Riassumere un'ora e mezza di conferenza stampa per annunciare che è nata la “Doc del Garda” è impresa improba, se non impossibile. Cecherò di non far danni perché lo spumante merita ed è sicuramente “beverino”. A Mantova, la presentazione delle bollicine di un bel giallo paglierino, nell'ambito del “Festival della Letteratura” una vetrina unica e impareggiabile a livello mondiale. Al tavolo del “Cigno trattoria dei Martini”, il presidente del Consorzio tutela Garda Doc, Luciano Piona, il direttore Carlo Alberto Panont e, come testimonial, il giornalista Bruno Gambarotta.

«Abbiamo lanciato il cuore oltre l'ostacolo, è una sfida un po' azzardata - hanno rimarcato i rappresentanti del Consorzio - che parte da un dato di fatto: qui abbiamo sette milioni di bottiglie spumante doc di qualità, prodotte sotto vario nome, da far conoscere e mettere sul mercato». Logo accattivante scelto al termine di un concorso fra 13 etichette (le onde del lago stilizzate con la forma del Benaco)12 gradi, indicato soprattutto per gli aperitivi, dal 1 agosto del 2017 ha ottenuto dal Ministero il via libera per la commercializzazione con l'obbiettivo di arrivare a 20 milioni di bottiglie entro il 2020.
Sul Garda ci sono già 10 denominazioni, valeva la pena creare l'undicesima? «Sì - hanno risposto Piona e Panont - perché non va a fare da ombrello o a sovrapporsi alle esistenti, è il collante per raggiungere la massima espressione qualitativa. Non toglie ma dà valore alle altre 10 Doc del Garda sparse fra le provincie di Verona, Brescia e Mantova: Valtenesi, San Martino Della Battaglia, Lugana, Colli Mantovani, Custoza, Bardolino, Valdadige, Val Policella, Durello e Soave».

Fin qui le note piacevoli. Per la cronaca va detto che alla conferenza stampa erano quasi del tutto assenti i bresciani. Il motivo è presto detto: la superficie vitata della nuova denominazione - prodotta con più vitigni - è pari a 31mila ettari la maggior parte dei quali coltivati in provincia di Verona (27.889) mentre i rimanenti 3.211 ettari si dividono fra Mantova e Verona. «Nessun problema - hanno ribadito i vertici del Consorzio - qui non si togli ma si dà valore. E poi non vogliamo fare la guerra a nessuno, tanto meno al Prosecco». Vedremo. Intanto vale la pena riassumere alcuni passaggi degli ospiti.

«Mi auguro - ha evidenziato Bruno Gambarotta - che dopo anni di vini parlati con i retrogusti si torni al vino bevuto», e poi, con ironia: «Vorrei morire soffocato da una fetta di torta sbrisolona...». Il patron dei “Cigni” ha ricordato lapalissianamente che «il vino è buono o non è buono». E noi, approfittando del “Festival della Letteratura” citiamo un frase di S.Tommaso: “La bellezza è lo splendore dell'ordine” e che il buon vino è come un buon libro, deve raccontare le storie degli uomini e dei territori.