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Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

Nel Dl Aiuti è contenuto un emendamento che permette alla città lagunare, e a lei soltanto, di mettere un freno al numero di appartamenti per affitti brevi. Una regola per evitare che le città d'arte si svuotino di residenti e che già Verona, Firenze e Bologna chiedono di poter replicare

08 luglio 2022 | 17:13
Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici
Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

Nel Dl Aiuti è contenuto un emendamento che permette alla città lagunare, e a lei soltanto, di mettere un freno al numero di appartamenti per affitti brevi. Una regola per evitare che le città d'arte si svuotino di residenti e che già Verona, Firenze e Bologna chiedono di poter replicare

08 luglio 2022 | 17:13
 

Non c'è che dire, per Venezia gli ultimi giorni sono stati, per certi versi, rivoluzionari. Prima è stata la volta dell'approvazione del nuovo sistema per regolamentare gli accessi ed evitare le invasioni registrate con il ritorno del turismo di massa. Poi è arrivata l'approvazione alla Camera del Dl Aiuti, che contiene un emendamento pensato ad hoc per la città lagunare

Di cosa si tratta? In maniera formale di «Misure per favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata nella città storica di Venezia». In maniera invece più semplice, si tratta di concedere al Comune di Venezia degli strumenti per limitare il numero di affitti brevi a tutela del centro storico e nel tentativo di ripopolarlo di residenti e non soltanto di turisti. 

Per intenderci, a Venezia sono circa 7mila le abitazioni destinate a locazione turistica regolarmente censite, che equivalgono a 30mila posti letto. Un numero cresciuto vertiginosamente negli ultimi anni e arrestatosi soltanto con l'arrivo del Covid. Di contro, la città storica continua a perdere abitanti (ora sono poco meno di 50mila, nel 2000 erano 65mila, nel 1950 175mila). 

Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

Un freno ad Airbnb: perché solo a Venezia? 

L'emendamento al Dl Aiuti è stato presentato da Nicola Pellicani, parlamentare del Partito democratico. La volontà dei dem era varare uno strumento che potesse essere utilizzato in tutte le città, ma il pensiero si è dovuto scontrare con la realtà. E allora perché soltanto Venezia? In virtù del suo carattere di unicità sancito dalla Legge Speciale, che considera la tutela della città, della sua laguna e del suo tessuto sociale ed economico una questione di preminente interesse nazionale. 

Così ora l'Amministrazione della città lagunare avrà tra le sue mani strumenti che nessuno ha mai avuto prima. Quali? Il Comune potrà stabilire i limiti massimi di immobili da adibire agli affitti brevi, anche in maniera diversa da zona a zona. Potrà poi stabilire che l'attività di Airbnb si possa svolgere fino a 120 giorni l'anno anche non consecutivi. Oltre questo limite servirà il cambio di destinazione d'uso, facendo perdere al proprietario i vantaggi della cedolare secca. Infine, la norma prevede che il numero massimo di immobili turistici sia aggiornato periodicamente in proporzione alla popolazione residente.

Tutti contenti? Insomma... 

 L'emendamento è, come detto, rivoluzionario e risponde alle richieste fatte negli anni dalla politica veneziana. «I flussi vanno regolati e regolamentati per trovare un equilibrio tra chi ci vive e chi viene a visitare la città – ha detto al Corriere il sindaco Luigi Brugnaro - Abbiamo contribuito e sostenuto fortemente la stesura del testo di questo emendamento proprio perché è all’Amministrazione comunale che viene affidata questa grande responsabilità. Ascolteremo tutti e al termine faremo sintesi per arrivare ad un regolamento che sia il più condiviso ed equilibrato possibile. Non sarà un percorso facile». 

Luigi Brugnaro  Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

Luigi Brugnaro

L'obiettivo ultimo è ridare linfa al tessuto sociale cittadino ed evitare che si arrivi allo svuotamento completo di Venezia e al tanto temuto effetto "parco giochi", una città bella, ma ormai priva della propria anima. Non a tutti però la decisione è andata giù. «Si tratta di un emendamento liberticida: con una disposizione di assai dubbia costituzionalità, si attribuisce a un’amministrazione comunale il potere di stabilire se, come e quando un cittadino possa esercitare il diritto di proprietà sulla sua casa», ha detto Giorgio Spaziani Testa, presidente nazionale di Confedilizia

 

 

Firenze sta sull'uscio 

Per qualcuno che borbotta, ci sono altri che vedono in Venezia un esempio da seguire. In prima fila troviamo senza dubbio Dario Nardella, sindaco di Firenze, che avrebbe fortemente voluto che l'emendamento non riguardasse soltanto la città lagunare. Digerito in fretta il muro di Roma, il primo cittadino toscano ha comunque deciso di portare avanti una battaglia che sta combattendo da sempre. «Siamo contro la rendita passiva e parassitaria - aveva detto senza andarci troppo per il sottile - e vogliamo invertire la rotta sul turismo mordi e fuggi e la deregulation del commercio». 

Così anche Firenze chiede di poter varare la sua legge "salva centro storico", che nelle idee di Nardella dovrebbe riguardare tutti i comuni capoluogo o patrimiono Unesco, permettendo loro di fissare limiti temporali e quantitativi per le abitazioni da usare per affitti brevi turistici nonché limiti per la variazione di destinazioni d’uso. 

Ci sono anche Verona e Bologna 

L'emendamento Venezia sembra quindi aver smosso le acqua anche fuori dalla Laguna. All'appello, oltre all'appena citata Firenze, hanno subito risposto anche Bologna e Verona. Nardella ha infatti trovato immediata sponda in Matteo Lepore, sindaco della città felsinea. Se infatti a livello numerico il capoluogo toscano è ancora inavvicinabile, gli effetti del turismo mordi e fuggi sono identici anche in quello emiliano. E anche Bologna vorrebbe quindi mettere un freno agli Airbnb. A oggi conta 3.500 posti letto. 

Non si differenzia il discorso nemmeno per Verona, dove quanto accaduto a Venezia ha trovato la sponda di Massimiliano Schiavon, presidente di Federalberghi Veneto, in attesa di capire la linea del neo eletto sindaco Damiano Tommasi. «L'affittanza turistica non è purtroppo mai stata regolata, creando una concorrenza selvaggia e danneggiando non soltanto gli alberghi, ma in modo più ampio la residenzialità dei nostri centri storici - ha detto a L'Arena - Speriamo che quello di Venezia diventi un modello da applicare anche a livello nazionale, incominciando proprio da Verona, che è una delle città con maggiori problematiche». 

I portici di Bologna  Parte da Venezia la “battaglia” contro Airbnb per salvare i centri storici

I portici di Bologna

Una tegola per Airbnb 

E in un contesto come quello di cui abbiamo appena parlato, è notizia dello scorse ore un'altra tegola piombata sulla testa di Airbnb, azienda leader nel settore degli affitti brevi. L'avvocato della Corte di Giustizia dell'Unione Europea Maciej Szpunar ha infatti stabilito che la manovra correttiva messa in atto dall'Italia nel 2017 per regolamentare il nuovo regime fiscale dedicato agli affitti brevi di case o appartamenti che non rappresentano attività lavorativa (ovvero Airbnb e simili) sia legittima. 

Di cosa si tratta? Lo spiega la Corte: «A decorrere dal 1° giugno 2017 i redditi derivanti dai contratti di locazione (brevi) sono assoggettati a una cedolare secca tramite ritenuta alla fonte con aliquota del 21% e i dati relativi ai contratti di locazione devono essere comunicati all'autorità fiscale. Quando incassano i canoni, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare nonché quelli che gestiscono portali telematici devono operare, in qualità di sostituti d'imposta, una ritenuta del 21% sull'ammontare dei canoni e provvedere al relativo versamento al Fisco». 

Per Szpunar, si legge nelle conclusioni depositate dall'avvocato, tutto ciò è «perfettamente coerente», ponendo fine alle lamentele dell'azienda americana, che reputava la scelta dell'Italia un'invasione di campo non richiesta e che per questo aveva presentato ricorso per l'annullamento del provvedimento. Si tratta, è bene sottolinearlo, di conclusioni che non comportano vincoli per la Corte: toccherà ai giudici deliberare la sentenza. Di certo però segno un punto importante per l'Italia. 

Milioni per le casse dello Stato 

Una vittoria porterebbe maggiori gettiti nelle casse dello Stato. Secondo quanto riporta Il Messaggero infatti, nel 2018, il secondo anno di applicazione della “tassa Airbnb”, le entrate si sono infatti attestate ad appena 44 milioni di euro, una cifra di quasi 100 milioni inferiore rispetto ai 139 milioni calcolati nella relazione tecnica del ministero dell’Economia e delle finanze. E ancora più bassa se confrontata con le stime effettuate da Federalberghi, che allora parlava di un ammanco di oltre 250 milioni. Ad adeguarsi alla nuova normativa, infatti, sarebbero stati poco più di 7mila contribuenti.

 

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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