Sembrano dichiarazioni esagerate, al limite della follia, quelle pronunciate dal ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida quando, in occasione di un intervento sulla proposta della Commissione Ue di inserire avvertenze sanitarie sulle etichette delle bevande alcoliche, ha citato uno studio inglese sull'acqua per sostenere che «l'abuso di acqua può portare alla morte». Sicuramente è vero, ma quante persone nel mondo stanno male per aver bevuto troppa acqua? Pochissime, al punto che trasformare questo dato in un paragone col consumo di alcol rischia di creare un allarmismo inutile. Da una figura istituzionale ci si aspetterebbe un commento un po' più dignitoso, perché generalizzare in questo modo finisce per distrarre dai problemi reali e dalle politiche di prevenzione che invece sarebbero necessarie.
Lollobrigida e l'acqua letale: un confronto surreale che distrae dal vero problema
Eppure il ministro è stato chiarissimo: «L'abuso, avvertono da Londra, può avere conseguenze molto negative, addirittura pericolose. Il meno che possa capitare è una sudorazione eccessiva che può portare in casi estremi alla rimozione delle ghiandole sudoripare, contraccolpi possono riguardare il cervello, il cuore, il sangue troppo diluito, l'insonnia, danneggiare i reni. E uno dice: "Mazza il vino quante cose fa?" No, questa è l'acqua. L'abuso di acqua può portare alla morte. Ma c'è un prodotto il cui abuso può non può produrre danni? Non ne conosco».

Provocazione o responsabilità? Lollobrigida e l'analogia assurda tra acqua e alcol
Che si tratti di una provocazione è evidente, ma se da un lato può far sorridere, dall'altro lascia perplessi sul fatto che un ministro non abbia trovato un modo meno allarmistico per spiegare che non esiste consumo privo di rischi quando si esagera con qualunque sostanza. Il punto è che l'uscita, così formulata, rischia di spostare l'attenzione dal contenuto della proposta europea (che riguarda l'etichettatura delle bevande alcoliche) a una discussione paradossale sull'acqua, un bene che di certo non desta preoccupazioni così diffuse nella comunità medica o scientifica.
Lollobrigida e le uscite sul vino e sul Codice della strada
Non è del resto la prima volta che, purtroppo, delle parole di Lollobrigida lasciano a desiderare. Giusto qualche settimana fa, infatti, il ministro - parlando del nuovo Codice della strada voluto da Matteo Salvini - aveva pronunciato altre dichiarazioni discutibili a proposito dell'alcol e della guida in stato di ebbrezza. Aveva ammesso di bere «con piacere» durante le cene, aggiungendo di «cercare» di non esagerare e di «tendenzialmente» non mettersi al volante dopo aver bevuto. È chiaro che, di per sé, queste parole non dovrebbero sorprendere, poiché evitare di guidare in caso di alcol è una norma di buon senso. Eppure stupisce la scelta di espressioni che sembrano relegare la prudenza a un ambito di intenzioni, quando da una figura pubblica ci si aspetterebbe un richiamo più fermo alla responsabilità.

Quella sull‘acqua non è la prima uscita senza senso di Lollobrigida
In quella stessa occasione, si discuteva poi anche del calo nei consumi di vino che si era verificato dopo l'introduzione delle nuove regole. Lollobrigida aveva provato a minimizzare la questione, sostenendo che i dati allarmistici non rispecchiassero fedelmente la realtà e che non ci fossero variazioni così significative. Molti ristoratori e produttori, però, avevano lamentato perdite tangibili fin dalle prime settimane di maggiori controlli: da Nord a Sud si era registrata una netta diminuzione nelle ordinazioni di bottiglie intere, a fronte di un incremento nel servizio al calice. La lettura fornita dal ministro, dunque, appariva in contraddizione con l'esperienza diretta degli addetti ai lavori, lasciando aperti molti interrogativi sulla percezione delle politiche di prevenzione e dei loro effetti reali.

Insomma, per concludere, un ministro, nonché alta carica di governo in uno stato, non può permettersi di fare dichiarazioni così superficiali e ambigue. Uscite del genere, lungi dall'invitare a una moderazione responsabile, rischiano di alimentare allarmismi ingiustificati e di distrarre l'attenzione dal dibattito serio che dovrebbe animarsi attorno alle politiche di prevenzione e sicurezza. Soprattutto in un periodo in cui la chiarezza e la responsabilità nel linguaggio istituzionale sono indispensabili.
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