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Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Gli analcolici non hanno più un ruolo marginale nella mixology e quella che sembrava soltanto una tendenza è ormai una realtà: low alcohol e zero alcohol rappresentano una fetta di mercato importante . Merito delle aziende, che hanno deciso di investirci, e merito soprattutto delle richieste dei clienti che sono sempre più orientati alle basse gradazioni e all'analcolico

17 luglio 2023 | 05:00
Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology
Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Gli analcolici non hanno più un ruolo marginale nella mixology e quella che sembrava soltanto una tendenza è ormai una realtà: low alcohol e zero alcohol rappresentano una fetta di mercato importante . Merito delle aziende, che hanno deciso di investirci, e merito soprattutto delle richieste dei clienti che sono sempre più orientati alle basse gradazioni e all'analcolico

17 luglio 2023 | 05:00
 

Come cambiano le cose: se qualcuno qualche anno fa avesse chiesto al bar un gin analcolico in molti lo avrebbero preso per pazzo o nel migliore dei casi guardato storto. Non solo, anche ordinare un cocktail analcolico spesso significava fare i conti con una proposta veramente ridotta, inserita in coda alla carta, senza particolari attenzioni.

Oggi, invece, il mondo della mixology presta sempre più attenzione al low alcol o addirittura al no alcol. Merito delle aziende, che hanno deciso di investirci, e merito soprattutto delle richieste dei consumatori che sono sempre più orientati alle basse gradazioni e all'analcolico.

Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Barman al lavoro: sempre maggiore attenzione per gli analcolici

Analcolici, i numeri del mercato

La situazione è in continua evoluzione, ma i numeri parlano chiaro. Nel mondo il mercato dell'analcolico (birra, vino, distillati, ecc.) si aggira intorno ai 10 miliardi di dollari e le prospettive sono ancora più rosee: si parla di una crescita del 5% annuo per i prossimi cinque anni. Prendendo in considerazione, per esempio, gli Stati Uniti, la birra analcolica rappresenta oggi il 65% delle bevande analcoliche, contro il 26% del vino analcolico e il 9% dei liquori analcolici. All’interno della categoria della birra, il prodotto analcolico rappresenta l’1,16% della quota di mercato rispetto allo 0,84% del 2021, con un aumento del 38% su base annua. Proprio la birra, stando alle statistiche, godrà della maggiore crescita nel breve periodo. Le stime parlano dell'11%, contro il 9% del vino. Sempre per comprendere la portata del fenomeno, in base ai dati Eurostat, nei Paesi membri dell’Unione europea la produzione 2021 di birra che contiene meno dello 0,5% di alcol (considerata analcolica) è risultata pari a 1,7 miliardi di litri, frutto di una crescita del 20% sul 2020. E in Italia? Il mercato italiano, come spesso accade, è meno reattivo di altri mercati europei ed extraeuropei, ma ha comunque fatto segnare un aumento, anche se ancora ridotto. La quota di mercato delle birre analcoliche è passata dall'1,30 all’1,43%.

Dal processo di distillazione alle tecniche di fermentazione: il segreto dei distillati analcolici

Se quello della birra analcolica è un mercato che comincia ad avere una sua “storicità” lo stesso non si può dire di quello dei distillati analcolici, che non hanno ancora compiuto dieci anni. Il trend arriva, in questo caso, dalla Gran Bretagna. Da lì viene una delle prime aziende sul mercato, la Seedlip, nata nel 2014. La storia della Seedlip vuole che il suo fondatore, Ban Branson, stanco della scarsa proposta analcolica dei bar inglesi, abbia deciso di creare qualcosa di diverso, dei distillati analcolici in grado di dare un gusto comunque deciso a un cocktail, anche senza la componente alcolica. Una visione tanto fortunata quanto lungimirante: oggi il mercato è in costante ascesa ed ha come traino proprio la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. A dimostrarlo non sono soltanto i già citati numeri, ma anche l'attenzione posta dai professionisti della mixology a questo tipo di proposta. L'analcolico, ormai, non è più un comprimario, ma un vero e proprio protagonista. C'è chi li chiama mocktail, letteralmente cocktail "finti", ma il nome potrebbe risultare riduttivo. E, come sempre accade, alla tendenza corrisponde la reazione del mercato. La platea, prima ridotta, ora è assai ampia: il re, anche in versione analcolica, resta il gin, protagonista assoluto di questa fase della mixology e di cui oggi esistono numerose versioni declinate al no alcohol, ma la proposta è davvero variegata. Sono, infatti, numerose le aziende coinvolte. Lyre's, per esempio, ha una vasta gamma: Dry London Spirit (Gin), Italian Orange (Bitter), Aperitif Rosso (Vermouth), Amaretti (Amaretto), Spiced Cane Spirit (Rum Speziato).

Tra i primi in Italia, MeMento è una selezione di acque aromatiche distillate e miscelate pensato per la mixology. Sabatini, azienda toscana produttrice di gin, ha sul mercato Gino, uno spirito analcolico realizzato tramite l’infusione in acque distillate di timo, salvia, lavanda, foglie di olivo e verbena. E ancora Lucano ha il suo Amaro Zero, Amaro Venti ha la sua versione analcolica, che mantiene però tutte le venti botaniche della versione tradizionale, e Conviv offre infusi analcolici ispirati alla tradizione della mixology milanese. Per le birre, poi, il mercato è ormai talmente ampio che ogni grande marchio ha la sua linea analcolica ed è comune trovare anche birre analcoliche artigianali. Una domanda sorge, però, spontanea: come si fa un distillato analcolico? Le procedure possono essere differenti, ma non si discostano molto da quella di un distillato tradizionale. Per il gin analcolico, per esempio, si può utilizzare una doppia distillazione a seguito della macerazione. La prima servirà per far evaporare l'alcol, la seconda per permettere agli aromi di avere maggiore spinta e a conservare al meglio le botaniche. Per la birra, invece, esistono essenzialmente due diversi metodi. Il primo prevede di rimuovere l'alcol dal prodotto finito, di solito una comune lager. Il secondo, che è anche quello maggiormente diffuso, consiste nell'interrompere la fermentazione non appena la birra raggiunge il tasso alcolico desiderato.

L'era dell'analcolico: la tendenza che conquista i consumatori attenti alla salute. La parola alla barlady Erica Rossi

A una prima domanda abbiamo dato risposta, ora ne arriva una seconda: perché si beve meno alcol? Il boom del mondo dell'analcolico e del low alcohol è dettato da diversi fattori, diversi tra loro. Il primo è un fattore che sembra essere comune a molte tendenze nel mondo del cibo: la salute. Il consumatore è, infatti, sempre più attento a cosa consuma e presta sempre maggiore attenzione all'impatto che la sua alimentazione potrebbe avere sulla salute. Il risultato, in questo caso, è evidente: una riduzione del consumo di alcol. «È così, ci stiamo abituando a qualcosa di nuovo e di diverso - sottolinea la barlady Erica Rossi - Ci si è accorti che bere può essere appagante anche senza alcol. C'è una maggiore attenzione agli aspetti legati alla salute e alla qualità del prodotto. Questo vale anche per noi: ciò che non mette l'alcol lo cerchiamo e lo troviamo altrove. Creiamo cordiali, sciroppi, estratti. Questa nuova tendenza ci rende ancora più creativi. Certo, i cocktail analcolici o low alcohol sono anche più facili da bere e anche per questo stanno prendendo piede. I clienti sono curiosi, anche quando parliamo di distillati analcolici. Chiedono, si informano, sono interessati. E così questa proposta sta prendendo sempre di più piede».

Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Erica Rossi

La salute, dicevamo, è un aspetto importante nella crescita del mercato analcolico. Salute intesa come attenzione alla dieta e, quindi, alle calorie. Minore è la gradazione alcolica, minori sono le calorie. Non è, però, l'unico fattore. Un altro fattore che ha un suo ruolo a livello globale è quello religioso, legato soprattutto al mondo arabo. I viaggiatori arabi sono ormai una presenza costante nei grandi alberghi e nei grandi bar di tutto il mondo e la proposta di queste strutture deve guardare, per forza di cose, anche a chi per cultura o per motivi religiosi non consuma alcol. Così, nelle drink list, non possono mancare proposte analcoliche studiate con attenzione e pensate per una clientela di alto livello.

Sostenibilità e originalità: cocktail moderni senza alcol, ma con gusto. L'opinione della barlady Giuliana Giancano

E poi? La lista è lunga. C'è una sempre maggior attenzione alla sicurezza stradale e questo si traduce nella scelta di non bere quando si deve guidare. Analcolici e low alcohol garantiscono anche a chi dovrà tornare a casa in macchina un'esperienza di mixology all'altezza. «La guida è sicuramente un fattore - conferma Giuliana Giancano, barlady del Pout Pourri Vintage Cafè - Anche la dieta ha un suo ruolo, soprattutto quando si avvicina l'estate. Io credo però che un ruolo importante ce l'abbia anche un altro fattore: bere cocktail con una bassa gradazione alcolica permette di bere più a lungo, questo favorisce la convivialità, allunga il momento dell'incontro. Nell'ultimo periodo la richiesta di low alcohol è aumentata in maniera importante, soprattutto nel pubblico medio adulto, sopra i 25 anni. Tra i giovani, invece, noto ancora i due estremi. C'è chi vuole bere o chi sceglie l'analcolico, non ci sono vie di mezzo. Noi, anche in un'ottica di sostenibilità, lavoriamo molto creando prodotti con i nostri alberi da frutto e, dove è possibile, con erbe aromatiche. Anche senza alcol si riescono a creare cocktail moderni, con prodotti particolari e originali, funzionali ai nuovi gusti dei clienti».

Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Giuliana Giancano

La crescente popolarità dei prodotti analcolici: un cambiamento di gusto degli italiani. La parola al bar manager Antonio Ferrara

Ciò che lascia intendere che non si tratti di una moda passeggera non sono soltanto i numeri, ma anche la penetrazione che i prodotti low e no alcohol stanno avendo nel mercato italiano, solitamente molto restio. Lo confermano, se ce ne fosse bisogno, le parole delle barlady Rossi e Giancano, lo conferma anche Antonio Ferrara, bar manager di Aman Venice. «Sono spesso gli ospiti internazionali a chiedere qualcosa di analcolico o con una gradazione molto bassa - spiega - Ma non più soltanto loro. Anche gli ospiti italiani vogliono provare qualcosa di diverso. Con loro, spesso, l'impressione è che abbiano provato tutto o quasi dei classici e cerchino qualcosa di nuovo, di diverso. Hanno una grande attenzione al prodotto, al singolo ingrediente, e spesso cercano qualcosa di semplice. Vale a dire, pochi ingredienti, di alta qualità, e un gusto non per forza complesso, anche semplice, ma interessante».

Il boom dei cocktail analcolici: come sta cambiando il mondo della mixology

Antonio Ferrara, a sinistra, con Rama Redzepi

Il mercato, lo abbiamo visto, è in fermento e il risultato si vede anche dietro al bancone. «Nell'ultimo anno c'è stata una crescita molto importante di analcolici e low alcohol - ha aggiunto Ferrara - Fino a qualche anno fa la proposta si limitava a Virgin Bellini, Virgin Mojito o Virgin Bloody Mary. L'analcolico era un prodotto considerato di secondo livello, meno importante dei cocktail tradizionali. Ora c'è una sezione dedicata e una sempre maggiore attenzione. E non stiamo parlando di analcolici per bambini che si siedono con gli adulti al tavolo del bar, ma di adulti che vogliono questo tipo di proposta. Certo, il fatto che il mondo arabo sia diventato un attore turistico a livello mondiale ha sicuramente un ruolo, così come un ruolo ce l'ha la nuova generazione. A differenza del passato, i ragazzi più giovani hanno a disposizione Internet, che li aiuta nella conoscenza e li rende più attenti a proposte e prodotti».

 

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Non tutti, però, nel mondo della mixology sono grandi fan dei distillati analcolici. Lo stesso non si può dire di Ferrara: «A qualcuno questo tipo di prodotto può spaventare, io sono aperto alle novità - ha concluso - Se ci sono aziende che investono, professionisti che hanno studiato, una tendenza evidente, perché non dovremmo conoscerla e prenderla in considerazione? Sperimentiamo, poi valuteremo i risultati».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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