente della Società italiana di alcologia.
«La cultura del bere diffusa tra i giovani è il modello del binge-drinking, ossia del 'bere per ubriacarsi”, con consumi che superano i 6 drink di seguito, in un'unica occasione. Un fenomeno che è particolarmente in crescita tra le ragazze ed è la chiara conseguenza di un impegno educativo sul concetto di limite che è mancato e manca in Italia, dove si è lasciato spazio alle pressioni al bere esercitate da parte della società, dei media e spesso dalla famiglia. Una cultura che gli adulti non hanno saputo contrastare e che ha reso indissolubile il legame dell'alcol con il divertimento, le occasioni e - è triste dirlo - con le emozioni, privando i giovani di alternative e, in molti casi, di prospettive sane di vita».
Che l'abuso di alcol da parte dei giovani sia concentrato in singole occasioni e lontano dai pasti è «un modello di consumo - ha spiegato Paolo Bruni, presidente Fedagri-Confcooperative - assolutamente nuovo per il nostro Paese e che è estraneo alla sane abitudini mediterranee incentrate sulla moderazione e sul consumo del vino ai pasti quale parte integrante di una corretta alimentazione. Contro queste nuove abitudini va recuperata la cultura del bere bene: il problema non è il vino, ma i tempi e le modalità di consumo».
Ma come recuperare i modelli culturali di un tempo? La parola d'ordine è informare per prevenire, evitando così di curare. Silvio Borrello, direttore generale Sicurezza alimentare del ministero della Salute: «Se da un lato circa l'80% della popolazione consuma il vino secondo sani criteri di moderazione, dall'altra occorre intervenire verso quella fascia di popolazione che presentano modelli e stili di consumo a rischio con iniziative di prevenzione e campagne di informazione e sensibilizzazione». Sulla stessa linea Secondo Ricci, presidente di Caviro, una delle più grandi cantine cooperative italiane, uomo immagine tv, che ha spiegato: «Come in tutte le cose, anche nel bere vino, occorre buon senso».
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