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Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Colori, profumi, luci, suoni, packaging. Sono modi attraverso i quali chi opera nel business della ristorazione può arrivare a conquistare il palato, ma anche il cuore e il cervello del cliente. Secondo Giacomo Pini, specialista di marketing della ristorazione, per guidare un locale è necessario andare oltre alla bontà dei piatti e all'efficienza del servizio percorrendo anche il sentiero delle neuroscienze

26 agosto 2024 | 05:00
Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante
Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Colori, profumi, luci, suoni, packaging. Sono modi attraverso i quali chi opera nel business della ristorazione può arrivare a conquistare il palato, ma anche il cuore e il cervello del cliente. Secondo Giacomo Pini, specialista di marketing della ristorazione, per guidare un locale è necessario andare oltre alla bontà dei piatti e all'efficienza del servizio percorrendo anche il sentiero delle neuroscienze

26 agosto 2024 | 05:00
 

C'è un nuovo sentiero che dovrebbero saper percorrere i ristoratori per conquistare sempre più clienti e, di conseguenza, il mercato, ed è quello delle neuroscienze applicate al marketing della ristorazione. Secondo Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione, nonché fondatore di GpStudios, oltre a saper mettere in tavola un buon piatto, ad avere un servizio efficiente e un magazzino funzionale è necessario saper sfruttare al meglio le peculiarità del neuromarketing.

Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Il pasto induce a comportamenti simili e riconducibili di una persona che fa acquisti in un negozio

Per l'autore dei fortunati volumi "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L'Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali" «il pasto induce a comportamenti simili e riconducibili di una persona che fa acquisti in un negozio».

Neuromarketing al ristorante: perché ha senso parlarne

Per Pini oggi è ormai indispensabile parlare di tecniche neuromarketing per chi opera nella ristorazione.

«Un consumatore che entra in un ristorante e ordina il suo pasto ha comportamenti simili e riconducibili a una persona che fa acquisti in un negozio - ha premesso il fondatore di GpStudios - Ogni scelta che fa, dalle voci di menu analizzate e richieste fino alla presa di consapevolezza del fatto che è rimasto talmente soddisfatto da voler tornare in quel locale nel prossimo futuro, è guidata da processi complessi con natura tanto cognitiva e razionale quanto emotiva e sensoriale. La psicologia e l'analisi dei comportamenti di consumo possono dunque, in questo senso, diventare utilissime per i ristoratori che vogliono fornire un'esperienza memorabile ai propri clienti, con una proposta ben studiata e un servizio curato in ogni dettaglio, dall'accoglienza al commiato».

Neuromarketing al ristorante: trucchi per i ristoratori

Quali sono quindi i «trucchi» che possono mettere in atto i ristoratori per conquistare gli avventori con il neuromarketing?

Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Per il ristoratore è possibile guidare la scelta del cliente verso piatti specifici o magari menu-combo

«Esistono diverse strategie che i ristoratori possono mettere in pratica per aumentare le vendite nel proprio locale, guidando la scelta del cliente e influenzando il percepito - ha spiegato Pini - Facciamo un esempio a livello di offerta. Un menu o una carta vini con troppe proposte potrebbe rendere troppo difficile per il cliente fare la propria scelta, mandando così in tilt quello che viene chiamato “cervello primitivo”, che predilige invece semplicità e sicurezza. Allo stesso modo, per il ristoratore è possibile guidare la scelta del cliente verso piatti specifici o magari menu-combo posizionando queste referenze sui punti focali della carta. Un discorso simile vale per quanto riguarda i prezzi, per quello riconosciuto in psicologia come “effetto framing”: le scelte di acquisto rispetto a uno stesso prodotto possono cambiare notevolmente da persona a persona, da caso a caso, proporzionalmente a come muta la modalità con cui vengono presentate le informazioni. Non è di certo un segreto di Stato, per chi conosce l'ingegneria del menu o per chi desidera applicarla in maniera efficace per presentare al meglio la proposta del proprio locale, che i prezzi in carta non dovrebbero mai essere incolonnati, né tantomeno presentare il simbolo della valuta accanto alla cifra. Inoltre, in una lista di voci di menu, ha più probabilità di essere scelta quella con un prezzo medio rispetto a quella con un prezzo troppo alto o molto basso».

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Neuromarketing al ristorante: i possibili risultati

Dopo queste premesse e considerazioni, quali sono quindi i risultati che ci si può aspettare?

Neuromarketing nel piatto: come “sfruttare il cervello” al ristorante

Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione

«Applicare la psicologia nella strategia commerciale e di comunicazione di un locale può sicuramente portare risultati economici positivi, soprattutto a livello di vendite e fatturato - ha dichiarato il fondatore di GpStudios - Tuttavia, bisogna fare attenzione e trovare la propria strada per poi non cadere in grandi trabocchetti che finirebbero per minare il futuro dell'attività. Un esempio? Secondo diversi esperimenti effettuati a inizio secolo, risulta evidente come i consumatori tendano ad associare un prezzo alto alla degustazione di un prodotto più buono e al contrario abbiano una percezione più positiva quando testano un prodotto con un prezzo più alto a prescindere dall'effettiva qualità. Un ristoratore potrebbe avvalersi di questo assunto per decidere di vendere i propri piatti a un prezzo più alto, così che i clienti siano portati ad avere una predisposizione migliore rispetto all'esperienza. Tuttavia, se questi prezzi non vengono poi giustificati in qualche modo si rischia di perdere clienti su clienti. Chiedetevi come fanno i rifugi in montagna a vendere un caffè a 2 euro e avere clienti sorridenti uscire dalla porta: basta un caffè fatto in maniera decente, un sorriso e un biscottino o un cioccolatino servito sul piattino e la magia è fatta. Ovviamente, affinché i fattori contestuali possano essere quanto più possibili efficaci nell'influenzare il comportamento d'acquisto è necessario conoscere i propri clienti, sapere perché potrebbero essere attratti da un determinato fattore e come far sì che il risultato possa essere massimizzato. Tanto per fare un esempio, i genitori che portano i propri figli a cena dopo il cinema risponderanno in maniera differente a un locale con luci fredde e colori vibranti rispetto a una coppia che sta festeggiando una ricorrenza importante. Allo stesso modo, l' utilizzo di una profumazione agrumata all'interno del locale verrà percepita diversamente da un turista che entra in un bar nelle ore calde di un pomeriggio d'estate e di un lavoratore che vuole prendere il suo caffè prima di recarsi in ufficio. Le differenze percettive sono in grado di generare emozioni più o meno positive, capaci a loro volta di influenzare le scelte di acquisto e, nel caso della ristorazione, di consumo. Ecco perché è fondamentale riuscire a tenerne traccia: solo lavorando sul cliente per ottenere la sua massima soddisfazione è possibile ottenere quei risultati certi che servono al locale per vincere sul mercato».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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