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Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»

Basta piatti scenografici e abbinamenti forzati: per Raspelli, il futuro della ristorazione è nella cucina autentica, quella che racconta il territorio. Clienti e turisti vogliono sapori veri, non esperimenti da laboratorio. Quindi, più che stupire, oggi si deve tornare ad emozionare con piatti sinceri e legati profondamente alle nostre radici

di Nicholas Reitano
Redattore
26 febbraio 2025 | 16:47
Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»
Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»

Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»

Basta piatti scenografici e abbinamenti forzati: per Raspelli, il futuro della ristorazione è nella cucina autentica, quella che racconta il territorio. Clienti e turisti vogliono sapori veri, non esperimenti da laboratorio. Quindi, più che stupire, oggi si deve tornare ad emozionare con piatti sinceri e legati profondamente alle nostre radici

di Nicholas Reitano
Redattore
26 febbraio 2025 | 16:47
 

Il fine dining sta davvero scomparendo? La domanda è sulla bocca di tutti... nel mondo della ristorazione non si parla d'altro. Infatti, da anni, sempre più ristoranti di alta cucina ormai faticano a riempire le sale, con il pubblico che, contemporaneamente, si allontana da piatti costruiti più per stupire che per soddisfare il palato. Per Edoardo Raspelli, critico gastronomico e volto storico della tv, il problema è chiaro: «Non chiudono solo i locali di alta cucina, ma anche tanti ristoranti "bluff" che non offrono un'esperienza autentica». Oggi la gente spende con più attenzione e cerca qualcosa di diverso: piatti con più sostanza e meno effetti speciali, un rapporto più diretto con chi sta in cucina. Non è solo una questione economica, ma di esperienza complessiva: «Frequento meno i ristoranti rispetto al passato, anche perché mi divertono sempre meno. I menu sono tutti uguali, i locali aperti solo nel weekend, i ristoratori che si prendono troppo sul serio. Non c'è più la gioia della tavola».

Se perfino Ferran Adrià, il simbolo della sperimentazione in cucina, ha dovuto chiudere anni fa il suo ristorante, significa che il modello non funziona più come prima. Intanto, le osterie e le trattorie sembrano resistere meglio. Non perché vivano un boom, ma perché rispondono meglio alle nuove esigenze: «Il pubblico cerca esperienze più autentiche. Vedo locali strapieni dove si mangia bene, con piatti legati al territorio e prezzi onesti - ha aggiunto Raspelli. Poi vai in un ristorante tristellato e sei in quattro in tutta la sala». Ma allora, è davvero finita l'epoca del fine dining? Le osterie possono prendere il posto dei ristoranti di lusso o rischiano di perdere la loro identità? E in un mondo in cui i social contano più delle guide gastronomiche, come si costruisce oggi il successo di un locale? Ne parliamo proprio con il noto critico, che senza mezzi termini ci spiega perché «dobbiamo tornare alla nostra cucina, alla nostra identità».

Osterie e trattorie saranno i ristoranti fine dining del futuro? Risponde Raspelli

Edoardo, Ferran Adrià ha detto che molti giovani chef oggi non inseguono più le stelle Michelin, ma vogliono solo un ristorante accogliente e sostenibile. Questo è un segnale di crisi del fine dining o un ritorno a una ristorazione più autentica?
Non sono d'accordo con Adrià. Vedo giovani chef aprire ristoranti ovunque, ma puntano ancora su piatti estremamente ricercati, pieni di ingredienti superflui. A leggere i menu, sembrano tutti uguali: un eccesso di elementi che alla fine non raccontano più nulla. Per esempio, di recente ho provato un nuovo ristorante a Domodossola con mia moglie: si mangiava benissimo, per carità, ma era sempre fine dining, non un ritorno alla cucina tradizionale. Il problema è che questi giovani non propongono piatti legati alla nostra storia gastronomica, ma cercano di stupire con abbinamenti improbabili e decorazioni scenografiche.

Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»

Il critico gastronomico Edoardo Raspelli

In Italia, i ristoranti più frequentati non sono quelli di lusso, ma quelli che offrono una cucina accessibile e legata alla tradizione. Questo modello potrebbe sostituire il fine dining in futuro?
Non dico che il fine dining sparirà, ma il pubblico sta cambiando. Faccio un esempio: una domenica sera di ottobre, ho cenato in un ristorante tristellato. Eravamo in quattro, in tutta la sala. Ho ordinato un piatto di gamberi, 60 euro per quattro gamberetti. La gente ne ha abbastanza di questi eccessi. Qualche sera fa, invece, sono stato invitato in un ristorante a Cazzago San Martino (Bs): era strapieno, si mangiava bene, con piatti legati al territorio e prezzi onesti. Questo dimostra che il pubblico cerca esperienze più autentiche e accessibili.

Osterie e trattorie di successo: i consigli di Raspelli

Entrando nel tecnico, quali sono le caratteristiche che permettono a un'osteria o a una trattoria di sopravvivere e avere successo?
Prima di tutto, un menu essenziale. Non serve proporre 50mila piatti diversi, come si faceva una volta, ma pochi e ben fatti, evitando sprechi. La materia prima deve avere sapore: oggi si fa fatica a trovare carne di qualità, il pesce arriva quasi tutto da allevamenti lontani. Inoltre, i cuochi non sanno più lavorare le materie prime: ricevono la carne già tagliata, il pesce già sfilettato, e spesso i piatti vengono solo riscaldati. Una buona trattoria deve puntare sulla freschezza e sulla qualità del prodotto, senza scorciatoie.

Osterie e trattorie spesso hanno margini di guadagno ridotti. Quali strategie possono adottare per essere più redditizie?
Il lavoro familiare aiuta molto, e poi ci deve essere più flessibilità negli orari e nei costi. Inoltre, è importante semplificare anche la carta dei piatti e dei vini: servire vini del territorio costa meno e spesso garantisce qualità e accostamenti superiori rispetto a etichette più blasonate. Infine, bisogna puntare sullo spirito di servizio: il cliente deve infatti sentirsi accolto, non solo servito...

Intervista a Raspelli: «Fine dining? Meglio raccontare il territorio nel piatto»

I consigli di Raspelli per osterie e trattorie di successo

Aggiungo: oggi la comunicazione è quasi sempre sinonimo di successo e visibilità per un ristorante fine dining. Quindi, quanto è importante per un'osteria avere anche una strategia digitale?
I social sono importanti, ma anche lì, come le guide, sono pieni di marchette. Per esempio, aprite TikTok o Instagram: vedrete persone che si abbuffano con smorfie esagerate e proclamano "la miglior trattoria di Torino" solo perché hanno mangiato gratis. Purtroppo, la critica gastronomica è morta, la fanno in pochissimi, ed è ormai sostituita da pubblicità mascherate da recensioni. Questo crea un problema di credibilità: i ristoratori devono stare attenti a come si promuovono e scegliere con cura chi racconta la loro realtà.

E riguardo, appunto, alle guide gastronomiche, hanno ancora un valore per le osterie?
La Michelin, con tutti i suoi difetti, resta la guida più influente. Le altre ormai chi le legge più? Le edicole sono scomparse, le guide cartacee non vendono, e anche le versioni digitali faticano. Le osterie, quindi, devono mantenere la loro dignità e puntare sulla propria autenticità. Meglio affidarsi al passaparola.

Siad

L'appello di Raspelli: «Dobbiamo tornare alla nostra cucina»

Per concludere, cosa vuole dire a chi ama la cucina italiana?
Io amo i posti semplici, la cucina legata al territorio. Preferisco uno spumante mediocre che racconta una storia locale a un'etichetta blasonata senza anima. Ricordo, poi, che il turismo enogastronomico è una delle prime ragioni per cui gli stranieri visitano l'Italia: dobbiamo offrire loro esperienze autentiche, piatti veri. Dobbiamo tornare alla nostra cucina, alla nostra identità.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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